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L’ANTICRISTO di Soloviev

IL PACIFICATORE UNIVERSALE

IL RACCONTO DELL’ANTICRISTO

Scritto alle soglie del ‘900 il racconto di Soloviev intravvede il dramma del nostro tempo

Collocare una persona nel contesto del suo tempo e della sua cultura, può risultare laborioso, soprattutto se si tratta di un grande pensatore e scrittore. Vladimir Soloviev è scrittore russo nato nel 1853, morto nel 1900, è noto in Occidente almeno per il famoso ‘racconto dell’Anticristo’, spesso ricordato nel suo nucleo essenziale. Trovarsi alle prese con I tre dialoghi che lo precedono e in qualche modo lo introducono, fra scontrare con la complessità del procedimento dialogico tra vari interlocutori e con l’impaccio di molti riferimenti estranei alla storia e alla cultura. Le argomentazioni dei tre dialoghi trattano in primo luogo del tema del male che rischia di prevalere sul bene, e della guerra, variamente interpretata dal punto di vista etico e culturale. Si impone infatti il discorso sulla ‘educazione’, nel quale primeggia la cultura europea o comunque occidentale e russa, alla quale tutti i popoli della terra dovranno piegarsi, essendo considerata come il top della civiltà. Su questo sfondo, l’unificazione dell’Europa è un tema che campeggia, insieme con l’ideale teocratico, che dà prevalenza alla Chiesa, in specie cattolica.

Il complesso svolgimento dei tre dialoghi, nei quali gli interlocutori propongono tesi discordanti, conduce a uno sbocco sorprendente. Uno dei personaggi, il Signor Z, va a prendere un manoscritto e si mette a leggerlo nella piccola compagnia.
Il racconto sembra muoversi alla lontana, con l’invasione del ‘panmongolismo’ che dal Giappone alla Cina si estende a dominare il mondo, subendo alla fine un improvviso rovescio. A un certo punto della storia, spunta ‘un uomo ragguardevole’ che man mano raccoglie su di sè tutte le virtù e le doti  della condizione umana più pregevole e si impone al cospetto del mondo come punto di sintesi e di unità tra le varie nazioni. Assume in sé la condizione del Messia, sostituendosi a Cristo nella missione di benefattore e salvatore dell’umanità. In un crescendo grandioso, avvince tutto il mondo con un’opera da lui scritta, La via aperta verso la pace e la prosperità universale, che lo conduce ad essere acclamato come uomo del futuro e imperatore del mondo. L’ultima sua impresa è la convocazione a Gerusalemme di un Concilio Universale, con i rappresentanti e con il popolo di tutte le religioni, in particolare il Cattolicesimo, il Protestantesimo, l’Ortodossia, che egli gratificherà di particolari privilegi corrispondenti alle caratteristiche di ciascuno, e condurrà a unità e pace. A un’unica condizione: essere riconosciuto come ‘vostro vero capo’. Incalzano le sequenze del dramma. Uno dopo l’altro, Papa Pietro, lo staretz Giovanni e il dottor Pauli, tre rappresentanti rappresentanti delle tre confessioni cristiane prendono le distanze dall’imperatore.                                                                                 Ed ecco la vetta del racconto: (p 271-2)

Con accento di tristezza, l'imperatore si rivolse a loro dicendo:«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete da me? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; che cosa avete di più caro nel cristianesimo?». Allora simile a un cero candido si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui Stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, noi siamo pronti a ricevere ogni bene, ma soltanto se nella tua mano generosa noi possiamo riconoscere la santa mano di Cristo. E alla tua domanda che puoi tu fare per noi, eccoti la nostra precisa risposta: confessa, qui ora davanti a noi, Gesù Cristo Figlio di Dio che si è incarnato, che è resuscitato e che verrà di nuovo; confessalo e noi ti accoglieremo con amore, come il vero precursore del suo secondo glorioso avvento». Egli tacque e piantò lo sguardo nel volto dell'imperatore. In costui avveniva qualche cosa di tremendo. Nel suo intimo si stava scatenando una tempesta infernale, simile a quella che aveva provato nella notte fatale. Aveva perduto interamente il suo equilibrio interiore e tutti i suoi pensieri si concentravano nel tentativo di non perdere la padronanza di se stesso anche nelle apparenze esteriori e di non svelare se stesso prima del tempo. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull'uomo che gli aveva parlato e sbranarlo coi denti. A un tratto sentì la voce ultraterrena a lui ben nota che gli diceva: "Taci e non temere nulla". Egli rimase in silenzio. Pero il suo volto, rabbuiato e col pallore della morte, era divenuto convulso, mentre i suoi occhi sprizzavano scintille. Frattanto durante il discorso dello starets Giovanni il gran mago che stava seduto tutto ravvolto nel suo ampio mantello tricolore che ne nascondeva la porpora cardinalizia, sembrava occupato a compiere sotto di esso arcane manipolazioni, i suoi occhi dallo sguardo concentrato scintillavano e le sue labbra si movevano. Dalle finestre aperte del tempio si scorgeva avvicinarsi un'enorme nuvola nera. Lo starets Giovanni che non staccava i suoi occhi sbigottiti e spaventati dal volto dell'imperatore rimasto ammutolito a un tratto diede un sussulto per lo spavento e voltandosi indietro gridò con voce strozzata: «Figlioli, è l'Anticristo!»….

Il racconto procede fino alla venuta del Messia Cristo dalle nubi del cielo.

Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo,                                            Prefazione di Luigi Maria Epicoco, EDB Bologna 2021