COME UNA VALANGA
Il primo paragone è la valanga che si precipita sulla casa e la sommerge, bloccando le uscite. Non siamo ancora a questo punto, potremo uscire e respirare, potremo andare ancora quasi tutti nel nostro luogo di lavoro o trafficare in casa, leggere, scrivere, combinare tante cose. Il secondo paragone è l’acqua alta di novembre, improvvisa e feroce. Magari questa volta la mano che ci schiaffeggia è coperta da un soffice guanto di velluto, ma il virus ci condizionerà assai più che le ventiquattr’ore dell’acqua stagnante. Sembrano i tempi di guerra, col coprifuoco, quando, la sera, la mamma ci chiudeva in casa e stagnava con degli stracci le fessure dei balconi perché l’aeroplano Pippo che ci volava in testa non individuasse dei punti luce sui quali buttare le bombe. Così prescrizioni e limitazioni tentano di chiudere i buchi della diffusione del coronavirus.
Ce la faremo a vivere così?
Intanto bisogna darci una buona calmata. Tutto l’affanno per le cose da fare, gli impegni, gli incontri, i programmi, le iniziative, le proposte, improvvisamente si spompano come il pallone stratosferico rimasto senza gas. Diventeremo o più pigri o più essenziali: questa è l’alternativa. Impareremo a capire il vero scopo delle cose? per che cosa vale la pena vivere? Potremo sgomberare cervello e cuore dalle utopie che ci assediano e ci riempiono. Purché la perdita del trampolino di lancio non ci sprofondi nella depressione. Magari, ci fiorirà addosso una bella nostalgia per le nostre chiese piene nel Mercoledì delle ceneri, proveremo il desiderio di ricevere tanta cenere in testa, e non vedremo l’ora che ancora le chiese si riempiano come una volta.
Gli altri ci sono necessari: la comunità, la preghiera insieme, il canto, l’altare, le letture, le prediche anche lunghe o un po’ sbilenche e soprattutto il tabernacolo che custodisce il tesoro più prezioso, Cristo stesso. La Chiesa, amata e ricercata, ci accompagna a vivere ogni circostanza.
C’è poi la scappatoia di internet. Lì la Messa continua, il canto, i volti, le parole, le canzoni, l’intreccio, lo scambio, i messaggi corrono e si intersecano come motoscafi in laguna.
Il pericolo più grave è la solitudine, la tentazione di chiudersi in casa, abbassando le saracinesche; rimanere soli con se stessi, non per la grazia del silenzio e della vita interiore, ma nell’abisso che succhia l’anima giorno per giorno.
Sarà bello invece ritrovare – lontani gli uni dagli altri ma stretti in comunione - il palpito della preghiera, il ritmo del Rosario, la cadenza dell’Angelus, la puntualità del Vangelo mattutino. Una rete di Angeli attraversa l’etere e ci mette in comunione con Dio e con gli uomini. Riaccendendo il desiderio di guardarsi finalmente in faccia, di ritrovarsi gomito a gomito, di darsi una poderosa stretta di mano e un abbraccio grande grande….