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Mercoledì 10 maggio 2023 – San Giovanni D’Avila sacerdote e dottore della Chiesa, Spagna, 1499 –10 maggio 1569

Vangelo secondo Giovanni 15,1-8

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

RIMANERE ATTACCATI

Tralci attaccati alla vite: così viviamo, così portiamo frutto. Gesù usa un’immagine bella ed espressiva che sorpassa superbia ed individualismo; la cosa più bella del mondo è la relazione con chi ci genera, fa vivere e fiorire. La pretesa di rimanere da soli e di fare da soli, inaridisce la vita e spegne la gioia di vivere. Come rimanere attaccati? I rami della vite si estendono fino ad abbracciare il nostro tempo e il nostro spazio, e il frutto della nostra vite germoglia da questo legame.