A uno sguardo anche appena consapevole, il Natale lascia attoniti. Dio – il tutto, l’infinito - si è fatto uomo, ha preso un volto, il volto di tutti noi e di tutti gli uomini e la fattura di tutte le cose. E’ possibile guardarlo, accarezzarlo, abbracciarlo, e poi dipingerlo, figurarlo, rappresentarlo.
Occorrono parole grandi e vere per dire questo, come quelle di un autore imprevedibile, Jean Paul Sartre, in un dramma rappresentato nel Natale del 1940 per i compagni di prigionia nel campo di Treviri. La storia è ambientata in un villaggio vicino a Betlemme all’epoca in cui la Giudea era oppressa dai Romani. Vi risplende la descrizione della maternità umana e divina di Maria.
“La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno, e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti, la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante… Lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia”. E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive”.
Come è possibile a noi partecipare di questa tenerezza, se non incontrandolo oggi, vivo e presente? Dove, se non nel sacramento che lo contiene e dal quale tutto lo spazio umano prende nuova forma e aspetto, fino a dire la verità di quel che siamo, noi divenuti carne della sua carne come egli è divenuto carne della nostra carne? Dal sacramento alla vita, dalla chiesa alla casa e alla strada, dal segno alle persone. Una densa e fitta rete di carità e di speranza sostiene il mondo e gli impedisce di crollare. Nel considerare questa tessitura che attraversa le nostre città, improvvisamente accade la certezza del Dio presente. Come sarebbe difficile credere nel Dio soltanto creatore e lontano nei cieli. Invece Egli ha invaso gli spazi dell’esistenza umana, dalla nascita alla morte, dalla condivisione all’amicizia, dal timore alla speranza. Si è posto a un nuovo inizio della storia e la permea nella vita di coloro che credono. La certezza su di Lui si innalza non in una costruzione di pensieri, ma nell’esperienza di fatti che accadono.
Da Angelo Busetto, "La traversata", Edizioni Itaca, pp.17-19