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Vangelo secondo Marco 16,15-18

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

CONVERSIONE PER LA MISSIONE

Per tre volte Luca negli Atti degli Apostoli racconta la conversione di Paolo e la sua chiamata alla missione. L’iniziativa di Gesù interrompe il cammino di Saulo verso Damasco, diretto a perseguitare i cristiani. La missione affidata da Gesù agli Undici Apostoli, domina la vita di Paolo affascinato da Cristo. Egli percorre il Mediterraneo dall’Asia Minore alla Grecia a Roma e forse alla Spagna, annunciando Gesù morto e risorto e costituendo nuove comunità cristiane. L’ardore e la sapienza di Paolo pervadono la storia della Chiesa.

IL COMPITO DELLA VITA

Il mondo naviga in tutte le direzioni, e un senso di smarrimento pervade equipaggio e passeggeri. Nella grande crociera della vita non bastano i supermercati delle distrazioni, né i brevi attracchi in porti famosi che introducono alle città d’arte e alle postazioni del gioco. E’ il soggetto stesso, uomo e donna, a trovarsi disperso, un ‘io’ staccato dalla sua origine e trascinato verso una mèta che rimane ignota. Come Diogene nella piazza del mercato, girovaghiamo con la lampada accesa domandando chi è l’uomo, da dove viene e dove va, chi lo ama e chi gli fa compagnia. “Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male»”. Scriveva così Papa Francesco nella sua prima enciclica Lumen fidei.
Eppure constatiamo che migliaia di giovani si muovono verso una mèta, come accade in questi giorni a Panama nella Giornata Mondiale della Gioventù. Papa Francesco diventa Maestro e testimone e indica il punto verso cui muoversi. C’è dunque ancora un ideale, una speranza da inseguire, una ragione per cui vivere e dare la vita. Lo vediamo emergere dai percorsi della storia nel volto dei santi: uomini e donne che si sono lasciati vincere da un punto di attrattiva, gli sono andati dietro e hanno allargato lo spazio dell’umano. Il calendario di fine gennaio presenta San Paolo convertito, San Francesco di Sales con una proposta che coinvolge il vivere quotidiano, San Tommaso d'Aquino con la sua sterminata sapienza, San Giovanni Bosco che le inventa tutte con un cuore di padre verso ragazzini dispersi. La cronaca quotidiana racconta di preti e suore, famiglie e giovani che pregano, accolgono e ospitano e servono. Riemergono dal recente passato i santi della politica, come don Luigi Sturzo con il vangelo in mano e Alcide De Gasperi ricostruttore dell’Italia perduta: hanno aperto sentieri in un sottobosco di piante sane e robuste facendo rivivere l’umano dopo le tragedie della distruzione totale. Una ripresa che ci permette di camminare come nani sulle spalle di giganti. Con la vita dei santi la storia riprende ogni volta un giro virtuoso. Occorre dunque ‘contemplare ogni giorno il volto dei santi’. Fino ad accorgerci della santità usuale che ci circonda, di padri e madri e nonni e giovani che vivono con gusto, con pienezza e dedizione, con fede e carità. Un istante di grazia ci viene donato ogni giorno, impregnato di misericordia e di umanità. Canta il poeta Eliot: ‘In luoghi abbandonati / Noi costruiremo con mattoni nuovi / Dove le travi son marcite / Costruiremo con nuovo legname / Dove parole non son pronunciate / Costruiremo con nuovo linguaggio / C’è un lavoro comune / Una Chiesa per tutti / E un impiego per ciascuno / Ognuno al suo lavoro’.

Vangelo secondo Marco 3,7-12

In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.

UNA GRANDE FOLLA

Dovunque vada, Gesù è rincorso dalla folla, che arriva non solo dai paesi vicini, ma anche da molte regioni circostanti. Gesù se ne vorrebbe sottrarre, ma nello stesso tempo continua a guarire e a salvare. Egli vuole che la sua identità venga svelata non dal grido dei demoni, ma dalla gratitudine e dalla fede di chi lo accoglie. Possiamo anche noi, ogni giorno e ogni istante, andare da Gesù, ponendo davanti a lui tutto il nostro umano bisogno, e riconoscendolo come Signore e Salvatore.

Domenica 27 gennaio 2019 - III del Tempo Ordinario, Ciclo C

GIORNATA DEI MALATI DI LEBBRA

Oggi a Panama termina il raduno della GMG

Introduzione del celebrante
Il Signore Gesù è in mezzo a noi come nella sinagoga di Nazaret e annuncia la sua missione di salvezza per il mondo. Ci affidiamo a Lui.

1. Signore Gesù, tu ci raduni in questa assemblea eucaristica; ti ringraziamo per coloro che annunciano e testimoniano il tuo Vangelo; donaci sacerdoti santi,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, mentre si conclude a Pànama la Giornata Mondiale della Gioventù, ti affidiamo i giovani: la loro vita risplenda di vigore e di fiducia, confortati dalla parola e dalla testimonianza di Papa Francesco e di tanti fratelli,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, donaci di ritrovare e vivere l’unità del tuo Corpo con tutti i cristiani del mondo, nella Chiesa cattolica e nella nostra comunità,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

4. Signore Gesù ti affidiamo le persone colpite dalla malattia e dai drammi della vita; sostieni chi opera a favore dei lebbrosi,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
O Signore, poniamo davanti al tuo cuore e alla tua volontà le nostre preghiere, confidando nella tua misericordia. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Spunto per la festa
Formidabile l’inizio del Vangelo di Luca e poi del ministero di Gesù a Nazaret. Gesù è presente e ci parla ogni domenica nella nostra comunità: ci parla nel Vangelo e si comunica a noi. In tutte le nostre giornate, questo è il punto a cui guardare e al quale affidarci, con il cuore degli ebrei che esultano per aver ritrovato il libro della Parola dopo l’esilio. Il Maestro, il Salvatore, la Parola viva ci accompagna e ammaestra.

Vangelo secondo Marco 3,1-6

In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

PIU’ DELLA LEGGE

Ancora il sabato, ancora la ‘Legge’, buon pretesto per eliminare Gesù. Il formalismo uccide, perché non vede altro al di fuori dello schema prefissato: per un senso astratto di giustizia si fanno fuori le persone. Quante volte accade? Vogliamo le cose giuste e per questo tagliamo i rapporti con familiari e amici e li portiamo anche in tribunale. Che cosa è più grande della giustizia e del giustizialismo? La carità concreta verso la persona che abbiamo di fronte, come fa Gesù nel Vangelo.

Vangelo secondo Marco 2,23-28

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».

IN FAVORE DELL’UOMO

Viene Gesù e subito scioglie le formalità, dichiarando che la legge – anche la più sacra, che riguarda il rispetto del sabato – è in favore dell’uomo. Permettendo che i discepoli si sfamino con le spighe raccolte in giorno di sabato, Gesù supera il precetto che impediva qualsiasi lavoro, e apre una nuova modalità di rapporto tra Dio e l’uomo. Nello stesso tempo, dichiara di essere al di sopra del sabato, svelando la propria identità divina. Con Gesù, Dio si mette dalla parte dell’uomo.

Vangelo secondo Marco 2,18-22

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

LO SPOSO E GLI INVITATI

Dopo averci presentato ieri Gesù invitato a nozze, oggi la liturgia lo presenta come sposo. Ieri il profeta Isaia diceva che Dio gioisce per il suo popolo come ‘lo sposo per la sposa’. Dunque i discepoli di Gesù possono ben fare festa per la presenza dello sposo tra loro. E’ una presenza che ci accompagna dal profondo del cuore, nella visibilità dei sacramenti e nella compagnia della Chiesa. Possiamo riconoscerlo mentre viviamo in famiglia e al lavoro, nella fatica e nella gioia.

Vangelo secondo Giovanni 2,1-11

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

INVITARE A NOZZE GESU’

Ora che le celebrazioni dei Matrimoni, religiosi e civili, diradano, questo vangelo diventa quasi una provocazione. Invitare a nozze Gesù? Perché? Si invitano amici, parenti e qualche persona che ‘si deve’. Poi, se si invita a nozze Gesù, bisogna invitarlo con il codazzo dei discepoli: prete, sagrestano e suonatori. E anche sua Madre: magari rappresentata oggi da qualche persona di fede, che potrebbe proclamare le letture della Messa e preparare le preghiere dei fedeli. Tuttavia, non basta la ‘bella cerimonia’.
Nel matrimonio di Cana di Galilea, Gesù garantisce che alla festa non venga a mancare il vino. Nei matrimoni di oggi non è il vino che potrebbe mancare. Potrebbero venir meno l’amore, la speranza, la fiducia, la fedeltà, la stima, il rispetto e tutto ciò che fa dei due coniugi ‘una sola cosa’, pur mantenendo la specificità e l’originalità dell’uomo e della donna. Basta la presenza di Gesù come garanzia? Quando ci si ama, la reciprocità io-tu non è sufficiente. Occorre una terza sponda, occorre una spiaggia infinita dove continuare a correre: l’uno e l’altra si amano, e ciascuno dei due ama Gesù e si fa amare da Lui. Questo ‘terzo amore’ sostiene, rinnova, recupera l’amore reciproco tra marito e moglie. Un vino buono, novello o invecchiato, che allieta tutta la vita.

Vangelo secondo Marco 2,13-17

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

CHIAMATA ALL’INFINITO

Non viene meno la sorpresa di questa chiamata, che si ripercuote nella vita di tante persone. Gesù anche oggi passa e chiama: mentre fai i conti, mentre cammini, lavori, ami; dentro un dolore o una grande gioia, in una gita, nell’incontro con una persona, ascoltando una testimonianza, leggendo un giornale… Una occasionalità senza limiti. Nessuna preparazione previa, se non quell’attesa e quella predisposizione del cuore che esprimono un insopprimibile desiderio di verità e di compimento. Come Matteo, portiamo tutti in cuore un’attesa di infinito.