Giorni fa stavo andando a caritativa, che dista più o meno venti minuti dall’università in cui studio. Ero in automobile. A un certo punto, mi ferma la polizia per i soliti controlli. Il poliziotto che viene a chiedermi i documenti era arrabbiatissimo, veramente infastidito anche solo dai due secondi che ci mettevo a prendere la carta d’identità. Mi mancava un foglio che dovevo avere, per cui chiamo mio papà tutta preoccupata per chiedergli cosa fare. Nel frattempo il poliziotto si allontana, allora esco dalla macchina, vado verso di lui e cerco di spiegargli la situazione. Mi dice: «Va bene signorina. Non mi faccia più perdere tempo, adesso compiliamo questo modulo». Quindi mi comincia a fare delle domande su dove abito eccetera. Ma a un certo punto, dopo avermi chiesto la residenza e il codice fiscale, mi dice: «Scusi, devo farle una domanda». «Faccia pure». «Ma lei è religiosa?» Io sono rimasta sconvolta da questa domanda e gli rispondo: «Sì». «Ma religiosa di cosa? Cattolica?». «Sì, sono cattolica». Si gira verso l’altro collega e gli dice: «Te l’avevo detto. Questa ragazza – vedi? – ha una faccia proprio bella, pulita, è troppo vera. Si vede che è religiosa».
E io, rimasta sconvolta da questa cosa, continuo a rispondere alle domande sulla targa della macchina eccetera. A un certo punto, mi giro verso la mia compagna di università che era con me in macchina e le dico: «Di’ agli altri del turno di caritativa che non arriviamo in tempo». Al che il poliziotto si ferma e mi dice: «Signorina, ma dove state andando?». «Siamo degli amici conosciutisi in università, e andiamo a fare una specie di volontariato, si chiama caritativa. Condividiamo lo studio dei ragazzi del liceo e delle medie». Veramente stupito commenta: «È pazzesco che ancora nel mondo d’oggi esistano queste cose, che dei ragazzi facciano queste cose». L’altro poliziotto mi guarda e aggiunge: «Comunque non deve smettere di fare queste attività, perché è evidente che una faccia così gliela possono dare solo queste cose così belle». A quel punto mi chiede scusa perché mi stava facendo fare tardi. All’inizio si era arrabbiato perché gli facevo perdere tempo, adesso mi chiedeva scusa perché lui mi stava facendo perdere tempo per andare a caritativa! Al che mi ridà tutte le carte.
Ritorno in macchina, cerco di iniziare a raccontare all’altra ragazza quel che era successo, il cambiamento di questi due poliziotti, facciamo in tempo a entrare di nuovo in tangenziale quando vediamo la macchina della polizia, quella che ci aveva appena fermato, che ci accosta. Io furbamente dico: «Sfortunati quelli dietro, adesso fermerà loro». Invece ferma me di nuovo. A quel punto, accosto e dico: «Oh mamma, ho sbagliato! Cosa avrò combinato?». Il poliziotto mi raggiunge tutto trafelato, con le macchine che sfrecciavano – io ero preoccupata –, e mi dice: «Signorina, mi dia il foglio un attimo. Le devo aggiungere dei dati». E io: «Grazie!». «In bocca al lupo, in bocca al lupo per tutto. È stato un piacere». Torno in macchina. La matricola che era di fianco a me era sconvolta: «In sette minuti!». Continuava a ripetere: «Sette minuti!». Cioè: in sette minuti quel poliziotto era divenuto un’altra persona.
Mi sono trovata a guardarmi come se avessi dei vestiti strani:
Che cosa ho addosso? Che cosa ho addosso per cui uno sconosciuto in sette minuti arriva non solo a notare una diversità ma addirittura ne identifica l’origine nell’essere cattolica? Ha subito capito, non è tonto. Gli altri capiscono subito che l’origine non è una mia bravura, un mio temperamento, ma il fatto che io sia «religiosa». La testimonianza, per me è stato evidente che non è uno sforzo, ma è lasciare spazio a quel punto infiammato che c’è nella mia vita, che mi cambia e mi ha cambiato nel profondo, tanto è vero che un altro che mi incontra lo percepisce come corrispondente e cambia a sua volta.