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Borgo San Giovanni 1990-2020

L’AVVENTURA DEI TRENT’ANNI

Appare d’improvviso il sole primaverile che riscalda l’atmosfera. Le lunghe giornate spalancano la luce dell’estate. Non solo gli alberi e le piantagioni, ma anche le persone rifioriscono. Quest’anno una nuova liberazione viene a ristorare il cuore e a riaccendere gli occhi. Come uscendo da un tunnel ritorniamo in strada, entriamo nelle chiese e ricostituiamo la chiesa. Con una coincidenza significativa arriva la sorpresa dei 30 anni dall’ingresso nella chiesa nuova di Borgo San Giovanni. Un’avventura che ha segnato il quartiere, la comunità cristiana e la mia vita. Colgo al volo l’opportunità di partecipare alla celebrazione eucaristica nel giorno della ricorrenza. A colpo d’occhio si può calcolare che almeno una novantina del centinaio di persone presenti, conservano il ricordo vivo del primo ingresso, dopo un’interminabile attesa e dopo i sette anni della costruzione, cui sono seguiti gli anni del completamento e abbellimento dell’edificio. Sperimento in me stesso la sorpresa di trovarmi a casa, nella mia casa, anzi di trovarmi in famiglia, quella che per tanti anni è stata la mia grande famiglia. Una sensazione strana, non completamente afferrabile mi corre in cuore, sulla trafila delle parole di Gesù agli apostoli nell’ultima cena. Quei dodici amici erano diventati profondamente suoi, eppure Gesù se ne distaccava. Non però abbandonandoli, ma consegnandoli all’amore del Padre, che avrebbe portato a compimento il loro destino: “Erano tuoi, li hai dati a me”. Rimangono tuoi, Signore, e continuano il loro cammino dentro la tua paternità espressa da altri pastori, dentro una fraternità che incontra altri fratelli e si rinnova con gente diversa e fresca, dentro una famiglia nuovamente ricomposta dal vigore dello Spirito. Questa casa è ancora mia, e non più mia. Questa comunità è ancora mia e non più mia. La distanza purifica i legami e scioglie le pretese. Ma nemmeno la mascherina o il metro di lontananza tolgono l’affetto o abbassano il livello della confidenza e della gratitudine. Mi diventa significativo guardare questa comunità nell’orizzonte della grande compagnia dei santi evocati in questo giorno. Il 26 maggio è il giorno di san Filippo Neri; è il giorno dell’ordinazione sacerdotale di don Luigi Giussani, la cui vita ha toccato profondamente la mia; rievoca pure il giorno della morte di Enzo Piccinini, un grande amico che ha rilanciato il mio cammino. Nello stesso giorno e nella stessa ora in cui celebriamo la Messa nella chiesa dei trent’anni, in cattedrale il vescovo proclama la venerabilità di un sacerdote di Chioggia, Padre Emilio Venturini. Gli avvenimenti e le persone si inseguono e quasi si sovrappongono. Come dice il poeta Eliot, ‘la Chiesa deve sempre edificaree sempre decadere, e dev'essere sempre restaurata’.