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Viaggio in Terrasanta

I PASSI DI GERUSALEMME

Nella Gerusalemme antica i passi risuonano su strade di pietra bianca, su e giù per gradinate quasi di città medioevale, nel cuore del quartiere che vive attorno al Santo Sepolcro. Appena arrivati, in un piccolo ‘ristorante’ ci procuriamo un ‘pranzo’ con una sorta di panino-piadina arrotolato, rimpinzato di carne e verdure.

Subito alla Basilica del Santo Sepolcro, gli amici entrano di filato, come Pietro e Giovanni al sepolcro, mentre io indugio nella piazzetta antistante. Appena dopo la soglia, ecco il lastrone di marmo sul quale è stato deposto il corpo morto del Signore; una prostrazione come tutti i pellegrini, e il capo posato sul marmo. Gli antichi pellegrini arrivavano portando la Croce fino al calvario: per questo venivano detti ‘crociati’; incidevano piccole croci sui muri di pietra marmorea, ben visibili nella cappella degli Armeni.

La processione dei frati, con i salmi e i canti gregoriani, percorre il cerchio interno della Basilica e supera gli alti gradini della scala che conduce al Calvario. Quanto è profondo il buco della Croce? Arriva a raggiungere il cranio di Adamo, congiungendo colpa e redenzione, il Primo Uomo e il Nuovo Adamo. Il percorso della inesauribile folla di pellegrini e le soste per arrivare al Sepolcro ricordano la camminata silenziosa delle donne il mattino di Pasqua e la corsa di Giovanni e Pietro. Anche noi troviamo il sepolcro vuoto, e ricordiamo il lenzuolo che avvolse Gesù morto e la veletta che ne copriva il volto, ben posizionati nella dimensione del corpo assente, e che ormai riscontriamo nella Sindone di Torino e nel velo di Manoppello.

Dalla tomba della risurrezione fino alla cappella dell’Eucaristia, gli occhi si concentrano sull’Ostia consacrata, a contemplare Cristo che vive. A lato dell’altare, un bassorilievo raffigura Gesù che si presenta alla Madre: ‘Virginis oculi pleni facti sunt Filii visu et ipsa vultum eius intuita est divinum. Gli occhi della Vergine si sono riempiti della visione del Figlio, ed ella ha scorto il suo volto divino.’

Ettore, l’amico accompagnatore, da ventun anni familiare di Gesù in Terrasanta a servizio dei cristiani e di tutti, ci conduce a guardare e a scoprire gli avvenimenti che si svolgono sotto gli occhi della nostra piccola compagnia, e ce ne rende partecipi come i primi discepoli. Arriviamo al Getsemani. Prima di tutto, la grotta dove Gesù si intratteneva con gli amici, un luogo di ritiro, nascosto, a un tiro di sasso dall'orto degli Ulivi, dove la chiesa semibuia custodisce il sasso della prostrazione e della preghiera di Gesù.

Nella visita alle chiese spesso grandissime e fortificate nei luoghi identificati dalla tradizione, quelle rimaste o quelle distrutte dal tempo o dagli oppositori, ci rendiamo conto dell’immenso lavoro dei crociati, che ha realmente salvaguardato in qualche misura gli spazi percorsi da Gesù e i luoghi degli avvenimenti accaduti. Pezzo dopo pezzo, come lettere di un alfabeto di pietra, i muri, le pietre, le strade definiscono i contorni del racconto evangelico. Il Vangelo, prima di essere raccontato e scritto, è un fatto che accade. In questo sito o cento metri discosto, in questa casa o in una simile, tutto è avvenuto. Come i primi, anche noi attratti da quell’Uomo che ci chiama amici e familiari e apre la scena del mondo.

Visitiamo a Gerusalemme il museo che conserva gli oggetti della vita quotidiana del tempo di Gesù, accompagnati da Padre Alliata, il più illustre francescano archeologo; verifichiamo la piscina dai cinque portici indicata nel Vangelo di Giovanni, i luoghi della condanna, la casa di Caifa. Scopriamo il decumano, la via che attraversava la città; i ruderi di alcune colonne si proiettano su un dipinto che riproduce la lunga strada con una folla vivace; a metà del secondo secolo, sicuramente qualcuno dei personaggi raffigurati è cristiano, prima ondata della fede in Cristo, giunta a lambire le nostre sponde.

In una puntata a Nazaret, ci fissiamo sul luogo del sì di Maria, e percorriamo l’abitazione che ha visto il dramma di Giuseppe, piegato alla missione consegnatagli da Dio. A Cafarnao misuriamo i contorni di una casa simile a quella del paralitico trasportato sul tetto dai quattro amici attraverso la scala esterna, e fatto calare dal foro praticato sulla sottile tettoia che difendeva dal sole il cortile interno; Gesù lo libera dapprima dal male di vivere e poi lo fa camminare. Sulla riva del lago di Tiberiade il dialogo di Cristo con Pietro dopo la risurrezione provoca un sobbalzo al cuore. Riviviamo nella nostra storia personale gli avvenimenti accaduti davanti agli occhi dei primi testimoni, contraddistinti da chiese immense o sprofondate, e ripercorsi nei cammini millenari dei pellegrini. Cristo raduna ancora oggi la compagnia dei discepoli che lo riconoscono, e crea uno spazio di Terrasanta nel piccolo luogo della nostra vita e ovunque nel mondo.

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Fraternità di Terrasanta

Insieme con la compagnia di Ettore, l’amico italiano presente in Terrasanta da oltre vent’anni che ci rende partecipi dei fatti del Vangelo al modo dei primi discepoli, la novità di questo pellegrinaggio è l’incontro e la scoperta delle persone. Al nostro gruppetto sono aggregati due giovani di Chioggia e alcuni uomini di San Benedetto del Tronto e della Calabria. Visitano con noi i luoghi santi ma – secondo una sequenza che da un certo tempo coinvolge alcuni gruppi di amici italiani - spendono le mattinate lavorando alla ristrutturazione di case che diventeranno luoghi di accoglienza dei pellegrini. Lo sperimentiamo noi stessi come ospiti in una casa di cristiani che nel tempo si è svuotata per l’emigrazione; la famiglia rimasta riceve speranza e sussistenza dall’accoglienza dei pellegrini nelle stanze riadattate, a due passi dalla Basilica di Betlemme. Nell’ospedale pediatrico della città gli amici ci conducono a incontrare Suor Lucia, originaria di Vicenza, che racconta e mostra le vicende dei bambini accompagnati nella malattia insieme con mamme e papà, alcuni fino all'affronto della morte. Vi lavora una donna di Betlemme, mamma di tre figli, che recentemente è venuta a Chioggia invitata dal Comune, a presentare insieme con altre persone della Palestina un progetto di collaborazione che coinvolge alcuni Comuni d’Italia. Ci porta a pranzo nella sua casa, con il marito che incontriamo al lavoro presso il Ministero del turismo e dell’archeologia. Saremo ospiti anche da una sua amica che collabora con il marito medico in un ospedale specializzato. Il cerchio si allarga fino all’Associazione Pro Terra Santa che apre all’Italia e al mondo; il Patriarcato di Gerusalemme ne ha affidato la promozione pubblicitaria a due giovani italiane che ci rendono partecipi del loro lavoro. Vincenzo, un siciliano sposato con una donna di Betlemme, tiene le fila del laborioso intreccio delle attività che sostengono la presenza dei cristiani a Betlemme, ridotti dal 90 per cento che erano all’inizio del novecento, a meno del dieci per cento ai nostri giorni. Chi rimane, contribuisce a mantenere il tratto cristiano dei luoghi santi, dove sovrabbondano – a seconda dei luoghi – musulmani o israeliani. La presenza dei cristiani è un aiuto e un conforto per i pellegrini e per i Francescani che da secoli abitano e custodiscono i luoghi santi della Palestina. Si collabora a sostituire sui tetti delle case le cisterne d’acqua ormai arrugginite, con altre di plastica; si organizzano corsi di ristorazione e di sartoria. Le pietre, le case, i muri, le chiese, riprendono vita nel volto e nel cuore delle persone che tornano a incontrarsi, a pregare, a riscoprire la fede come esperienza che rinnova la vita, pur dentro le restrizioni e i limiti imposti da una situazione storica e politica estremamente complessa.

Nel nuovo volto del pellegrinaggio in Terrasanta, Gesù non è un sepolcro vuoto, una parete diroccata, un bel monumento, una chiesa suggestiva o un panorama famoso. Diventiamo amici con uomini e donne trascinati - ciascuno con la sua vicenda personale - dal desiderio di seguire Gesù come è accaduto ai primi. Nel gruppo di pellegrini che percorrono rumorosi e attenti le vie di Gerusalemme, di Betlemme, di Nazareth, o la riva del lago di Tiberiade, il legame con la Terrasanta non si ferma al ricordo vivissimo e nostalgico dei luoghi visitati, ma continua nella quotidianità dei giorni toccati dalla grazia di Cristo con l’eco delle parole udite e vissute: “La nostra libertà è l’amicizia”.