L’EUCARISTIA CHE CELEBRIAMO
Ogni mattina, a conclusione della Messa e dell'adorazione a Santa Marta, Papa Francesco innalza l’ostensorio e traccia la croce della benedizione eucaristica. Quando mi accade di essere presente, mi viene naturale mettermi in ginocchio davanti al televisore. Inevitabilmente, in quel momento il pensiero mi corre alla vicina chiesa parrocchiale dove, da mane a sera, brilla l’ostensorio con Gesù Eucaristia; davanti all’ostensorio sta la Bibbia aperta. I segni mostrano e parlano anche nella loro staticità, e il loro richiamo supera la potenza dell’immagine televisiva.
L’altro giorno un amico, entrato casualmente nella stessa chiesa, mi telefona: “Sorpresa e meraviglia! Qui in chiesa è esposto il Santissimo. Stupenda occasione per fare un po’ di adorazione. Ecco cosa ci manca. Sì, seguiamo la messa del Papa ogni giorno. Che grazia! Sì, abbiamo ripreso l’antica pratica della comunione spirituale. Ma quando potremo mangiare il Suo Corpo? Intanto ci stiamo preparando alla Confessione, dopo una lunga, lunghissima ma stupenda, quaresima”.
A me l’Eucaristia non manca. Nella quotidiana celebrazione in casa, non mi manca la realtà fisica del pane e del vino; non mi manca il ‘contenuto’ che è il corpo e il sangue di Cristo. Tuttavia, a me e agli altri sacerdoti manca la visibilità di quello che il sacramento eucaristico realizza: manca il corpo di Cristo che è la Chiesa, manca la comunità cristiana, le persone vive e presenti, che manifestano Cristo risorto. Quando lo sguardo all’Eucaristia è costretto a fermarsi alle ‘specie eucaristiche’, non ne rende palese il frutto, che può essere intravvisto solo con la memoria e la fantasia. Come Dante – se è lecito il salto triplo di questo paragone - che nel suo viaggio ultraterreno abbraccia le ombre e stringe il vuoto. Per non rimanere mortificato in una chiesa solo virtuale, dovrò accorgermi che il sacrificio di Cristo, espresso nel pane e nel vino, contiene già il sacrificio della vita mia e di tutti i cristiani coinvolti nel mistero della sua vita, morte, risurrezione. Il sacrificio di Cristo celebrato ogni giorno nel chiuso della casa contiene il corpo e il sangue dei cristiani e dei martiri. Con personale commozione vado a riprendere dagli studi giovanili una lettera del vescovo Cipriano di Cartagine ai cristiani imprigionati, per i quali non era più possibile la celebrazione dell’Eucaristia: “Non dovete soffrire per il fatto che ora non viene più concessa ai sacerdoti di Dio la facoltà di offrire e celebrare presso di voi i sacrifici divini. Voi celebrate e offrite a Dio un sacrificio ugualmente prezioso e glorioso… giorno e notte senza interruzione, divenuti ormai ostie per il Signore e offrendo voi stessi come sante e immacolate vittime…”. Anche oggi il mistero di Cristo celebrato nell’Eucaristia, riappare vivo e reale nella Chiesa visibile e presente.