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UN CAMMINO GIOVANE

Spumeggia dai siti internet, ma non molte spruzzate arrivano nella stampa usuale e nel parlare comune. Il Sinodo dei Vescovi in corso a Roma continua tuttavia ad aprire ventagli di interesse sui ‘giovani’, nella società e nella chiesa, nelle famiglie e nei gruppi. Che cosa permette agli adulti, e in specie a genitori ed educatori, di intercettare la domanda dei giovani, prima che venga appiattita nella comune omologazione o si spenga nella rassegnazione?

Ad accendere il fuoco non basta più il richiamo a una tradizione ricca di valore e di valori e illuminata da presenze significative di santi, preti, suore, laici. Nemmeno la provocazione a buone decisioni, a ideali e prospettive di rinnovamento, o l’invenzione di nuovi progetti e programmi, di iniziative originali e coinvolgenti, arrivano a svegliare l’interesse e a muovere la partecipazione.

Che cosa è successo quando il cristianesimo è apparso la prima volta sulla soglia della storia? Un fenomeno nuovo, un fatto imprevedibile suscitato da una radicale iniziativa di Dio. Una ‘cosa impossibile all'uomo’ scuote una ragazza di nome Maria. Un invito discreto ma deciso mette Giovanni e Andrea sulle tracce dell’Uomo atteso e sconosciuto. Inizia una scoperta affascinante che risveglia la voglia di partecipare all’avventura del vivere.  Ha continuato ad accadere. Anche a noi. Una scossa, un turbamento, un cambiamento, una rivoluzione, un amore, un attaccamento, una scoperta di se stessi, corpo e anima, cuore e ragione, tempo ed eternità. Abbiamo ancora sotto gli occhi il fatto che ci ha risvegliato, la persona che abbiamo incontrato, l’avvenimento che ci ha preso dentro una compagnia di amici, conquistati da un’invincibile attrattiva.  Quale vento potrà risvegliare una brezza che raggiunga i giovani delle nostre strade, delle scuole, dei siti internet? Un luogo dove tornare a ‘dire io’ con verità, una spinta ad andare oltre.

Per una mattinata domenicale, la città viene invasa da una frotta di giovani: gioco, canti, pranzo, testimonianze. Un’esperienza di bellezza e di unità, un’amicizia che apre il cammino. E’ accaduto a Chioggia e in altre città. Continua ad accadere in vari modi, non con i fuochi di paglia della festa che subito finisce, ma con l’attrattiva di una strada che si apre. Un cammino dove tutto quello che succede aiuta a crescere nella consapevolezza di che cosa è importante. Imparare a giudicare, ad amare, a starci all’avventura della vita. Come la spia d’accensione dell’auto, come il primo fiotto d’acqua alla sorgente, come il desiderio del sole al mattino.                    L’accadere di questo avvenimento chiama in causa la grazia di Dio e provoca gli adulti – genitori ed educatori -  a non ripiegarsi a contare i passi del cammino, ma a lanciarsi – essi per primi - al sèguito del Maestro e Signore della vita.

 

NUOVA NAVIGAZIONE

Due fenomeni si rincorrono quando un sacerdote esce dalla parrocchia in cui ha prestato servizio ed entra in un'altra. L'uscita rappresenta uno stacco da persone, attività, programmi, luoghi. È un allontanamento dalla casa e dalla famiglia, da una impostazione di vita e di lavoro, di orari e di programmi. Il nuovo ingresso ha il timore dell'incertezza e l'attrattiva della novità, il richiamo della scoperta di persone e cose e lo slancio verso un futuro ignoto ma promettente. Qualcosa di simile accade anche nei parrocchiani più fedeli e partecipi. Anch'essi avvertono la scossa dell'uscita e la prospettiva del nuovo ingresso. Quando la fede è desta, il senso della Chiesa è vivo e il desiderio è ardente, può avvenire nelle persone un sommovimento positivo che sospinge a valorizzare quanto si è vissuto con il parroco ormai partito, e che si apre a un nuovo slancio. La fede è sempre una strada di scoperta, e compagni e guide nel cammino costituiscono sempre una novità.
Accade anche che il 'vecchio parroco' non venga lanciato in una nuova avventura pastorale, ma vada a planare ai margini di un campo dove rimane in panchina a godersi la partita giocata da altri protagonisti. Non gli spettano né le strategie né le dritte da lanciare ai giocatori, né i passaggi di palla, né i tiri in porta. Il 'vecchio parroco' è chiamato a svolgere pochissime mansioni di supporto - forse come il ragazzo raccattapalle o che porge la bottiglietta d'acqua. L'unica, infinita partita che gli resta da giocare è nel suo rapporto con il Responsabile ultimo della squadra, con il quale potrà indugiare in silenziosi colloqui, facendosi accompagnare dall'esperienza dei santi più contemplativi. Per il resto, rimane disposto agli scambi, fortuiti e occasionali, con chi gli accadrà di incrociare.
Nella nuova partita il silenzio conta più della parola, la testimonianza più dell'organizzazione, la santità più dell'abilità. Il campo d'azione è sgombro di ogni strategia, liberato da ogni strumentazione, per un gioco libero che assecondi il vento della grazia. Una condizione siffatta provoca un’uscita da se stessi, domanda povertà di spirito, fiducia nell'opera misteriosa del Signore e apertura ad ogni persona. Come non mai, nessuna delle nuove persone incontrate potrà venire qualificata a seconda delle doti e delle prestazioni, ma dovrà essere accolta nella sua realtà di giusto e peccatore, di giovane o vecchio, piacevole o importuno. Si naviga come una barchetta a rimorchio dei grandi barconi della flotta della Chiesa, raccattando qua e là un relitto o un naufrago, lanciando un salvagente o un pezzo di corda, godendosi l'avventura del viaggio e l’ebbrezza della libertà di spirito. Fino all'arrivo al porto finale dove, presto o tardi, tutte le piccole e le grandi imbarcazioni vengono a raccogliersi.

L’uomo si gira e rigira sulla sedia. I dubbi diventano tormento, le domande non si esauriscono. Scandalizzato per il male nel mondo, che nessuno riesce a fermare, chiama in causa Dio. Dichiara che Dio è solitario nell’eternità, e non aveva alcun bisogno di creare uomini che ne combinano di tutti i colori. Dio solitario entra in rapporto con il Figlio solo quando questi appare a Betlemme, diventando uomo per tentare di rimediare il peccato dell’uomo…
In questa ondata di catechèsi bislacca e di teologia sbagliata, nessuna traccia del Dio Trinità, fatto di intelligenza e amore, liberamente traboccante di vita per creare un mondo ‘buono’ e la creatura umana – uomo e donna – ‘molto buona’.
E’ dunque così cattivo il mondo, sono così perversi gli uomini, da non meritare di esistere? Ha sbagliato Dio a creare tutto ciò che esiste? Questa persona turbata si rialza con un supremo atto di fede cieca, abbandonandosi a un Dio incomprensibile e sperando nel giorno in cui vedremo tutto e tutto sarà chiaro.
Tuttavia, come rassegnarsi a questa riduzione di Dio e all’immiserimento dello sguardo sull’uomo? “Io sono contento di esserci; – dico appassionatamente – sono contento che tu ci sia”. Che ci siano le colonne del tempio e il tempio, il sole sulle vetrate e la gente che entra a visitare e pregare.
Di che cosa dunque viviamo? Che cosa fa rivivere e respirare, fa rialzare il capo e dona energia? Che cosa vince il ‘deserto e vuoto’ privo del ristoro di un’oasi e dell’ombra di una pianta? Che cosa rinnova la lucidità dello sguardo e il calore della speranza? Che cosa ripristina il gocciolio della fontana della fede, e riaccende lo sguardo sulla luce del mondo?
“Guardate gli uccelli del cielo e i gigli del campo…” “Vedete il Dio che fa sorgere il sole sui giusti e sui peccatori”. Hanno sentito Cristo parlare e l’hanno visto camminare per le strade del mondo. Come Natalanaele al suo primo incontro con Gesù: in un istante passa dalla diffidenza di chi non si aspetta nulla - men che meno da Nazaret - alla viva percezione di avere incontrato il Salvatore atteso. Come Pietro, che non si ritrova nelle risposte della gente, e vede in lui il Figlio di Dio. Cristo cambia lo sguardo sul peccatore, che si converte; sulla donna perduta, che si ravvede; sul traditore, che viene condannato; sul mondo, condotto a generare cieli nuovi e terra nuova.
Guardiamo la realtà con gli occhi della samaritana che grida di aver incontrato il messia, della donna che gli bagna i piedi di profumo. Con un amore personale, un riconoscimento del cuore, uno sguardo nuovo come quando si sperimenta di essere amati.

IN CERCA DEL CRISTIANESIMO

A fine estate, un'ultima grazia. Non solo il prolungarsi delle giornate di sole, ma la bellezza di nuovi incontri. Arrivi a toccare l'essenziale che entra nell'anima con la scansione delle ore della giornata. "Andiamo a letto come le galline e ci alziamo come i galli", dice sorridendo la monaca sagrestana. Assai prima del canto del gallo le monache trappiste di Vitorchiano, nei pressi di Viterbo, rispondono al primo tocco della campana. Non è particolarmente difficile svegliarsi alle 3 del mattino, se Compieta è alle 19 e vai a letto verso le 20.
La schiera delle settanta e più monache disposte in due file negli stalli della chiesa del monastero ha la solennità e l'evidenza di un popolo. Spuntano alcuni veli bianchi e qualche vestito normale che distinguono le giovani novizie e le postulanti. Presto una decina di monache andrà in Portogallo per una nuova fondazione che si aggiunge alle 7-8 già realizzate in vari continenti.
Nella foresteria del monastero tutto è ordinato e composto al millimetro, gli oggetti della camera e quelli della sala da pranzo. Sei coinvolto per la pulizia e l'ordine: le tre chiavi per l'accesso ai vari locali, i bidoncini distinti per le pulizie, gli orari e la campanella di avviso delle ore di preghiera, i libretti e i fogli per la celebrazione delle ore.
Prima della Messa ecco le sàpide confidenze e le dritte dell’anziano monaco celebrante, fiammingo: "A 5 anni mia mamma mi ha insegnato a lavarmi le mani da solo, e ancora faccio così nella messa” (Non vuole essere aiutato all'offertorio). "Quando sbagliate nelle celebrazioni, cercate di farlo con solennità...".
Nel ritmo delle sette ‘ore’ della preghiera corale, la giornata trascorre tra lavoro e silenzio, con il privilegio di qualche dialogo personale. Vivere per Cristo, nella sua compagnia esteriore e interiore, ricompone la struttura della persona, ne segna il destino, provoca tutte le energie e apre il cuore alla felicità.
Entrando appena nel tessuto di queste vite consacrate a Dio, sorge l’impulso a sollecitare i cristiani a conoscere e visitare luoghi nei quali la fede è proclamata e vissuta. Oggi il deserto d'ignoranza non riguarda più solo la conoscenza dei contenuti della fede ma si allarga nel vuoto di esperienza, come se il cristianesimo non vivesse più da nessuna parte e Cristo fosse sprofondato nella buca del sepolcro. Andate a vedere dove la fede vive, dove ci sono ancora mura che custodiscono una Presenza, dove i campi arati fioriscono con il lavoro di mani e macchine che lodano il Signore, dove la fede diventa forma di vita personale e comunitaria, interiore ed esteriore. Visitate santuari dove si riconosce l’intervento di Dio e dove il popolo di Dio ancora prega. Riconoscete luoghi di esperienza vissuta come la cittadella di Loppiano, come il Meeting di Rimini, come la Comunità Giovanni XXIII di don Benzi. Visitate luoghi di cura e assistenza e incontrate famiglie e persone dove si prega, si ama, si vive la fede e l’amore a Gesù spalancando cuore e porte al mondo.
Nel disfacimento dell'umano, nello spappolamento della società civile e del popolo cristiano, Cristo ancora vive e attrae.

SILENZIO SUL COLLE

Tre giovani vietnamiti, sette africani, due sacerdoti brasiliani, otto suore di quattro diverse congregazioni, tre sacerdoti provenienti da tre diocesi, un diacono che diventa prete a fine mese in una diocesi italiana, e un certo numero di sacerdoti di una stessa congregazione: un piccolo mappamondo della chiesa cattolica, quattro continenti su cinque. La geografia si intreccia con la storia. Nel cammino intrapreso con gli Esercizi spirituali che da domenica sera a venerdì pomeriggio – secondo tradizione - riempiono di silenzio la casa sul colle, ci è dato il tempo per scendere nella profondità del cuore e domandarci chi siamo e che cosa desideriamo, guardando le stelle del cielo e i passi della vita.

Il primo spunto viene dal video della testimonianza di una giovane mamma che racconta della malattia del marito, e della grazia che l’ha accompagnata. Risaliamo alla prima mossa della storia di Abramo; incrociamo i due discepoli che abbandonano il Battista per seguire Cristo; ci imbattiamo in Gesù che invita Zaccheo: "Scendi subito; oggi devo fermarmi a casa tua"; è il binario della settimana, dalla tappa del desiderio alla conversione del cuore e delle mani. Ripercorriamo il fiume dei primi discepoli, che sbocca nel mare della storia della Chiesa rinnovata da Benedetto e dai suoi monaci, sospinti dal desiderio di ‘cercare Dio’. Chiara d'Assisi e il suo maestro Francesco, Ignazio e tutti i fondatori di congregazioni religiose e di gruppi sbocciati nella Chiesa, danno colore alla nostra convivenza e ci rendono partecipi della fioritura di chi ha incontrato il Signore e se ne è lasciato toccare: una memoria che fa vivere il presente. Viene mattina e viene sera, con le due meditazioni che ci buttano a nuotare con ampie bracciate. Interviene l’accento di alcuni autori che segnano i passaggi dell’avventura cristiana, come Guardini e Giussani, e di alcuni poeti che scalpellano i volti e danno carne alle parole. Ecco il grande Eliot, con l'immagine della chiesa che sempre decade e sempre è da edificare; il francese Claudel che nell’Annuncio a Maria costruisce la cattedrale con il cuore e le mani di Pietro di Craon; il suggestivo Péguy con le sue martellanti insistenze. Percorriamo il denso cammino dei monaci di Tibhirine e riconosciamo il permanere del nostro bisogno attraverso la ‘goccia’ di Chopin.

Come un aliante sulla collina, il desiderio del cuore plana nell’abbraccio della familiarità con Cristo. Il sole che fa brillare la croce della Chiesa sul colle, e il dolce panorama che avvolge la casa e si allarga sulle cittadine distese sulla pianura, aprono lo spazio del presente e del futuro. La spruzzata di pioggia dell’ultimo giorno ci invita a scendere a valle, dove altra gente ci attende.

MONTAGNE DI STORIA

Cento milioni di anni fa qui si stendeva una laguna come oggi la si vede alle Bahamas. Qui, dove ora si innalzano le vette delle Dolomiti sullo scenario di San Martino di Castrozza. Dio ha impiegato tutti questi anni per mostrarci lo spettacolo della sua bellezza. Il suo dono fiorisce nella lenta pazienza del tempo, avvenimento dopo avvenimento, goccia dopo goccia, battito su battito.
Anche tutto il procedere della nostra storia personale alza oggi il sipario e si svela come un panorama di monti che sorgono dalla profondità del tempo. Ce ne accorgiamo con una sorpresa di incanto. Succede come nel procedere della storia sacra. Come poteva Abramo, il primo chiamato, contare le stelle e numerare i granelli di sabbia per elencare la fila di uomini e donne che avrebbero portato a compimento la sua storia, arrivando a coinvolgere pure noi? Come poteva Maria immaginare il passaggio di generazione in generazione di tutti coloro che l'avrebbero chiamata beata?
Nelle svolte del tempo, il panorama della vita si chiarisce ad ogni passaggio, svelando le tessere del disegno che sgorga dalla profondità del mistero. Come in un poster nel quale - una foto dopo l'altra - gli amici hanno raccolto i fatti di una, le perle della collana, lo scorrere di strade e sentieri, di giorni e di ore. La semente è fiorita in una pianta, l'albero ha allargato i cerchi degli anni, i volti nuovi sono sopraggiunti componendosi con quelli di chi già c'era. Non è solo la potenza di una fioritura che germoglia. È la grazia nuova delle persone che si incontrano, dei maestri che riaprono il percorso e delle guide che accompagnano, della compagnia che si moltiplica e si infittisce.
Noi siamo la storia che abbiamo vissuto, siamo le persone che abbiamo incontrato, gli amici che abbiamo amato, gli ostacoli che abbiamo superato, i pericoli che abbiamo sfiorato, le contraddizioni che abbiamo subito, le ferite che ci hanno toccato, le grazie che abbiamo ricevuto, le coincidenze che ci hanno esaltato. Tutto - meravigliosamente - è diventato tua carne e tue ossa, purificato dalla grazia del perdono, salvato dal sangue della croce, alimentato dal pane del cammino.
Continuano le trasmigrazioni di Abramo e il deserto di Mosè, la traversata dei discepoli sul lago, la tempesta sedata e la pesca miracolosa. Lui, il Signore riconosciuto da Giovanni e abbracciato dalla Maddalena, ha acceso il fuoco e ha cucinato i pesci e ti attende ancora sull'ultima spiaggia, scrutandoti con la grazia di una domanda tante volte ripetuta: "Mi ami tu?".

LA RICERCA DELLA FELICITÀ

Agili fascicoli raccontano episodi mirabolanti di gente guarita da malattie strane e depressioni rovinose; rapidi dépliant annunciano la venuta in città del famoso psicoterapeuta, che presenta l’ultimo best-seller. Ed ecco un libro regalo per il compleanno dell'amica, nel quale si descrive il 'potere della mente' che realizza interamente ogni potenzialità. Giornali e riviste catturano l’attenzione con diete personalizzate e prescrizioni analitiche sulle 20 cose da fare e altrettante da evitare per una vita ecologica. Amici generosi si prendono cura di te inviandoti giorno per giorno una scenetta di sorriso e di augurio.
La ricerca della felicità invade tutti i settori dell’esistenza e ne percorre tutti i livelli, come i ponti delle autostrade che si intersecano alle periferie delle grandi città, mostrando come uscire dal groviglio delle cose che accadono. Ciascuno elabora un personale prontuario di prescrizioni, formula un proprio galateo che gli promette di stare in pace con sé stesso e con il mondo. A lato di tutto questo, un diluvio di oroscopi e di previsioni fa scendere dalle stelle e dai pianeti il destino di ogni giornata. Aggiungi la succulenta spalmata di santoni e cartomanti televisivi che maneggiano con solerte abilità il presente e il futuro, gli affetti e i soldi.
Dove conducono questi sentieri? Che cosa contengono queste scatole magiche? Meglio l'illusione di un giorno che non la disperazione di una vita!? L'impotenza umana non si rassegna e la promessa vale più della sua realizzazione.
Alla fine della strada, quando si intravvede il vuoto finale e non basta la corda per agganciare il futuro, che cosa ancora rimane da sperare? Quando le illusioni svaniscono e le speranze sono bruciate, che cosa si raccoglie dalla cenere?
Finalmente, sul filo dell’orizzonte, intravedi un corteo di gente che procede dietro a una croce, portando ciascuno in cuore la promessa che gli è stata consegnata nel giorno del Battesimo, e in mano il Vangelo della vita. Cantano e pregano e si accompagnano l’un l’altro lietamente. Ogni tanto qualcuno si stacca, indugia ai bordi della strada, e viene poi riagganciato dal gruppo successivo. Qualcuno che viene da lontano si inserisce nel corteo. Chi conosce la strada sostiene il cammino di tutti verso la mèta riconosciuta. La parabola del viaggio non si perde nel pantano, ma emerge dall’origine della vita e si apre al compimento. Brilla la luce del Maestro, con il soccorso dei sacramenti, il sostegno della compagnia di testimoni e di santi, che rinnovano il coraggio per la grande impresa. La ricerca della felicità non vive di illusioni, ma avanza decisa nella certezza di una grande promessa.

Il FIUME DELLA TRINITÀ

Ci si prova con i dipinti di Giotto che disegnano la vita di Gesù nella Cappella degli Scrovegni, e un po’ si riesce a farsi capire. Non è immediato comunicare i contenuti della fede cristiana a persone che la domandano con desiderio, ma ne sono completamente estranee e patiscono la difficoltà della comunicazione linguistica. Improvvisamente tutto diventa più scorrevole quando si mostra la corona del Rosario; il racconto del Vangelo produce subito un vivace riverbero quando gli episodi della vita di Gesù si agganciano allo scorrere delle decine del Rosario. Ogni decina un fatto. Semplicissimo. La fede cristiana nasce dal racconto.
Nella stessa serata, il fioretto mariano che introduce alla festa della Trinità ci riporta in chiesa dal giro lungo le strade; riscopriamo Dio Trinità narrato esplicitamente almeno in quattro misteri - annunciazione, battesimo, trasfigurazione, pentecoste; almeno in altri sette la Trinità risalta sullo sfondo: nascita di Gesù, presentazione al tempio, ritrovamento dei 12 anni, morte di Gesù, Risurrezione, ascensione, Assunta; in tutti, la riscontriamo all'opera. La Trinità si scopre in azione, assai prima di studiarla nei libri di teologia. Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, ricordata dalla liturgia nello stesso giorno, ci fa navigare con lo Spirito Santo che ‘parte dall’essenza del Padre, dal compiacimento del Figlio e viene come fonte diffondendosi nell’anima e l’anima si annega in lui”; due fiumi - la Trinità e la persona umana - ‘si uniscono insieme in tal modo che il minore di essi lascia il suo nome prendendo quello del maggiore’.
Accade non solo ai mistici ma anche nella vita dei semplici cristiani, che si scoprono figli voluti e amati da Dio Padre che ci precede nell'eternità, nascosto nel profondo della creazione e nell'alto dei cieli infiniti. Camminiamo accanto al Dio Figlio mandato a riscaldarci il cuore come ai discepoli di Emmaus, e arriviamo a poggiare le nostre labbra su di Lui nel bacio dell'Eucaristia. Respiriamo il Dio Spirito Santo che ci fa amare lo sposo e l'amico e lo straniero e il malato con l'impulso della sua eterna carità. Qualcuno domanda: "Come è fatto Dio?”. Guardiamo i cieli e la terra, camminando di notte sotto le stelle e vedendo sorgere l'astro del mattino. Ma più di tutto guardiamo il Figlio Gesù quando usciamo di casa nel primo chiarore del giorno, per andare a pregare come Lui faceva, e poi entrare nel lavoro della vita con il vigore della sua compagnia. Con Gesù preghiamo il Padre perché mandi la sapienza e la forza dello Spirito, per compiere il miracolo della guarigione del cuore e dell'anima, come accadde per la risurrezione di Lazzaro. Dio Padre e Figlio e Spirito Santo ci fa diventare amici e commensali, convocati alla tavola dell’agnello come nel quadro in cui Rublev disegna la Trinità. La Trinità sgorga come torrente nella vita dei giorni, sciogliendo il cuore e ringiovanendo le facce.
La prossima settimana la famiglia straniera potrà fare un altro passo nella scoperta del Mistero cristiano. Il Dio di Abramo, che si è mosso dall’antica patria attraversata dai due fiumi, ci incontra oggi sulle rive di una città tra mare e laguna.

Ai bambini serve la verità non un certificato bugiardo

di Costanza Miriano

Volevo avvisare il collega che ha scritto del bambino registrato come figlio di due madri a Torino che io capisco l’entusiasmo, ma purtroppo con tutta la benevolenza possibile verso la vicenda non si può, assolutamente non si può scrivere che “due donne lo hanno partorito” all’estero. Mi dispiace, nel caso non sia mai stato in una sala parto glielo dobbiamo svelare noi: è proprio tecnicamente impossibile. Un bambino passa da un canale del parto. Uno solo. Si possono fare violazioni alla natura in laboratorio, come mettere un embrione dall’ovulo di una donna e dallo spermatozoo di un uomo nell’utero di un’altra, per quanto in Italia sia vietato. Ma proprio non si può partorire in due. Questo tanto per stare ai fatti.

Fatta la piccola precisazione tecnica, volevo dire che registrare dei bambini come figli di “due madri” o “due padri” come avvenuto recentemente a Torino e Roma, non è solamente una bugia, perché nessuno ha due madri o due padri, e c’è sempre una terza persona che viene cancellata con un clic, ma nella realtà esiste. Non è solo una violazione della legge, un monstrum amministrativo e un’azione che disprezza la più grande mobilitazione spontanea di piazza degli ultimi anni in Italia. Chi se ne fregherebbe, se fosse davvero per tutelare dei bambini. Se fosse davvero che questi bambini si sentono discriminati, ma un foglietto col timbro li facesse sentire meglio, davvero, sarei anche io per sanare questo dolore anche andando fuori legge. Il dramma è che a questi bambini, a cui è stato scientemente e programmaticamente tolto il rapporto con un genitore per una decisione arbitraria e unilaterale, la sofferenza non la toglierà mai nessuno. Non un atto amministrativo, non un foglietto in cui sta scritto “figlio di due mamme”.

Giustamente il bambino verrà protetto e la sua riservatezza tutelata, ma mi piacerebbe molto sapere come si sentirà a sedici anni, a diciotto, ma anche prima, quando starà costruendo la sua identità maschile e saprà che un uomo, che è biologicamente suo padre, esiste, deve esserci per forza, ma non ha fatto il suo dovere, e che le due donne che lui chiama mamma hanno deciso questo per lui. Sono assolutamente certa che il fatto di avere un timbro del comune non gli toglierà un briciolo di fatica. Anzi. Al contrario. Vorrà sapere che occhi ha quest’uomo, che pensa, cosa gli piace, che squadra tifa, se anche lui ogni tanto non capisce le femmine, e un po’ gli piacciono un po’ non le sopporta.

A Roma in una scuola hanno abolito la festa della mamma per non far sentire discriminato un bambino a cui due maschi hanno tolto la sua, per soddisfare il loro desiderio di paternità. Purtroppo però quel bambino non si sente discriminato perché gli altri festeggiano, ma perché loro ce l’hanno la mamma, e lui no. Il primo passo per guarire dal dolore è dire la verità. A un bambino che soffre di una mancanza bisogna dare l’aiuto necessario a farci i conti, non se ne fa niente delle bugie. Altrimenti gli si toglie il suo grande, indisponibile diritto: quello di essere arrabbiato con la sua storia, quello di avere una storia diversa dagli altri, nella quale c’è stata una frattura del corso naturale degli eventi, una scelta artificiosa che ha interrotto il corso naturale della vita, e che è stata possibile grazie a un intervento di molte persone, di medici e laboratori, e di soldi, tutte cose che alla trasmissione della vita dovrebbero essere estranee.

A questo punto le due parti, quelle favorevoli e quelle contrarie alle famiglie con due adulti dello stesso sesso, cominciano a sfoderare studi clinici di segno opposto, che dimostrano inconfutabilmente come i bambini a) stanno benissimo e sono più sereni che nelle famiglie naturali, perché quello che conta è l’amore b) sviluppano problemi psicologici legati all’identità e al bisogno di conoscere le proprie origini. Ma mentre del fatto che si possa (è possibile, non scontato) crescere equilibrati in famiglie naturali abbiamo fatto esperienza per migliaia di anni, onestà intellettuale vorrebbe che i sostenitori delle magnifiche sorti e progressive delle famiglie con un genitore accompagnato a uno dello stesso sesso ammettessero che il campo di studio di queste vicende è troppo giovane per affermare con certezza che una volta adulti questi bambini riusciranno a fare i conti con la ferita della mancanza.

Voglio cercare di essere onesta intellettualmente: credo che l’essere umano sia un congegno meraviglioso con ottime risorse autoriparative. (Dal mio punto di vista credo anche che sia sempre l’amore di Dio a colmare tutte le lacune della nostra esistenza, ma questo è un altro tema). Penso che gli umani possano trovare il modo di farcela anche in condizioni estreme. Credo però che si possano suturare solo le ferite che riconosciamo. Un certificato bugiardo, che dice a un bambino che ha due madri e nessun padre, cosa che biologicamente NON è la verità, toglie al piccolo anche il diritto a essere arrabbiato con la sua storia, se vorrà esserlo. Gli dice che è tutto normale quello che è successo, quando non lo è.

Sono sicura che i bambini che sono stati da poco registrati con “due madri” o “due padri” saranno amatissimi. Sono stati cercati, sono costati impegno, energie, anche soldi. Sono voluti e saranno seguiti, con attenzione, cura, impegno. Non possiamo sapere, onestamente, come se la caveranno. Ma come tutti i ragazzi dovranno fare a pugni con i loro genitori. Dovranno ribellarsi, odiarli a volte, criticarli e poi farci la pace. Dovranno sapere che è giusto essere arrabbiati per non poter conoscere uno dei genitori. Dovranno sapere che è loro diritto sentirsi diversi, perché lo sono. Allo stesso modo un bambino adottato vuole sapere cosa è successo – conosco ottantenni che ancora si arrovellano per capire che fine abbiano fatto i suoi veri genitori: ma per chi è adottato è diverso. I genitori hanno accolto un bambino che aveva una mancanza, non l’hanno creata artificiosamente. Un certificato che dice loro che è tutto regolare, non solo non risolve niente, ma dicendo che “va tutto bene”, che “è normale e regolare” priva queste persone del diritto di fare i conti con la loro storia. Di essere inquieti, di dire no, non ho due madri. Ho una madre, un’altra persona che mi ama, e un padre che non c’è stato, e sono molto arrabbiato per questo.

...continua a leggere "Due madri? di Costanza Miriano"

I GIORNI DELLA VITA

Una celebrazione intensa e vera; le due sorelline, con occhi sbarrati o alternativamente in braccio ai nonni o intente a perlustrare non so quale oggetto sotto i banchi, partecipano senza alcun eccesso, come pure altri bambini presenti. L'acqua del Battesimo viene versata tre volte sul capo del fratellino, mentre il canto, classico e vibrante, conduce l'assemblea ad assaporare la profondità del mistero. Un nuovo bambino viene guardato come figlio dal Padre, riconosciuto come fratello da Gesù Figlio di Dio, custodito nell'amore dello Spirito.
Subito dopo la celebrazione il padrino sparisce. Anche nella sua famiglia c'è stata in questi giorni una nascita. Una bimba. Sembra abbia dei problemi. Il giorno dopo veniamo avvisati che la situazione sta precipitando e i genitori decidono di amministrare il Battesimo alla piccola; il papà stesso versa sul capo della bambina poche gocce dell'acqua battesimale. In seguito uno zio sacerdote arriva a benedire mamma, papà e figlia. I genitori avvertono di essere gratificati di una grande consolazione; sono loro stessi a confortare amici e parenti che li contattano per avere notizie. Dopo due o tre giorni la fragile vita della bambina si spegne.
Questo accade nella settimana nella quale rimbalza sui social la notizia del piccolo Alfie, il bambino inglese affetto da grave malattia, per il quale i giovani genitori si trovano in conflitto con la legge inglese, che pretende di interromperne la vita. Il papà vola in Vaticano e Papa Francesco lo riceve personalmente. Il mistero della vita si colloca al centro del cuore, e paradossalmente diventa oggetto di contesa. Le leggi dello Stato inglese - che veniva proclamato come il più democratico del mondo - non ammettono che 'quel' bambino continui a vivere; i ‘giudici’ impediscono persino di lasciarlo ai genitori, che avrebbero già trovato altrove – anche in Italia - la dovuta accoglienza. Il Papa ribadisce e conferma che "l'unico padrone della vita dall'inizio e alla fine naturale è Dio".
Nel nostro mondo rovesciato, siamo diventati padroni di tutto. Lo Stato si riprende l'antico potere spartano di eliminare i figli deboli e non concede nemmeno la libertà di prendersene cura.
Come ai primi tempi del cristianesimo, come nei periodi di barbarie, come nel buio crudele del nazismo e del comunismo bolscevico, si apre davanti a noi la via per testimoniare una libertà più grande, un amore più vero, una ribellione più umana, che permetta di amare la vita bella e quella debole, i figli nostri e quelli degli altri. La via che conduce a sperimentare una paternità più grande e una fraternità più umana, che ci lasci amare figli e fratelli ed estranei per il tempo e per l'eternità.

PS. La sera prima del funerale della bambina battezzata a poche ore dalla nascita, le due sorelline di cui sopra, prima di addormentarsi nei lettini, dialogano con il loro papà; la più grandicella dice che la bambina è andata in cielo. “Perché?”, domanda il papà. “Perché Gesù l’ha chiamata”. La più piccolina alza il braccino e indica il crocifisso alla parete e dice: “Lui, Lui”. Il dialogo prosegue come in un cielo di angeli. Il mondo ricomincia dai bambini.