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Buona prima settimana di Avvento.
Oggi (soltanto??) il mio cellulare è in tilt. Non credo di poter comunicare e non so come avvisare chi mi cerca…
Don Angelo

Vangelo secondo Matteo 8,5-11

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

FEDE E SALVEZZA

Verrà il Signore sotto il nostro tetto? Ne percepiremo la presenza dolce e forte, che porta pace e salvezza? La fede del centurione non pretende la vicinanza fisica. Le sue parole sono diventate le nostre e le pronunciamo nel momento in cui Gesù sta per entrare in noi nel segno del pane eucaristico. Possono essere le parole di ogni giorno e di ogni istante, per esprimere la fiducia nel Signore Gesù che viene e salva, sia che lo percepiamo vicino, sia che ci appaia lontano.

BUON AVVENTO !!!

Vangelo secondo Marco 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

L’ATTESA E LA VENUTA

L'Avvento è stagione dell'anima. Attendiamo sempre 'qualcosa' che manca alla vita. Si tratti di quel disagio indefinito che agita il cuore, o di un bisogno specifico riguardante la salute, i figli, o chissacosa. L'Avvento è una stagione attiva; occorre preparare, predisporre, andare incontro a quanto attendiamo.
La risposta alla nostra attesa accade attraverso una storia nella quale Dio stesso è entrato come protagonista. Non basta la risposta di una storia puramente umana, fatta di rivoluzioni o di poteri che promettono un futuro migliore, che poi si rivela ingannevole e disperso.
L'Avvento apre la storia cristiana con l'attesa dell’antico popolo ebreo. L’Avvento prosegue anche dopo la venuta del Messia: attendiamo oggi Colui che è venuto nel primo Natale del mondo.
Il tempo segnato dalla liturgia raccoglie tutta l'attesa umana e la conduce all'incontro con Colui che è venuto e che verrà. L'Avvento è una promessa che rincuora: esiste una risposta all’attesa, viene un Salvatore per la nostra vita e per la vita di tutti.

Un sabato di passaggio: finisce l’anno A e domani inizia l’Avvento dell’Anno B con la prima domenica. Il Signore viene nella nostra vita!

Vangelo secondo Luca 21,34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

COMPARIGLI DAVANTI

Tutta la nostra storia personale e la grande storia del mondo cammina verso l’incontro finale con Gesù, il Figlio dell’Uomo che tornerà glorioso alla fine dei tempi. Nell’ultimo giorno dell’anno liturgico, la parola di Dio ci consegna un decisivo avvertimento, nel desiderio che non ci perdiamo in vanità e dissipazioni e non veniamo travolti dagli affanni della vita, ma vegliamo e preghiamo, per avere la gioia di corrergli incontro e comparirgli davanti facendoci abbracciare dalla sua misericordia.

Vangelo secondo Luca 21,29-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

LA PIANTA DELL’ATTESA

Siamo quasi in inverno e ne avvertiamo già il freddo intenso. Questa immagine dell’albero di fico che germoglia, ci provoca un grande desiderio di una fioritura che non è solo quella della primavera. La nostra vita fiorisce nell’attesa del giorno del Signore. Questo giorno arriva alla fine, ma spunta già nello sbocciare di questa giornata, dentro gli avvenimenti che succedono, con le persone che incontriamo. La presenza del Signore è un vento che risveglia la vita.

Lettere. Il mondo lo cambiano madri e padri, non le campagne contro la violenza
Le nostre voci di Marina Corradi - Avvenire 29.11.2017

Caro Avvenire,
desidero condividere alcuni pensieri che mi si sono chiariti in questi ultimi giorni. Non riesco a immaginare come l’esaltazione del dramma della violenza sulle donne - di cui siamo spettatori - possa contribuire a frenare il fenomeno. Mi pare che si tramuti in una sorta di propaganda del male, e provochi un ampliamento di sospetto sull’uomo, su ogni uomo, indagato come possibile assassino. Un sospetto che logora ulteriormente l’immagine della famiglia e la sua positiva prospettiva. Se le cose stanno così, se il mestiere degli uomini si riduce a essere quello di molestare le donne, con l’ulteriore insistita conferma degli ultimi casi dal mondo dello spettacolo e da quello politico-economico, se la famiglia è il luogo dove si finisce violati o uccisi, allora proprio la famiglia è da evitare o addirittura da abolire. In secondo luogo, questo can can dal mondo dello spettacolo sulla violazione delle donne odora di ipocrisia. Dappertutto si sbandiera una sbracata libertà per uomini e donne in ogni condizione della vita, si inaridisce la fonte dell’amore banalizzando il sesso e l’amore, deprivati di ogni stabilità e svuotati di tenerezza e umanità, e poi si pretende che non emergano odio e vendetta, rabbia e sfogo, passione e violenza. In una società senza ideali e prospettive anche il rapporto con l’altro e con l’altra viene ridotto e malmenato. Meglio dunque cambiare prospettiva, ricominciando dall’educazione e dalla testimonianza del bene.
Don Angelo Busetto, Chioggia

Caro don Angelo,
l’onda mediatica di cui lei parla mi pare in realtà composta da due fenomeni distinti. Il primo è l’alto numero in Italia di omicidi di donne da parte di mariti o fidanzati: secondo i dati raccolti nel recente rapporto Eures, pubblicato pochi giorni fa, sono stati 142 nel 2015, 150 nel 2016 e 117 nei primi dieci mesi di questo 2017. Un numero negli ultimi anni tragicamente costante quindi. È un fatto assurdo, e forse dovrebbe stupire che solo recentemente i media abbiamo preso a parlarne con grande rilevanza. Troppa rilevanza, dice lei, che non giova se non a gettare una luce drammatica sui rapporti familiari, quasi che la violenza in casa fosse la normalità. D’altronde, come tacere di fronte a queste morti, maturate in case come tante altre, a questi omicidi attuati da un uomo che diceva di amare quella donna?
Le cronache raccontano che quasi sempre dietro alla esplosione di violenza c’è un no della donna, un abbandono, un non voler continuare in un rapporto di maltrattamenti ripetuti. È davanti a quel "no" che alcuni ex mariti e fidanzati perdono la ragione. Come se fossero abituati a considerare la propria donna "cosa" loro. Da eliminare, se tenta di andarsene. Questo senso di proprietà della compagna sembra così arcaico, eppure si mantiene, tenace, dopo decenni di liberazione sessuale, e di divorzio sempre più frequente e veloce. Ci sono uomini di trent’anni, più "padroni" dei loro padri. Credevamo di essere diventati più "liberi", e la catena di femminicidi ci dice che non è vero. Che si possa morire di botte davanti ai figli, che ti ammazzi l’uomo che amavi, che questo accada in Italia una volta ogni tre giorni, è qualcosa che non possiamo tacere. Anche se, certo, i titoli non cambiano la mentalità delle persone.
La seconda parte dell’onda mediatica di cui parliamo parte dagli Usa e dall’ambiente del cinema. Decine e decine di attrici, dopo la prima denuncia di una di loro, hanno accusato attori e produttori di averle molestate, magari molti anni prima, approfittando della loro condizione di potere. Senza alcun processo, queste denunce hanno polverizzato la reputazione dei presunti colpevoli. Personalmente mi insospettisce ogni forma di caccia alle streghe. Credo che il cercare di approfittare della bellezza delle donne sia qualcosa di squallido, ma purtroppo antico come il mondo. Particolarmente nel mondo dello spettacolo. E mi viene da chiedermi perché in tante ricordino solo ora antiche molestie, e se debba bastare la loro parola per rovinare qualcuno. Perché se gli uomini talvolta sono mascalzoni, va pure detto che le donne non sono, in quanto donne, sempre e necessariamente "buone". Il vittimismo che ammanta il rumore sul caso Weinstein dunque mi lascia perplessa: quante hanno taciuto per un tornaconto, quante parlano ora per cercare celebrità? Quante hanno detto, al tempo giusto, un brusco no, come capita di fare a tante negli uffici e nelle fabbriche?
«Si sbandiera una sbracata libertà per uomini e donne in ogni condizione della vita, si inaridisce la fonte dell’amore banalizzando il sesso e l’amore», lei scrive, e poi ci si stupisce se emergono possessività e vendetta e violenza. È vero, ci troviamo di fronte a un dramma di non-educazione dei figli, maschi e anche femmine. Perché gli uni e gli altri da molto tempo ormai vengono persuasi del primato assoluto del proprio desiderio. Educati a stare di fronte all’altro come davanti alle vetrine colme degli oggetti che possiamo comprare. (Basta salire su un tram all’ora dell’uscita da scuola per sentire branchi di ragazzine che parlano dei compagni come i maschi peggiori parlano delle femmine: "Quello lì, me lo faccio").
Talvolta ci comportiamo, odiosamente, da padroni, talvolta da oggetti, soprattutto quelle donne che usano la loro bellezza, e questo va detto, come un’altra forma di potere, parallela a quello tradizionalmente maschile. E dubito che ci cambierà una campagna mediatica. Comunque, non in meglio. Il mondo lo cambiano le madri e i padri, ogni volta che ricominciano, pazientemente, a educare. A insegnare a ogni figlio che ha un infinito valore. Che questo valore non ha un prezzo. E che ognuno, anche l’ultimo mendicante, ha pure un tale infinito valore. Pensa alla madre, al padre di quest’uomo che chiede la carità, bisogna cominciare a dire ai bambini, già da piccoli, pensa come hanno amato quel figlio. O quella figlia. Li hanno amati, come noi amiamo te. Senza questa impronta iniziale di amore e rispetto, fra noi uomini, nulla cambia davvero.

Vangelo secondo Matteo 4,18-22

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

I PRIMI, IL PRIMO

Risaliamo alla sorgente fino a toccare l’acqua del ‘mare di Galilea’, quando Gesù chiama Pietro e Andrea, Giovanni e Giacomo. In realtà dobbiamo risalire oltre, all’acqua del fiume Giordano, dove Giovanni e Andrea per la prima volta vedono Gesù, lo riconoscono attraverso il grido del Battista, e lo seguono, quel giorno e tanti altri giorni. Quell’incontro non solo ha cambiato la loro vita, ma ha dato una nuova direzione alla storia, ed è giunto a toccare pure noi. Come non essere grati di quel primo incontro e di quella prima sequela? Come non desiderare di camminare dietro ai primi?

Vangelo secondo Luca 21,12-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

LA FORZA DEL MARTIRIO

Mentre ascoltiamo Gesù che annuncia il futuro del mondo, le sue parole ci mettono di fronte al nostro presente, e ci portano alla memoria il nostro passato. Quello che Gesù dice, si è realizzato e si sta realizzando: persecuzioni e tradimenti si verificano in tutti i tempi della Chiesa. Eppure la più grande forza di fede e la più grande testimonianza derivano proprio dal martirio, che ci consegnano al vero amore di Cristo e alla vera e totale salvezza.

Vangelo secondo Luca 21,5-11

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

PRIMA DELLA FINE

Che cosa accade prima della fine? La distruzione del tempio di Gerusalemme è già un simbolo che segnala come tutta la storia è protesa verso la fine. Termina questo mondo, decadono le cose, finisce la nostra vita. Viviamo dentro la precarietà delle cose, e proprio per questo non vogliamo farci ingannare dai falsi profeti che minacciano imminenti sventure o promettono cose mirabolanti. In tutto ci sostiene la fiducia in Dio Provvidente, e in Gesù Cristo nostro maestro.