Due o tre generazioni fa si andava a ricevere l’eucaristia mettendosi in ginocchio alla balaustra del presbiterio. In seguito ci siamo incamminati in processione verso l’altare, e il sacerdote ci porgeva l’eucaristia sulla lingua; più tardi venne proposta la comunione sulla mano. E adesso? La novità non viene da una prescrizione liturgica ma da una scelta prudenziale riferita al tempo di pandemia. Adesso è il sacerdote che si incammina tra le file della navata della chiesa, offrendo l’eucaristia a ciascuno dei fedeli che restano in piedi qua e là sulle panche. Cristo ci viene incontro in modo nuovo. Qualcuno lo rileva: “Oggi per la prima volta ho ammirato questa realtà. Ho guardato veramente con stupore! Bellissimo vedere tutte quelle mani protese a mendicare Cristo. Affascinante ritrovare come lo sguardo dei presenti segue il sacerdote che percorrendo la navata della chiesa si avvicina a ciascuna persone e le porgendo il corpo di Cristo. Il desiderio di ciascuno si incrocia con il desiderio di Cristo di donarsi totalmente. Uomini e donne mendicanti di Cristo, non per dovere o per un precetto ma perché attratti da Lui, afferrati dalla Sua persona. Le mani si protendono in cerca di Lui, come tra la folla di duemila anni fa….”
Oggi come allora, possiamo immaginare la gioia di Cristo nel farsi vicino al cuore dell'uomo. Molti lo desiderano e lo domandano con trepidazione, letizia, sofferenza, bisogno; con un amore e una tenerezza indicibile che traspaiono sul volto, nonostante la mascherina. Osservando l’atteggiamento di qualcuno, nasce il desiderio di avere lo stesso sguardo e ugualmente quelle mani protese. Ancora Gesù viene incontro e si avvicina a chi domanda, e lo guarisce, peccatore o bisognoso, ricco o povero, donna o uomo, bambino o adulto. Non un gesto puramente rituale ma un incontro personale che ridesta consapevolezza e decisione. Chi andiamo a incontrare? Chi oggi ci fa compagnia? Nel timore e nella solitudine di queste settimane non vogliamo restare privi di questa vicinanza, non ci rassegniamo a venire rubati di questo contatto in qualche modo fisico con il Signore.
Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la pandemia? (Cfr Romani 8,35-39). Il segno eucaristico del pane è più del suo mantello toccato dalla donna che perdeva sangue; è più del pane moltiplicato e mangiato dalle cinquemila persone, è più delle gocce di sangue che cadevano dalla croce. Nuovamente e ancora più, anche oggi è di una nuova carezza del Nazareno che noi abbiamo bisogno.
don Angelo Busetto