Vangelo secondo Giovanni 10,11-18
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
IL BUON PASTORE
Un bambino non riesce a parlare al microfono di fronte al Papa e il Papa lo chiama vicino e lo abbraccia. Il bambino gli parla all’orecchio. Ha un grande dolore nel cuore; piange per il papà morto e lo dice al Papa: “Poco tempo fa è venuto mancare mio papà. Era ateo, ma ha fatto battezzare tutti noi quattro figli. Papà era bravo. E’ in cielo papà?”. Papa Francesco risponde che il papà ha fatto una cosa bella battezzando i figli e Dio gli vuole certamente bene e lo tiene con sé.
Un episodio chiaro come il sole. Dice chi è Dio, Padre e Pastore dell’umanità, e chi è Gesù, buon Pastore per gli uomini. Tutti abbiamo bisogno di sperimentare un amore così. Dio ci vuole bene attraverso il padre e la madre, e ci accompagna attraverso i pastori della Chiesa. Non siamo un gregge sparso e disperso. Siamo una comunità, un popolo. Siamo persone vive, che sperimentano la gioia di appartenere a una comunità accompagnata dal Buon Pastore.