IL MARTIRIO DEL NATALE
Sùbito, il bianco Natale si tinge di rosso-sangue. Il martirio del primo martire Santo Stefano, che segue immediatamente il giorno natalizio, risplende di un colore assolutamente attuale. In questi ultimi tempi è stato variamente richiamato attraverso inchieste, conteggi, corrispondenze dalla Terrasanta, dall’Africa, dall’Asia, e si è arricchito di nomi e storie di persone e comunità cristiane sottoposte a persecuzione. L’avessimo sempre davanti agli occhi e al cuore, sarebbe una formidabile testimonianza di una fede bella e di un amore grande a Gesù. Esperienze totali e generose come il martirio dei cristiani, diventano un aiuto per chi vive condizioni in cui l’amore a Cristo e la fedeltà al suo nome sono messi alla prova secondo una misura non cruenta ma comunque aggressiva.
Nei nostri ambienti riscontriamo forme di martirio casalingo e paesano, buono per i giorni feriali non meno che per quelli festivi. Si verifica tra le mura di casa quando il marito rimane in famiglia senza chiedere il divorzio ma ha ormai interrotto ogni sguardo di benevolenza verso la moglie e appare dimentico e distratto verso i figli. Accade pure quando la moglie striglia e stressa il marito fino a corroderne ogni resistenza affettiva. E’ il martirio dei genitori che si vedono ritornare a casa il figlio o la figlia già pomposamente sposati e ora trafitti e delusi da un tradimento o da un fallimento. Sembra la caduta del mondo, con l’aggiunta del logoramento affettivo nei riguardi dei nipoti, sballottati come in una nave in tempesta nelle combinazioni dei giorni da condividere con papà o con mammà. C’è il martirio del luogo di lavoro, subìto da chi è attento al proprio compito e non esita ad assumere oneri che spettano ai colleghi, dai quali tuttavia riceve rimbrotti e scongiuri. Il martirio della delusione della fede, sottoposta alla prova dell’indifferenza e della defezione di amici e di famiglie già accreditate alla comunità e ora distratte o disperse.
Perché parlare di martirio? Si può parlare di martirio perché è ferita la fede. La fede che ha condotto al Matrimonio, che ha lanciato nell’impresa della vita, che ha aperto al credito verso il prossimo. La fede permane, percossa ma solida. Resiste perché Gesù è saldo nel cuore, appoggio e attrattiva, garanzia che il bello della vita non è stato trafugato: la nave, pur avendo disperso il carico, non ha perduto il capitano e l’equipaggio. Ogni giorno segna un passo nella assimilazione a Cristo, nella consegna a Lui, nella ripresa di fiducia, avendo la Croce come unica speranza. Il cielo risplende di questi santi quotidiani. Sulla terra si costruiscono i gradini per salirvi. Alla fine della storia, si sperimenta che il martirio quotidiano realizza un livello di umanità e apre sorgenti di dignità. Si scopre una via diversa e più profonda della felicità che nasce dall’amore, come testimoniano i santi che – da san Paolo in poi – dichiarano di sovrabbondare di gioia nella tribolazione. Il Natale di dolcezza e tenerezza si colora di sobrietà e letizia. L’amore fedele si espande e diventa apertura e misericordia verso chi soffre e verso chi fa soffrire, e sospinge il cuore verso la piena consegna al Dio della vita e della speranza.