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Lunedì 13 settembre 2021, San Giovanni Crisostomo vescovo e dottore della Chiesa, Antiochia 349–Comana sul Mar Nero, 407

Vangelo secondo Luca 7,1-10

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

NON SONO DEGNO

Fede e preghiera, unite ad umiltà. E si tratta di un centurione, cioè di un soldato romano! Questi ricava dalla sua rude professione il paragone che gli permette di riconoscere la potenza di Gesù, e di affidarsi a Lui. La liturgia della Chiesa ha ripreso le parole del centurione come introduzione alla comunione eucaristica. Viene così affermata anche la fede nella visita e nella compagnia reale che Gesù fa alla nostra vita nell’incontro sacramentale