di Costanza Miriano
Volevo avvisare il collega che ha scritto del bambino registrato come figlio di due madri a Torino che io capisco l’entusiasmo, ma purtroppo con tutta la benevolenza possibile verso la vicenda non si può, assolutamente non si può scrivere che “due donne lo hanno partorito” all’estero. Mi dispiace, nel caso non sia mai stato in una sala parto glielo dobbiamo svelare noi: è proprio tecnicamente impossibile. Un bambino passa da un canale del parto. Uno solo. Si possono fare violazioni alla natura in laboratorio, come mettere un embrione dall’ovulo di una donna e dallo spermatozoo di un uomo nell’utero di un’altra, per quanto in Italia sia vietato. Ma proprio non si può partorire in due. Questo tanto per stare ai fatti.
Fatta la piccola precisazione tecnica, volevo dire che registrare dei bambini come figli di “due madri” o “due padri” come avvenuto recentemente a Torino e Roma, non è solamente una bugia, perché nessuno ha due madri o due padri, e c’è sempre una terza persona che viene cancellata con un clic, ma nella realtà esiste. Non è solo una violazione della legge, un monstrum amministrativo e un’azione che disprezza la più grande mobilitazione spontanea di piazza degli ultimi anni in Italia. Chi se ne fregherebbe, se fosse davvero per tutelare dei bambini. Se fosse davvero che questi bambini si sentono discriminati, ma un foglietto col timbro li facesse sentire meglio, davvero, sarei anche io per sanare questo dolore anche andando fuori legge. Il dramma è che a questi bambini, a cui è stato scientemente e programmaticamente tolto il rapporto con un genitore per una decisione arbitraria e unilaterale, la sofferenza non la toglierà mai nessuno. Non un atto amministrativo, non un foglietto in cui sta scritto “figlio di due mamme”.
Giustamente il bambino verrà protetto e la sua riservatezza tutelata, ma mi piacerebbe molto sapere come si sentirà a sedici anni, a diciotto, ma anche prima, quando starà costruendo la sua identità maschile e saprà che un uomo, che è biologicamente suo padre, esiste, deve esserci per forza, ma non ha fatto il suo dovere, e che le due donne che lui chiama mamma hanno deciso questo per lui. Sono assolutamente certa che il fatto di avere un timbro del comune non gli toglierà un briciolo di fatica. Anzi. Al contrario. Vorrà sapere che occhi ha quest’uomo, che pensa, cosa gli piace, che squadra tifa, se anche lui ogni tanto non capisce le femmine, e un po’ gli piacciono un po’ non le sopporta.
A Roma in una scuola hanno abolito la festa della mamma per non far sentire discriminato un bambino a cui due maschi hanno tolto la sua, per soddisfare il loro desiderio di paternità. Purtroppo però quel bambino non si sente discriminato perché gli altri festeggiano, ma perché loro ce l’hanno la mamma, e lui no. Il primo passo per guarire dal dolore è dire la verità. A un bambino che soffre di una mancanza bisogna dare l’aiuto necessario a farci i conti, non se ne fa niente delle bugie. Altrimenti gli si toglie il suo grande, indisponibile diritto: quello di essere arrabbiato con la sua storia, quello di avere una storia diversa dagli altri, nella quale c’è stata una frattura del corso naturale degli eventi, una scelta artificiosa che ha interrotto il corso naturale della vita, e che è stata possibile grazie a un intervento di molte persone, di medici e laboratori, e di soldi, tutte cose che alla trasmissione della vita dovrebbero essere estranee.
A questo punto le due parti, quelle favorevoli e quelle contrarie alle famiglie con due adulti dello stesso sesso, cominciano a sfoderare studi clinici di segno opposto, che dimostrano inconfutabilmente come i bambini a) stanno benissimo e sono più sereni che nelle famiglie naturali, perché quello che conta è l’amore b) sviluppano problemi psicologici legati all’identità e al bisogno di conoscere le proprie origini. Ma mentre del fatto che si possa (è possibile, non scontato) crescere equilibrati in famiglie naturali abbiamo fatto esperienza per migliaia di anni, onestà intellettuale vorrebbe che i sostenitori delle magnifiche sorti e progressive delle famiglie con un genitore accompagnato a uno dello stesso sesso ammettessero che il campo di studio di queste vicende è troppo giovane per affermare con certezza che una volta adulti questi bambini riusciranno a fare i conti con la ferita della mancanza.
Voglio cercare di essere onesta intellettualmente: credo che l’essere umano sia un congegno meraviglioso con ottime risorse autoriparative. (Dal mio punto di vista credo anche che sia sempre l’amore di Dio a colmare tutte le lacune della nostra esistenza, ma questo è un altro tema). Penso che gli umani possano trovare il modo di farcela anche in condizioni estreme. Credo però che si possano suturare solo le ferite che riconosciamo. Un certificato bugiardo, che dice a un bambino che ha due madri e nessun padre, cosa che biologicamente NON è la verità, toglie al piccolo anche il diritto a essere arrabbiato con la sua storia, se vorrà esserlo. Gli dice che è tutto normale quello che è successo, quando non lo è.
Sono sicura che i bambini che sono stati da poco registrati con “due madri” o “due padri” saranno amatissimi. Sono stati cercati, sono costati impegno, energie, anche soldi. Sono voluti e saranno seguiti, con attenzione, cura, impegno. Non possiamo sapere, onestamente, come se la caveranno. Ma come tutti i ragazzi dovranno fare a pugni con i loro genitori. Dovranno ribellarsi, odiarli a volte, criticarli e poi farci la pace. Dovranno sapere che è giusto essere arrabbiati per non poter conoscere uno dei genitori. Dovranno sapere che è loro diritto sentirsi diversi, perché lo sono. Allo stesso modo un bambino adottato vuole sapere cosa è successo – conosco ottantenni che ancora si arrovellano per capire che fine abbiano fatto i suoi veri genitori: ma per chi è adottato è diverso. I genitori hanno accolto un bambino che aveva una mancanza, non l’hanno creata artificiosamente. Un certificato che dice loro che è tutto regolare, non solo non risolve niente, ma dicendo che “va tutto bene”, che “è normale e regolare” priva queste persone del diritto di fare i conti con la loro storia. Di essere inquieti, di dire no, non ho due madri. Ho una madre, un’altra persona che mi ama, e un padre che non c’è stato, e sono molto arrabbiato per questo.