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I GESUITI E LE MISSIONE nelle ‘INDIE’

GESUITI: LA GRANDE STORIA DELLA CHIAMATA ALLE MISSIONI

Dalle prime righe scritte in treno fino alle ultime che segnalano l’arrivo in Kansas, presso il Collegio dei gesuiti, si svolge la straordinaria ricerca dell’autore che indaga sulle indipetae, le lettere che i gesuiti europei hanno inviato ai superiori nel corso di quattrocento anni per chiedere di partire per le ‘Indie’, le missioni d’oltremare. E’ una storia rimasta a lungo sottotraccia per il grande pubblico, in quanto ci si limita di solito a considerare la presenza dei gesuiti nel contesto del continente europeo. Eppure sappiamo che lo stesso papa Bergoglio, da giovane, aveva chiesto di essere inviato in Giappone, senza trovare l’assenso dei superiori a causa di problemi di salute. Non sapevamo invece che anche il giovane Luigi Gonzaga aveva fatto analoga richiesta, che fu deviata verso l’opzione sostitutiva, quella della dedizione ai malati di peste a Roma. Nelle Indie non si veniva inviati per iniziativa del superiore; era invece necessaria l’esplicita richiesta del candidato, che poteva essere reiterata; nell’immenso corpus delle oltre 16.000 indipetae conservate negli archivi, la media di ciascun candidato è di tre lettere, ma c’è chi ne ha scritto oltre quaranta. Le Indie erano lontane, pericolose, e non garantivano il ritorno. Ma l’attrattiva della missione realizzata da San Francesco Saverio era vincente. Vi concorreva anche l’impostazione teologica del tempo, secondo la quale solo il battesimo può garantire la salvezza eterna: l’intervento dei missionari era quindi ritenuto necessario. Solo all’altezza del Concilio Vaticano II la prospettiva cambiò, come sottolinea nella pagine finali papa Benedetto, che sposta l’accento sulla centralità della missione nella struttura stessa della Chiesa.

Sorprendono in tutti i capitoli l’ardore e la determinazione delle richieste, spesso legate anche alla disponibilità del martirio che in molti casi si presentava possibile o addirittura probabile. I richiedenti sono presi da una passione totale che include la disponibilità a dare la vita, fosse pure per via del naufragio della nave prima di giungere alla meta. La domanda veniva presentata al preposito generale, scavalcando i superiori locali; era avvalorata da varie motivazioni, come quella che l’inclinazione missionaria avesse preceduto l’ingresso nella Compagnia o che la prospettiva missionaria fosse stato l’elemento preponderante per entrarvi. Entrava in gioco la percezione della chiamata stessa di Dio, come suggerisce il titolo del libro. In molti casi i richiedenti dovevano superare anche l’opposizione dei genitori, che protestavano ‘con strepiti e lamenti’.

Da tutta questa vicenda, il volto della Compagnia di Gesù risulta esaltato per l’imponenza e l’efficacia della dimensione missionaria e ‘martiriale’. In filigrana scorrono gli avvenimenti più importanti della storia dell’intera Compagnia, il più notevole dei quali è costituito dalla sua soppressone negli anni dal 1773 al 1814. Vengono riferiti molti interessanti episodi e si viene alla scoperta di personaggi eccezionali, di cui si racconta una essenziale biografia, con molte citazioni riprese testualmente dalle lettere o da altri documenti, che fanno percepire il clima del tempo. Un grande lavoro, frutto di una consultazione metodica e puntuale degli archivi sparsi in varie località. Ne risulta uno spaccato in gran parte inedito di storia dei gesuiti, storia delle missioni, storia della Chiesa.

Emanuele Colombo, Quando Dio chiama. I gesuiti nelle Indie (1560-1960). Il Mulino, Saggi, Bologan 2023, pp 292, € 28,00

Angelo Busetto

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