Nella festa del Sacro Cuore di Gesù preghiamo per la santificazione dei sacerdoti e per le nuove vocazioni sacerdotali. Stasera, dalle ore 21 in Cattedrale si svolge la LUNGA NOTTE DELLE CHIESE: preghiera, silenzio, parola di Dio, Esortazione GAUDETE ET EXSULTATE. La prima ora sarà guidata, mentre il seguito viene lasciato alla libera iniziativa delle persone. Buona giornata!!!
Mese: Giugno 2018
Venerdì 8 giugno 2018 SACRATISSIMO CUORE DI GESU’
Vangelo secondo Giovanni 19,31-37
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
ACQUA E SANGUE
Lo sguardo acuto del discepolo che Gesù amava, riporta una testimonianza piena di realismo e ricca di simbolismo. Il liquido acquoso e sanguigno sgorgato per il colpo di lancia dal fianco di Gesù morto in croce – secondo i Padri della Chiesa e tanti fedeli – rappresentano l’acqua del Battesimo che fa nascere i cristiani e il sangue dell’Eucaristia che ci risana. Tutta l’opera Signore e il suo sacrificio si concentrano nel suo Cuore trafitto, dal quale sgorgano i due fiumi che dànno vita al mondo.
Giovedì 7 giugno 2018 Sant’Antonio Maria Gianelli, vescovo, La Spezia 1789-Piacenza 1846
Vangelo di Marco 12,28-34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
DISCEPOLI DEL MAESTRO
Lo scriba approva Gesù, il Maestro! Gesù intravvede la posizione buona di quell’uomo. Conoscere è importante, per avere chiari i comandamenti come strada di moralità, che conduce alla realizzazione della persona e alla corretta impostazione della società. Gesù, mentre dice allo scriba che non è lontano dal regno di Dio, gli prospetta un nuovo passo. Quale? Non ci salvano la conoscenza e la sapienza, ma la sequela. I discepoli del Gesù, non solo ne imparano e conoscono la dottrina, ma lo seguono come Maestro.
Mercoledì 6 GIUGNO 2018, San Norberto, abate e vescovo
Vangelo secondo Marco 12,18-27
In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».
UN COLPO D’ALA
Quale speranza di vita abbiamo? Vorremmo non finissero i beni terreni: la salute, la giovinezza, la carriera, la capacità di fare, la fama. Soprattutto vorremmo non finisse l’amore che riceviamo e quello che doniamo. Con un colpo d’ala, Gesù innalza il nostro desiderio e ci fa intravvedere un cielo più grande, una felicità più bella, un amore infinito. Vivendo secondo questa prospettiva possiamo gustare le realtà terrene – come il matrimonio e la verginità - secondo la promessa che già contengono.
Martedì 5 giugno 2018 San Bonifacio, apostolo della Germania, 675-750
Vangelo secondo Marco 12,13-17
In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.
QUALE TRIBUTO?
Sono tanti i tributi che paghiamo a Cesare, non solo in termini finanziari. C’è anche il tributo che rischiamo di pagare alla mentalità comune, alle convenzioni sociali, al mantenimento del buon nome e via di seguito. La lealtà verso lo Stato non dovrà trasformarsi in connivenza con leggi ingiuste, né piegarsi a sostenere culture e pratiche immorali. Non possiamo togliere a Dio quello che è di Dio. Persone e cose appartengono a Lui: occorre guardarle con il suo sguardo e il suo cuore.
Lunedì 4 giugno 2018 San Filippo Smaldone, sacerdote educatore, Napoli 1848-1923
Dal Vangelo secondo Marco 12,1-12
In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
LA VIGNA QUOTIDIANA
Oggi Gesù ci affida una vigna: sono le ore della giornata, le occasione che accadono, gli incontri che facciamo. La vigna quotidiana è una possibilità aperta, un luogo di impegno offerto al nostro desiderio di bene e di felicità per noi e per gli altri. Quando la nostra libertà si mette in gioco per diventare risposta a Colui che ci ama e ci consegna i mattoni della giornata, allora può sorgere un tratto di nuova costruzione, utile e bella.
Domenica 3 giugno 2018 – Corpus Domini – Omelia
Domenica 3 giugno 2018 SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
Vangelo secondo Marco 14,12-16.22-26
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
UNA CENA CHE FA VIVERE
Preparazione, convocazione, benedizione. I gesti di Gesù per la Cena Pasquale con i discepoli vibrano di una particolare intensità. L'evangelista Marco li propone nella loro precisa cadenza secondo un ritmo che ha visto ripetere tante volte nella prima comunità cristiana; il suo maestro, Pietro, li riviveva avendoli davanti agli occhi e nel cuore così come Gesù li aveva compiuti.
Di questi stessi gesti ogni comunità cristiana continua a vivere. Plinio il Giovane, prefetto della Bitinia, nell’anno 113 riferiva all'imperatore Traiano che i cristiani si ritrovavano nel giorno del sole - evidentemente la domenica - a cantare inni a Cristo, come a un Dio.
Anche oggi i cristiani si riconoscono come 'quelli che vanno a Messa'. Permane così e si rinnova il contatto del Signore Gesù con i discepoli di tutti i tempi e di tutti i luoghi, e i discepoli sperimentano la comunione fraterna e l'apertura al mondo. La celebrazione eucaristica, con tutto ciò che fiorisce attorno ad essa, rinnova la vita dei cristiani ad ogni generazione.
Sabato 2 giugno 2018 Santi Marcellino e Pietro martiri Roma 303
Vangelo secondo Marco 11,27-33
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
LE PAROLE E I FATTI
Gesù non vuole convincere con la dialettica delle parole, ma mostrando i fatti. I suoi oppositori non hanno riconosciuto l’origine divina dell’autorità di Giovanni e temono la folla che lo riteneva un profeta; come potrebbero credere alle parole di Gesù? Un cuore chiuso e una mente prevenuta stentano a riconoscere persino l’evidenza dei fatti. E dunque, quali fatti occorreranno per indurre a credere? Gesù arriva a Gerusalemme, dove sta per accadere il fatto più clamoroso della storia. Chi se ne lascerà convincere?
1 Giugno 2018 San Giustino, filosofo, martire a Roma verso il 164
Stasera ore 18 in Chiesa San Francesco a Chioggia, Santa Messa e adorazione con i ministri straordinari della Comunione e con tutti i fedeli. Sostituisce l'incontro del Vangelo
Vangelo secondo Marco 11,11-25
[Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono.
Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto:
“La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le nazioni”?
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.
La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».
LA PREGHIERA: QUALE MISURA?
Due episodi diversi e lontani tra loro, vanno a convergere nel valore e nell’efficacia della preghiera. Entrando in un tempio vorremmo trovarvi un ambiente propizio alla preghiera, personale e comunitaria. Certamente le nostre chiese si prestano anche ad altri usi: visite turistiche, dialoghi, e anche piccoli acquisti. La misura non sta nei paletti o nei cartelli di avviso posti all’ingresso, ma in un atteggiamento del cuore che desidera e ricerca la presenza del Signore, con l’accompagnamento e il sostegno di chi cammina con noi.