Occorre venire trascinati dentro, come il Cireneo. Si viene dai propri lavori, dai contrasti e contraddizioni, e si è buttati dentro un'altra cosa, più grande, più vera, più consistente. Trascinati in un'altra strada, presi da un altro legame.
Come chi, mosso da circostanze esteriori, si ritrova attratto da un amore: così deve essere stato per Maria, per Veronica, per le donne, per Giovanni. Non avrebbero potuto essere altrove, con il corpo e con il cuore. Lì interamente, a guardare. Non ho guardato volti e nemmeno la croce. Sentivo. Le parole del Vangelo, consuete e nuove, e poi le parole trafiggenti di Giussani, lette una partecipazione che ne diceva la verità. Sentivo le parole della vocazione, del volto. Che cosa sono io senza quel volto, senza questa storia che è nata da Lui e per fare incontrare Lui? Senza questa verità che mi raccoglie dalla distrazione, dalle tensioni, dalle divisioni.
Percorrere Chioggia in questa Via Crucis, attraversare scenari così straordinari, così usuali e semplici, vuoti e spaziosi come il Corso senza gente. Ho chiesto a Gesù di immedesimarmi, di identificarmi. Una cosa assurda, impossibile a me. È che la ritengo la cosa massima della vita, il punto pieno della felicità. Senza l'obbedienza a questo fatto, senza appartenervi, si naviga nel nulla e nessun proposito tiene. Uno è tenuto in vita da questo legame. L'ho percepito con totale intensità, piegandomi anche fisicamente verso di Lui.
Solo al bacio della croce ho cominciato a guardare la gente. Ciascuno con il suo bacio, ciascuno con la sua vita, il suo dramma. Tutti appesi a quella croce, legati a quell'amore. Mi piace guardare le persone che si avvicinano a Gesù per baciarlo. Ci vedo la vita di ciascuno e la vita di Cristo che diventa vera, immedesimata con ciascuno, per un tratto di coincidenza e di appartenenza.
E poi, si rimane immedesimati anche quando è finita. Anche segnalando i contrattempi, le dimenticanze. Si passa attraverso la misericordia. Solo così si viene riportati al centro che fa vivere.