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La vedova del commissario Calabresi si racconta

IL GERMOGLIO DEL PERDONO

Fino a che punto si può raccontare se stessi, il cuore travolto da una sofferenza che di per sé è indicibile? Occorre che il buio si diradi, il vuoto torni ad essere abitato, la strada nuovamente si apra. Un marito viene violentemente strappato alla moglie venticinquenne che è in attesa del terzo figlio: la pianta folgorata dal fulmine. La vicenda di Gemma, vedova del commissario Calabresi ucciso dalle Brigate rosse esattamente nel 1972, cinquant’anni fa, era andata svelandosi in questi ultimi mesi attraverso testimonianze e articoli apparsi in riviste e social, dopo che nel 2017 era stata sinteticamente raccontata, accanto ad altre storie analoghe, dal figlio Mario. Ora è lei a raccontarsi in prima persona. Scrive nelle prime pagine del libro: “Ho 75 anni, non so quanto ancora durerà questo mio viaggio qui. Scrivo questo libro per lasciare una testimonianza di fede e di fiducia. Per raccontare l’esperienza più significativa che mi sia capitata nella vita, quella che le ha dato un senso vero e profondo: perdonare”.                                                                                                                  Il drammatico cammino che conduce al perdono e al riscatto della sua stessa vita, Gemma lo inizia già a poche ore dall’assassinio del marito, quando sua madre le suggerisce la frase di Gesù in croce, da mettere nell’annuncio funebre: ”Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Un lungo travaglio, con i giornalisti alle costole, il tormentone dei processi avendo davanti i volti immobili degli imputati. Suo padre la sollecita a riprendere il lavoro: insegnerà religione. E’ un passaggio provvidenziale. Proprio nell’ambito della scuola incontra colui che diventerà il secondo marito e che la accompagnerà nella memoria feconda del suo dramma. Nasce il quarto figlio e la crepa del cuore si allarga maggiormente a far trasparire la luce.                                                                                                                            Il trascorrere degli anni, gli incontri con gli attori del delitto e qualcuna delle loro madri, il nuovo dramma per la morte anche del secondo marito, tutto diventa strada di verità, domanda di vita, esperienza di perdono. Siamo fatti per il bene. Il bene dell’accoglienza e della misericordia, che prima di alleggerire il peso sulla coscienza dei colpevoli, è esperienza di liberazione per la protagonista. I tempi bui che hanno attraversato l’Italia vengono schiariti da una luce che apre alla vita. E’ un lampo di riconciliazione capace di risanare altri cuori feriti dai drammi della vita. “E’ stato, ed è, un viaggio di amore e di libertà. Ho fatto tutte le salite: ho le gambe forti e il cuore pieno. Ho dato tanto, ho ricevuto tanto. Grazie”.

Gemma Calabresi Milite, La crepa e la luce, Sulla strada del perdono. La mia storia, Mondadori 2022, pp 136, € 17,50

Angelo Busetto