Io non ce l’avrei fatta. Non avrei resistito se mi fosse capitato di stare sotto la croce di Gesù. Se avessi dovuto vedere Cristo catturato, imprigionato, percosso, crocifisso, morto. Capisco quelli che sono scappati, Pietro, Andrea, Tommaso. Scappati dalla loro stessa paura e dalla disperazione. Come resistere di fronte al Maestro percosso e crocifisso? Come resistere alla caduta delle proprie speranze? Il sole oscurato e il mondo diventato nero. Il cuore sprofondato nel baratro. Solo l’anima paziente e amorosa delle donne poteva resistere. Una donna accoglie il dolore del parto e può resistere al dolore dell’amore offeso e della perdita di un figlio.
Poi ci sono gli estranei. Quelli vogliono proprio vedere. I soldati, abituati a peggio, notano particolari inediti: la tenerezza dei pochi amici e la strenua tenuta di quell’uomo che non grida disperazione ma invoca Elia, sospira alla Madre e al discepolo e promette l’impossibile al ladrone crocifisso accanto. Il capitano resta scosso da quello strano modo di stare in croce, e da quel modo unico di morire: “Vedendolo morire così”, il centurione che aveva diretto il martirio di tanti uomini crocifissi grida: “Veramente quest’uomo era figlio di Dio”.
Dopo il sepolcro, il vuoto assoluto, un silenzio assurdo, una paura abissale, una prostrazione indomabile. Il Sabato santo è un giorno nel quale non si può vivere. Gesù non c’è più davanti agli occhi. Le donne non l’hanno davanti nemmeno morto, nemmeno per piangerlo al sepolcro e lavarlo e accarezzarlo e bagnarne il corpo con lacrime calde e vive.
da "La Traversata" Ediz. Itaca 2015 pp 54-55