Vai al contenuto

Presentazione del libro “Dov’è Dio?”

UNO SGUARDO NUOVO

Giovedì 16 novembre, entrando nella Cattedrale già gremita di persone, mi sono sentita accolta, quasi avvolta fisicamente nell’abbraccio di tanti fratelli che come me non avevano voluto perdere quell’evento. Sicuramente portavamo tutti nel cuore e nella mente un profondo interesse per ciò che è espresso nella domanda che fa da titolo al libro, “Dov’è Dio?”, l’intervista di Andrea Tornielli a don Jualiàn Carròn, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Una domanda che non sorge in astratto, ma da un cuore ferito nell’affronto delle circostanze quotidiane, nei rapporti familiari, nel lavoro, nelle situazioni sociali e pubbliche spesso drammatiche.

Mi hanno colpito molto i fatti evangelici citati, dove sorprende la bellezza dell’incontro di Gesù con persone come Zaccheo, la Samaritana, la peccatrice, e con lo stesso San Paolo. Don Carròn ricordava che questo è il metodo di Dio, iniziato con Abramo, culminato con la venuta del Figlio Gesù e che continua oggi incontrando ciascuno di noi,  me,  te, così come siamo,  senza pre-condizioni. Lo sguardo pieno di tenerezza di Gesù è entrato nella storia, in ogni storia particolare. Che sussulto al cuore far memoria della mia storia dove Gesù continua ad incontrarmi, qui ed ora, a perdonarmi, a riprendermi. Il modo chiaro ed incisivo con cui  il sacerdote, sollecitato dalle domande di Tornielli, raccontava l’esperienza cristiana, non poteva che farmi riflettere su come io vivo la mia fede. La gratitudine e la gioia per la Grazia ricevuta non possono che spingermi a desiderare di condividerla con gli altri. La  modalità, si diceva, ce la indica Papa Francesco ed è quella di stare nella vita con lo sguardo di Gesù, non riportando discorsi, ma con gesti e parole intrinsecamente legati. Mi piace una frase di Mounier citata nel libro: ”Il portiere della storia non ascolterà i vostri argomenti, guarderà i vostri volti”. “E prima ancora del portiere, anche le persone che incontriamo ogni giorno guardano i volti dei cristiani più che ascoltare le loro lezioni di dottrina, cogliendo la simpatia umana e la compassione sincera di chi abbraccia senza giudicare, perché a sua volta è stato ed è continuamente abbracciato e perdonato.” Don Carron ha concluso la serata con una frase che gli era stata rivolta da una giornalista catalana e che sintetizza tutto questo: ”In questa società abbiamo bisogno della luce dei credenti.” Per noi cristiani , penso, non ci sia sfida più grande di questa. Alla fine dell’incontro ci siamo sentiti ridestati e rilanciati a domandare questo sguardo nuovo, fedeli alla consapevolezza del Mistero presente.  Ora rimane da proseguire l’incontro continuando a leggere il libro!

 

Vangelo secondo Luca 18,35-43

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

IL GRIDO E LO SGUARDO

Quest’uomo cieco, appena si accorge che passa Gesù, alza un grido di aiuto e insiste, fino a che Gesù lo sente e lo guarisce. Il cieco guarito è l’immagine di ogni uomo, di tutti gli uomini. Lungo la strada della nostra vita, ancora passa Gesù. Siamo pronti a gridare, siamo disposti a insistere? La salvezza avviene in un incontro, si concretizza in un dialogo. La salvezza è lo sguardo di Gesù che ci incrocia e dà luce al nostro sguardo e gioia al nostro cuore.

16 novembre 2017

Tanta gente in Cattedrale a Chioggia 

UNA SERA, EGLI VIENE

Non esiste cristianesimo senza qualcuno che lo viva ora, senza una mano che ce lo porga ora. Gesù entra nella nostra città, rasenta i muri delle case, scruta dalle fessure delle finestre, bussa discretamente alla nostra porta. Noi stiamo a guardare le stelle e consultiamo l'oroscopo, o più banalmente ci pieghiamo davanti alla Tv, rassegnati alle solite notizie e annoiati con i soliti programmi. Forse attendiamo che Dio ci parli dalle nuvole e compia il miracolo richiesto; saremmo anche disposti a dargli buoni suggerimenti. Intanto ci sballottiamo a domandarci dov'è e cosa fa, vagoliamo alla ricerca di nuovi guru e sperimentiamo terapie religiose per placare il bisogno e addormentare il desiderio.
Ed ecco, Egli è qui. Viene a cercarci in mezzo alla folla, chiamandoci per nome come Zaccheo salito sull'albero, che si è sentito invadere il cuore di gioia e riempirsi la casa della sua grande presenza. ...continua a leggere "In margine a un incontro in Cattedrale"

Vangelo secondo Matteo 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

UN BENE MOLTIPLICATO

I talenti sono le doti che abbiamo ricevuto nascendo e i doni che in seguito la vita ci ha regalato. Talenti sono anche le relazioni nelle quali si è intrecciata la vita, i maestri e gli amici incontrati. Un patrimonio che ci basta a vivere e che matura con noi. Nella parabola del Vangelo ci sorprende che il padrone in partenza non abbia depositato in banca i suoi beni, ma li abbia consegnati in custodia ai servi. Pensava di trarne maggior vantaggio! Così accade, al cento per cento per i primi due servi, non per il terzo. I talenti moltiplicati non fruttano solo un bene personale, ma vanno a beneficio del padrone. Si può immaginare che diventeranno un vantaggio per tutti i servi e tutti i familiari. Forse questo è il succo della parabola: traffichiamo a favore del Regno di Dio i doni ricevuti; viviamo la vita avendo negli occhi e nel cuore Colui che ce l'ha affidata come compito e come missione. Il bene si moltiplica!

Vangelo secondo Luca 18,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

L’INSISTENZA DELLA PREGHIERA

Anche i disonesti hanno un cuore. Gesù non teme di proporci anche il loro ‘buon esempio’. Il ‘giudice disonesto’ cede alle richieste insistenti della vedova, magari solo per togliersela di mezzo. In modo audace e anche paradossale, Gesù lo mette in paragone con Dio, ben disposto a cedere di fronte alle insistenza di quanti gridano verso di Lui. Non esiste dunque la preghiera a gettone. Occorre il grido di preghiera che nasce dalla fede per ottenere ‘prontamente’ udienza nel cuore di Dio.

 

Sono lieto e grato per l’incontro con Gesù, avvenuto ieri sera in Cattedrale attraverso la testimonianza di don Julian Carron e Andrea Tornielli.
Prego e vivo perché sia riconosciuto e accolto da me e da tanti miei fratelli.
Stasera ascolteremo ancora la parola di Gesù nel Vangelo alle ore 21 in Cattedrale.

Vangelo secondo Luca 17,26-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

L’ULTIMO GIORNO

Un linguaggio figurato, pieno di immagini sconvolgenti riprese da antichi avvenimenti narrati nella Bibbia, e altrettanto incombenti sul tempo presente, spalanca la scena degli ‘ultimi giorni’. Gesù provoca alla vigilanza, richiamando addirittura l’irruenza degli uccelli rapaci. Nessuno conosce il tempo e il momento della fine, e nessuno può sfuggire all’incombere dell’ultimo giorno. Ma già sul limitare di ogni giornata, mentre mangiamo e beviamo, compriamo e costruiamo, si affaccia sulla nostra vita il volto del Figlio di Dio.

Un INVITO CHE AIUTA A SCOPRIRE TE STESSO E IL MONDO

Ho letto in anteprima il libro del dialogo dell’amico giornalista Andrea Tornielli con Don Juliàn Carròn. E’ stata un’iniezione di fiducia e di intelligenza.                        Don Carron è un maestro di vita, che segue le orme di don Luigi Giussani, aiutando tanti uomini e donne a scoprire la fede e tanti cristiani a seguire Gesù.

Vorrei invitare personalmente gli amici e tutti i parrocchiani a partecipare a un incontro eccezionale nella nostra Cattedrale. Tornielli e Carron, che  hanno presentato il libro del loro dialogo solo in due altre città d’Italia, Milano e Bologna, saranno insieme a Chioggia, in Cattedrale

Giovedì 16 novembre ore 21.

E’ un’occasione da prendere al volo. Arrivederci!

Don Angelo

 

Vangelo secondo Luca 17,20-25

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

IL REGNO CHE VIENE

Il Regno di Dio non è una rivoluzione, ma una presenza. Non avviene con segni clamorosi, ma cresce come una semente nella vita delle persone. Il Regno di Dio è Gesù presente, che parla, guarisce, perdona; Gesù che muore e risorge e ci invita ad accompagnarlo nel suo grande e misterioso amore per gli uomini. Allo stesso modo il Regno di Dio si rende presente ora nella nostra vita attraverso Gesù, e vi possiamo partecipare amando Dio e servendolo nel nostro prossimo.