Vai al contenuto

JE VOUS SALUE, MARIE – AVE MARIA

Per un’intera serata, e forse per giorni e giorni, gli occhi di tutti nel mondo guardano una Chiesa, la Chiesa: la Cattedrale di Parigi brucia, Notre Dame. Un amico mi sussurra la notizia all’ultima stazione della Via Crucis, appena giunti alla Chiesa di San Domenico a Chioggia, davanti al grande Crocifisso che ci abbraccia dopo il cammino partito dalla nostra Cattedrale con centinaia di persone. Nel dramma di Cristo che soffre e muore si inserisce il dramma dell’umanità, di ciascuno, dei popoli e delle nazioni, delle lotte e delle rivoluzioni, delle chiese e delle case, degli odi e delle riconciliazioni. Per un momento, tutto sembra crollare, la guglia cade, la chiesa brucia.
A poca distanza da Notre Dame, in piedi e in ginocchio, con lagrime silenziose, gruppi di persone pregano. Le campane suonano. Il mondo guarda.
“Che cosa regge l’urto del tempo?” Che cosa regge le circostanze avverse, la consumazione delle cose belle, la perdita delle persone amate, la delusione delle occasioni mancate?
Un amico francese, parroco a Milano, manda un messaggio con le parole del poeta Charles Péguy:
"La fede è una chiesa, è una cattedrale radicata nel suolo di Francia.
La Carità è un ospedale, un ricovero che raccoglie tutte le miserie del mondo.
Ma senza speranza, tutto questo non sarebbe che un cimitero".
La fede dei cristiani continua ad edificare le cattedrali di pietra, mentre Cristo edifica e riedifica la Chiesa delle persone.
Padre Jacques ci chiede una preghiera, un’Ave Maria per Notre Dame: Je vous salue Marie pour Notre Dame. Tutti insieme, nelle nostre case e da tutti i social, uomini e donne di ogni ceto e in ogni luogo, di ogni fede e senza fede, guardiamo la Chiesa, la Cattedrale, Notre Dame-Nostra Signora. All’inizio della Settimana Santa lo sguardo di tutti intravvede la Croce di Cristo che si innalza fino al terzo giorno, giorno della Risurrezione.
Je vous salue, Marie. Ave Maria, il Figlio che hai generato, è risorto.

Vangelo secondo Matteo 26,14-25

In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

IL TRADITORE

Dall’evangelista Giovanni passiamo a Matteo, per conoscere in dettaglio i momenti del tradimento di Giuda. La Pasqua del Signore Gesù, grande festa del popolo che celebra la memoria della liberazione dall’Egitto, si colora di lampi di fiamme e di nuvole fosche, come nell’incendio della cattedrale di Parigi. L’amicizia si rovescia in inimicizia, la fiducia diventa inganno. E’ strano che ciascuno dei dodici si trovi a dubitare di se stesso, e domandi: “Sono forse io”. E dunque, sono forse io il traditore?

Vangelo secondo Giovanni 13,21-33.36-38

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

LA CROCE E LA GLORIA

Dopo la cena di Betania, entriamo nell’ultima Cena. L’evangelista Giovanni ci conduce nel cuore del dramma: Gesù annuncia il traditore, ne svela l’identità e lo sospinge a fare presto. Comincia ‘la notte’ della Passione. Mentre incombe la tenebra, Gesù ripete per ben cinque volte che questa è l’ora della glorificazione di Dio e del suo Figlio. Scopriremo in seguito come il momento della Croce diventa momento di gloria. Intanto il cerchio dei traditori si allarga: anche l’amico Pietro sta per rinnegare il suo Signore.

Vangelo secondo Giovanni 12,1-11

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

IL PROFUMO DI BETANIA

Entrati nella Settimana Santa, entriamo in casa di Lazzaro e delle sorelle Marta e Maria, dove accade un fatto pieno di tenerezza e di profumo come il nardo prezioso che Maria sparge sui piedi di Gesù, anticipo della sua sepoltura. L’amore a Gesù, dimostrato attraverso il sentimento del cuore e i gesti della vita, non contraddice affatto l’amore a la dedizione ai poveri. Invece, ne è fondamento e condizione. Gesù è ben lieto quando sappiamo ritrovare nei poveri il suo stesso volto, crocifisso e risorto.

Vangelo secondo Luca 19,28-40

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

I GIORNI DELLA STORIA

Entrata trionfale: su un puledro d’asino! Gesù sembra giocare sul registro dell’ironia, quasi a misurarsi di fronte alla drammatica realtà che incombe, e a rendere consapevoli i discepoli e la folla che la gloria di questo momento è fugace come un colpo di vento. In tal modo - come accadrà anche di fronte a Pilato - Gesù dichiara apertamente la sua condizione di discendente e successore del grande re Davide, principe e promotore di pace e di gloria.
L’ingresso a Gerusalemme introduce nei giorni dell’Ultima Cena, della cattura nell’Orto degli Ulivi, la condanna, la via dolorosa verso il Calvario, la crocifissione, la morte e la sepoltura.
Il racconto evangelico, che oggi nelle chiese risuona con tre lettori, riporta in modo sorprendentemente analitico gli ultimi giorni, ed esprime con intensità narrativa la condizione umana di Gesù e il livello divino della sua personalità, che verrà compiutamente svelato nella risurrezione del terzo giorno.
Siamo messi di fronte a un fatto ‘piccolo e occasionale’, come poteva essere in quei tempi una condanna a morte. Nello stesso tempo, partecipiamo a un fatto che dà una svolta alla storia, non solo per le persone che credono in Cristo, ma anche per tutti coloro che entrano nella storia umana. Gesù, l’uomo libero che si è consegnato alla morte ed è risuscitato il terzo giorno, segna il destino dell’intera umanità.

Vangelo secondo Giovanni, 11,45-56

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

MINACCIA DI MORTE

Dopo la risurrezione di Lazzaro, molti Giudei credettero in Gesù. Ma fu proprio la risurrezione di Lazzaro a dare l’ultima spinta ai suoi oppositori: l’uomo Gesù è pericoloso per il popolo, e per il bene del popolo bisogna farlo fuori. E’ la logica perversa dei potenti. Avvertendo questa minaccia, Gesù si allontana da Gerusalemme. Che farà dunque? Egli ha in mente solo una cosa: attendere l’ora scritta nel cuore del suo Padre celeste. L’ora della Pasqua si avvicina.

Vangelo secondo Giovanni 10,31-42

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

LA DIFFERENZA DEL FIGLIO

Noi siamo figli chiamati a partecipare alla vita di Dio. Gesù entra nella storia come Figlio che dall’eternità è generato dal Padre nell’unità dello Spirito Santo. Gli interlocutori di Gesù si scandalizzano perché Egli si dichiara Dio. Per essi è una bestemmia e uno scandalo. Per noi cristiani è la grazia più grande accaduta all’umanità. Come dicevano i Padri della Chiesa, ‘Uno della Trinità diventa uomo. Uno di noi è Dio’, affinché ciascun uomo venga introdotto nella figliolanza divina. Noi siamo figli chiamati a partecipare alla vita di Dio.

14 aprile 2019
Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Giornata mondiale della Gioventù

Introduzione del celebrante
Insieme con il Signore Gesù che entra in Gerusalemme, iniziamo la Settimana Santa. Lo accompagniamo con i nostri fratelli cristiani e gli domandiamo che la grazia della sua Passione e Morte e Risurrezione apra la via della salvezza per noi e per tutti.

1. Signore Gesù, donaci di seguirti ogni giorno di questa Settimana santa, accompagnandoti come discepoli, amici e familiari,
Noi Ti preghiamo: PER LA TUA PASSIONE, ASCOLTACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, ti ringraziamo per i pastori che ci accompagnano nelle grandi celebrazioni della Settimana Santa: Papa Francesco, il nostro vescovo e i sacerdoti; dona nuove vocazioni sacerdotali e missionarie alla tua Chiesa,
Noi Ti preghiamo: PER LA TUA PASSIONE, ASCOLTACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, ti affidiamo i giovani, sostieni il loro slancio e i loro desideri veri perché possano seguirti con gioia nei passi della loro vita,
Noi Ti preghiamo: PER LA TUA PASSIONE, ASCOLTACI O SIGNORE

4. Signore Gesù, guarda con misericordia i fratelli della nostra comunità parrocchiale; concedici di godere il frutto del mistero
Noi Ti preghiamo: PER LA TUA PASSIONE, ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
O Signore Gesù, donaci di guardarti e di seguirti come Maria e Giovanni, come le donne e i discepoli che ti sono stati fedeli. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Spunto per la domenica
Ascoltiamo e guardiamo in silenzio il racconto della Passione del Signore. Si apre una settimana in cui siamo chiamati a porre i nostri piedi sui passi di Gesù che patisce, muore e risorge, nelle grandi celebrazioni della Settimana Santa, in particolare Giovedì sera, Venerdì ore 15, Veglia pasquale del Sabato Santo. Il Signore ha camminato dentro la nostra vita salvandola: noi camminiamo dentro la sua.

Giovedì Santo 18 aprile 2019
Messa vespertina nella «Cena del Signore»

Introduzione del celebrante
Oggi, nella Vigilia della sua Passione, Gesù ci invita a partecipare alla sua Ultima Cena, come discepoli e amici. A Lui ci rivolgiamo con fiducia.

1. Signore Gesù, la tua passione inizia con la consegna del tuo corpo e del tuo sangue per noi nell’Eucaristia; il dono del tuo amore rinnovi nella Chiesa il miracolo della carità,
Noi ti preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

2. Signore Gesù, ti affidiamo il ministero del Papa, del nostro vescovo, dei sacerdoti, che celebrano il sacrificio del tuo corpo donato e del tuo sangue versato per la salvezza del mondo,
Noi ti preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

3. Signore Gesù, raduna nell’unità il tuo popolo; salva il mondo ferito da ingiustizie e tradimenti; libera gli uomini perseguitati e oppressi; rendici testimoni di speranza e di pace,
Noi ti preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

4. Signore Gesù, ti affidiamo i ragazzi, le famiglie, i malati, i poveri, e quanti sono deboli nel corpo e nello spirito; donaci di imitarti nel servizio ai nostri fratelli,
Noi ti preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

Conclusione del celebrante
Padre Santo, in questa sera in cui il tuo Figlio Gesù ci offre nell’Eucaristia il segno permanente della sua presenza e della sua grazia, donaci un amore profondo a te e ai fratelli. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
Uno sguardo
Oggi è il ‘giorno della grande memoria’: ‘Fate questo in memoria di me’. Un avvenimento del passato diventa presente per tutti e per sempre: Gesù nel sacrificio dell’Eucaristia.
Oggi è il giorno del sacerdozio. Gesù permane tra noi attraverso la vita e il servizio dei sacerdoti.
Non possiamo togliere dagli occhi e dal cuore la presenza permanente e viva di Gesù nel mondo.

Per libri, giornali e siti, si invoca il Pronto Soccorso degli esperti in scienze umane, persone sagge e navigate, chiamate a sostenere chi viene coinvolto in situazioni drammatiche, come incidenti, terremoti, attentati. Una competenza di cui ha bisogno il mondo dei ragazzi, giovani, fidanzati, famiglie, e non so chi altro. Tuttavia le pur necessarie competenze mostrano la corda di fronte al mistero dell’uomo che supera ogni misura e travolge tutte le proporzioni; il gran lago del cuore umano arriva a profondità insondabili e si estende per meandri impenetrabili alla sapienza umana, arrivando a toccare l’Infinito di cui è immagine e di cui conserva nostalgia. I fiori e i lumini sui luoghi delle stragi e degli incidenti, le sfilate e le fiaccolate per ricordare le vittime o per commemorare eventi drammatici – come il decennale del terremoto de L’Aquila, con la lenta scansione dei nomi delle persone travolte dalle macerie - diventano premessa a un’invocazione che spinge più in là. Anche se la sfilata non si conclude con una preghiera corale, c’è da scommettere che tante persone si lascino andare a una silenziosa invocazione al Signore e alla Madonna, come al tempo in cui si era bambini, e come ancora accade in qualche chiesa.

Non possiamo ridurci alla dimensione orizzontale: la salvezza invocata supera ogni umana competenza e capacità, e non trova risposta nemmeno quando case e contrade vengono ripristinate – cosa peraltro così lontana dall’essere portata a compimento.

L’intervento delle scienze umane viene invocato e praticato anche nell’affronto dei problemi di una comunità cristiana o di una fraternità religiosa. Rimanendo persone umane, con livelli psicologici e intrecci sociologici, veniamo istruiti e indirizzati sulle dinamiche che ci strutturano e ci attraversano. Purtuttavia, una sottile tentazione pelagiana può insinuarsi come serpente: ‘Ci bastano le nostre tecniche e competenze per uscire dal buco’. Il laboratorio delle invenzioni e genialità basterebbe a risolvere i problemi della famiglia, le crisi del prete, le attese dei giovani. Metodologie e tecniche si contendono la piazza nei gruppi convocati, lasciando in superficie l’annuncio della fede, mentre l’efficacia della grazia viene svilita e la preghiera appare intimistica e inutile. Quando l’attrattiva cristiana abbassa l’asticella, svanisce l’immagine di Cristo che salva e perdona, fa rinascere i cuori e fa nuove tutte le cose. Più che di esperti, abbiamo bisogno di accoglienza e perdono. Allora il cuore salta oltre la siepe, invoca la tenerezza di Dio e mèndica il suo abbraccio. Il bisogno di essere accolti e perdonati va ad affiancarsi ai testimoni del passato e del presente, percorrendo le vie misteriose delle acque della grazia, agitate dal vento dello Spirito.