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Vangelo secondo Luca 17,20-25

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

CHI E’ IL REGNO DI DIO

Cos’è infine questo Regno di Dio di cui si parla tanto spesso nel Vangelo? Non è l’impianto di un nuovo impero del mondo, né si può identificare in un luogo specifico. Perché Gesù dice che il regno di Dio è in mezzo a noi? Perché il regno di Dio è Lui, Lui presente nel passaggio dalla morte alla vita, Lui che ritornerà alla fine dei tempi, nel giorno del compimento finale di tutta la storia. Occorre riconoscerne le tracce e seguirlo.

LE RAGIONI DEL CUORE CHE CONTINUA A BATTERE

Nel tempo in cui le barche andavano a remi in laguna e i bragozzi solcavano il mare a vela, l’arrivo del primo Venerdì del mese era un avvenimento per tutta l’isola. Anche noi ragazzi venivamo coinvolti nella pratica della Comunione eucaristica dei ‘primi venerdì’ di nove mesi consecutivi per garantirci la salvezza eterna, secondo la promessa di Gesù a Maria Margherita Alacoque.  In seguito, il disincanto provocato dalla fiducia nella scienza e l’incantesimo suscitato dalla immersione nella natura, insieme con un turbinio di ‘distrazioni’, hanno eliminato o almeno oscurato l’orizzonte del soprannaturale. Ci siamo trovati a trattare la vita come una complessa macchina che deve sempre funzionare, appena imbellettata da una spruzzata di sentimentalismo.   Ora, a sorpresa, il Papa che ha prodotto due encicliche – Fratelli tutti e Laudato si’ - su pace e armonia tra i popoli, natura e ambiente, facendo leva sul buon uso della ragione, viene a bucare l’orizzonte con una poderosa enciclica dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Entrano in scena due dimensioni che sembravano smarrite. La prima ascende in alto verso il divino, la seconda discende nel profondo del cuore, al di là del sentimento. Amore e cuore non fanno più rima come nelle canzonette di una volta; piuttosto, il cuore allarga i confini oltre il ritmo dei suoi battiti. Il cuore ‘pensa’, dice Pascal: ‘Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce’. Quando sentivo parlare don Giussani, mi sorprendeva il suo rimando al cuore come ’esperienza elementare e originaria’ delle esigenze e delle evidenze di verità, di felicità, di giustizia. Un cuore pieno di ‘ragioni’, com’è quello di una madre verso il figlio, dell’innamorata verso l’innamorato e infine di ogni uomo e donna che vive sulla terra. Nell’enciclica straricca di citazioni da Bibbia, santi, papi, teologi, papa Francesco compie alcuni passaggi audaci; dice che Gesù ci ha amati - Dilexit nos - con un Cuore umano che manifesta l’amore divino; Gesù trasfonde il suo Cuore nel nostro cuore, donandoci il suo modo di amare. L’umanità ha bisogno di questo Cuore per imparare ad amare e a tessere legami di pace. Citando Newman, il papa afferma che l’incontro più profondo con noi stessi e con il Signore non avviene con la lettura e la riflessione, ma con il dialogo orante da cuore a Cuore con Cristo vivo e presente.      In questo e altri passaggi dell’enciclica ritrovo gli accenti dell’esperienza sacramentale che ci veniva raccontata e raccomandata negli anni del Seminario. Nel corso dell’esperienza pastorale, questa apertura del cuore riaffiora come da sorgente sotterranea in occasione dell’adorazione nelle Quarantore, come pure nel silenzio di certe serate appesantite da difficoltà e preoccupazioni: a poco a poco il Cuore di Cristo viene a farti compagnia come dentro la delusione dei due discepoli di Emmaus. Accade di imbattersi in una madre che, travolta dal dolore per la morte della figlia, ritrova consolazione e vigore; vedi accendersi lo sguardo e il cuore in una compagnia di amici che affronta con audacia l’impresa della vita; ti sorprendi per quell’uomo ancor giovane e per quella persona anziana che, lasciando questa vita, si abbandonano nelle braccia di un amore più grande. Tante vicende nelle quali intravedi che, pur nella nostra incerta e parziale risposta, l’abbraccio che salva è quello dell’amore di Gesù. Colui che ci ha chiamato amici, continua a donarci tutto quello che il Padre ha detto e ha dato a Lui.  Nel tempo delle macchine a guida automatica e di fronte alle promesse dell’Intelligenza artificiale, si può vivere per qualcosa di più grande?

 

Don Angelo Busetto

Vangelo secondo Luca 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

LA FEDE CHE SALVA

Quest’uomo guarito che ‘tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo’, è un esempio da cui imparare, anche se si tratta di uno straniero! Gesù che gli dice: “la tua fede ti ha salvato!” porta a compimento il percorso della salvezza. La salvezza non viene appena dalla guarigione fisica, ma da un incontro che allieta il cuore. Quest’uomo salvato esplode di gioia incontrando personalmente Gesù. Ecco la differenza: non solo guarito, ma salvato!

Vangelo secondo Luca 17,7-10

In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

SENZA PRETESA

Gesù ci taglia la cresta. Anche quando abbiamo fatto tutto - o almeno pensiamo di avere fatto tutto – non conviene avanzare pretese di ricompense o di gratificazioni. Abbiamo fatto ‘quello che dovevamo fare’! Gesù ci conduce a una libertà di spirito che ci permette di guardare al rapporto con Lui come vera ricompensa. Abitiamo nella casa del Padre, facciamo il lavoro che ci è dato in corrispondenza alla nostra vocazione. Questo ci basta e riapre continuamente la nostra iniziativa.

Vangelo secondo Luca 17,1-6

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

IL MALE, IL PENTIMENTO, LA FEDE

E’ inevitabile il male che produce altro male, come lo scandalo verso i piccoli; facciamo però attenzione a non provocarlo noi stessi. Ci sono colpe dalle quali ci si può redimere, anche con un prudente ‘rimprovero’ fraterno. Al fondo di ogni pentimento e di ogni redenzione, e nel cuore di ogni azione di bene, anche di quello che pare impossibile, c’è la fede, cioè la fiducia che la potenza di Dio può sradicare ogni male e far fiorire ogni bene.

Vangelo secondo Marco 12,38-44

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

MENTRE GESU’ CI GUARDA…

Gesù ci guarda mentre partecipiamo all’Eucaristia nel suo tempio; non per condannarci, ma perché possiamo riconoscerlo e possiamo accogliere il suo invito ad accorgerci della testimonianza di tante persone che vivono la carità, la misericordia, l’accoglienza. Spesso si tratta ancora delle persone più povere e anche dei nostri figli più piccoli. Vivendo la realtà della Chiesa, domandiamo la grazia imparare a valutare le nostre scelte, i nostri giudizi, le nostre pigrizie, esercitandoci nella semplicità, nella carità e nel perdono.

Vangelo secondo Giovanni 2, 13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

LA LIBERTA’ DELLA CHIESA

I cristiani non adorano Dio in modo solitario, ma si riuniscono insieme come popolo di Dio: Cristo vive nella comunione dei fratelli. All’inizio i seguaci di Gesù si riunivano nelle case, alcune delle quali sono diventate le prime chiese. Quando nel 313 Costantino offrì libertà a tutte le religioni dell’Impero, anche i cristiani poterono riunirsi liberamente; l’imperatore li favorì con la costruzione della prima ‘cattedrale’ di Roma. Cristo ci rende liberi per ritrovarci come fratelli e annunciarlo al mondo.

 

Vangelo secondo Luca 16,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

SCALTREZZA NEL FARE IL BENE

Gesù non loda la persona che imbroglia, ma la persona che agisce con scaltrezza. Non si può confondere l’onestà con la dabbenaggine e con il pressapochismo, come a volte malauguratamente si pretende dai cristiani. Non è da meravigliarsi e tanto meno da scandalizzarsi per quei cristiani che mostrano scaltrezza e audacia nel compiere le opere. La storia della Chiesa è piena di iniziative di carità e cultura, spesso straordinarie. La fede allarga l’intelligenza e provoca l’iniziativa.

 Domenica XXXII - Tempo Ordinario, Anno B

Introduzione del celebrante
Anche noi venendo al tempio presentiamo al Signore la nostra comune preghiera, con il bisogno e il dramma dell’umanità intera, per essere ascoltati e accolti come figli.

  1. Signore Dio, mentre ci accostiamo al tuo altare, donaci un cuore semplice e generoso come la vedova povera del Vangelo, per imparare a condividere i nostri beni,

Preghiamo. ASCOLTACI, SIGNORE

  1. Signore Gesù, ti affidiamo il Papa, il nostro vescovo e tutti i ministri della Chiesa. Rendi lieti e liberi i catechisti e tutti coloro che si dedicano all’annuncio della fede cristiana ai ragazzi, ai giovani, agli adulti,

Preghiamo: ASCOLTACI, SIGNORE

  1. Signore Gesù, la tua grazia accompagni le persone colpite dalla violenza della guerra e dalle calamità naturali; dona ai responsabili degli stati e dell’economia il coraggio di ricercare il bene della pace e della libertà,
    Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE
  2. Signore Gesù, ti affidiamo le vedove, gli orfani, e le persone sole e malate. Le nostre comunità cristiane diventino luoghi di educazione alla fede e al perdono, all’accoglienza e alla carità,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Dio nostro, accoglici come figli nella tua casa. Fa che nelle nostre famiglie e nel lavoro possiamo vivere come fratelli. Tu che vivi e regni.

MENTRE GESU’ CI GUARDA…

Possiamo ben pensare che Gesù ci guarda mentre partecipiamo a questa Eucaristia nel suo tempio; non per condannarci, ma perché possiamo riconoscerlo e possiamo accogliere il suo invito ad accorgerci della testimonianza di tante persone che vivono la carità, la misericordia, l’accoglienza. Spesso si tratta ancora delle persone più povere e anche dei nostri figli più piccoli. Vivendo la realtà della Chiesa, domandiamo la grazia imparare a valutare le nostre scelte, i nostri giudizi, le nostre pigrizie, esercitandoci nella semplicità, nella carità e nel perdono.

Vangelo secondo Luca 15,1-10

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

LA GIOIA DELLA MISERICORDIA

Il cuore misericordioso del Signore Gesù viene raccontato da Luca nel quindicesimo capitolo del suo Vangelo, che qui comincia. E’ una misericordia attiva, che esce dal recinto e va in cerca della pecora perduta, così come la donna che ricerca la moneta. La misericordia, mentre salva ciò che era perduto, arricchisce colui che ha trovato. Infatti esplode la gioia, subito condivisa. Non possiamo rassegnarci a ‘lasciar andare’ chi si perde. E’ in gioco la sua felicità e la nostra.