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RESILIENZA COME RISURREZIONE

Resilienza è assai più di resistenza. Resilienza è la capacità di accompagnare l'onda dell'uragano trasformandola in motrice di bene. Non è appena uno spirito di adattamento o una positività di atteggiamento. Resilienza è la spugna secca e imbevuta d'acqua e strizzata, che ritorna sempre al formato iniziale. È la posizione di chi non si limita a vedere il bicchiere mezzo pieno, ma utilizza anche quello mezzo vuoto. E’ un uomo che, dentro un contesto di guerra e distruzioni, riesce a condurre una vita ‘normale’, andando al lavoro e portando a scuola i bambini.                        Edoardo Tagliani – partito tanti anni fa per la carriera di giornalista e diventato responsabile dell’assistenza che Avsi presta alle popolazioni nel Medioriente di guerra – descrive in questi termini l’audacia, l’adattamento, l’inventiva, la fiducia di chi, nella città distrutta di Qarakosh s'è messo a impiantare - prima delle case o delle chiese o delle fabbriche - un asilo per bambini, come segno di speranza. E’ possibile vivere in modo umano dentro una città distrutta, da cui gli abitanti hanno dovuto scappare nel giro di poche ore per l'arrivo degli assalitori del Daesh? Quando una guerra o uno stato di emergenza permangono per pochi giorni o forse per qualche settimana, si può sospendere ogni attività per poi subito riprenderla. Ma che cosa succede quando l’esilio e la distruzione durano tre anni e mezzo?
Siamo nei giorni di Pasqua e l'accostamento con i fatti accaduti nella piana di Ninive, a Mosul e dintorni, è impressionante. Il giornalista che racconta, descrivendo le situazioni dal vivo e citando per nome persone direttamente conosciute, ha passato vent'anni in Nigeria e ora vive con la famiglia a Beirut, facendo la spola tra campi profughi e città desolate. I suoi tre bambini parlano liberamente tre lingue, a seconda che siano a casa o a scuola e in giro con gli amichetti. Nella settimana di Pasqua gira l’Italia raccontando e mostrando la ‘resilienza’, questo strano fenomeno di ripresa della vita anche nelle condizione più disperate. Una sorta di risurrezione dai sepolcri della disperazione. A una condizione: che si ami la vita, che si amino le persone chiamandole per nome, e il cuore sia abitato da una sorgente di speranza che apre alla gioia e al dono.                          Ascoltando il racconto e guardando le immagini, veniamo percorsi da un brivido. Sono da risanare non solo i muri ma le ferite del cuore e i legami tra le persone. Nella cattedrale dissestata e dilaniata, parroco e fedeli in pochi giorni ripristinano l’altare delle celebrazioni. Miryam, la ragazzina scappata dalla sua città di Qarakosh, della quale abbiamo sotto gli occhi la testimonianza di qualche anno fa, è cresciuta e sorride con occhi brillanti dalla copertina del notiziario ‘Buone Notizie’. La Pasqua prosegue.

Visita Pastorale in Cattedrale, 2-9 marzo 2018

Prima della VISITA….

Un bambino guarda sua madre e scopre di essere amato. Ciascuno di noi ritrova la propria identità attraverso il rapporto con altri che intrecciano la loro vita con la nostra. Generati dall’amore di un uomo e di una donna, incontriamo familiari e parenti, amici e insegnanti e una miriade di altre persone coinvolte in vario modo con noi. Si ridesta la coscienza che abbiamo di noi stessi, si definisce la nostra identità, si determina il carattere, si risvegliano doti e attrattive. Avvertiamo una compagnia che sostiene, sperimentiamo un’appartenenza che protegge.

Il giorno in cui ci accorgiamo di essere realmente incontrati da Cristo, scoppia una festa. Siamo di Gesù attraverso la Chiesa, compagnia di persone che credono, pregano, vivono. Una realtà che ci è entrata in cuore perfino attraverso il profumo dell’incenso che ci irritava le narici e ci divertiva negli anni ‘del chierichetto’. Troviamo una casa, abitiamo una regione umana nella quale scorre l’acqua del fiume Giordano rinnovata dal sangue di Cristo, punteggiata di feste e di occasioni che toccano la nostra vita fino a coincidere con noi stessi.
Il sentimento di appartenenza e la certezza del legame con Cristo giungono a noi attraverso tante  umane precarietà e debolezze, e si ridestano ad ogni avvenimento significativo: l’entrata in seminario, quando il ragazzino viene consegnato a un cammino educativo;  l’ordinazione sacerdotale che determina in modo definitivo l’identità e il compito della persona; incontri e svolte che rilanciando la voglia di vivere e di testimoniare. E chissà quante altre circostanze ciascuno può raccontare.

I passaggi della vita, i compiti, i luoghi nei quali hai abitato, le persone che hai incontrato sono parte di una storia più grande, nella quale Cristo diventa un fatto reale. Ti ritrovi dentro la grande storia della Chiesa, iniziata da Gesù, costruita sul fondamento della sua persona, della sua vita, del suo insegnamento. Una storia che ha cambiato la vita di milioni di uomini, donando dignità, amore, ideale. Una storia fatta di opere di carità, intelligenza, arte, bellezza, esperienze; intrecciata con limiti e peccati, eppure capace di rinnovare il cuore di tanti uomini e donne e di trasformare la faccia della terra.

Questa storia ci raggiunge con la Chiesa di oggi, il Papa di oggi, il Vescovo della diocesi, i sacerdoti, gli altri cristiani, le vicende, le fatiche, le gioie, le proposte, i contrasti, le possibilità.

Ti ritrovi in una splendida cattedrale, vivi in una comunità che cammina e che offre ospitalità a iniziative di bellezza e stupore. Ora un vescovo della Chiesa di Dio, Adriano, viene a incontrare la comunità in cui vivi e lavori, e porta con sé tutto il cammino che ci precede e la grazia che ci accompagna.

Don Angelo

 

LA CENERE E LA PASQUA
Guardano con occhi sbigottiti la piccola cassetta nella quale sono state deposte le ceneri del loro caro: il nonno, il papà, o forse il figlio. Tutto è ridotto in polvere, invisibile dentro la lucida botticella che i parenti vengono a deporre nel loculo predisposto. Sta diventando buona consuetudine raccogliersi insieme con il sacerdote in cimitero o nella cappella della memoria per un saluto e una preghiera davanti all'urna delle ceneri. La cremazione incenerisce anche la possibilità che l'ultimo ricordo del defunto si riferisca all'immagine del suo corpo, quando la persona era in vita o quando appariva distesa sul letto di morte o in obitorio. Il corpo sepolto nella buca di terra nera in cimitero manteneva intatta la memoria dell'intera figura personale e suggeriva il paragone con il seme gettato e marcito, che poi fiorisce in una nuova pianta.
Questa anticipata e forzata dissoluzione del corpo pare allontanare e forse rimuovere l'immagine della risurrezione. Come se Dio avesse da fare più fatica nell'ultimo giorno per ricostituire il corpo risorto, quel Dio che ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza dalla cenere della terra, quel Dio che ha creato il mondo dal nulla con la sua parola.
L'annuncio quaresimale "Tu sei polvere e in polvere ritornerai", che si ripete il Mercoledi delle ceneri e che continua a echeggiare in tutto il tempo della Quaresima, scorre rapido davanti agli occhi come la sabbia che scende nella clessidra. Come la sabbia nel vento del deserto.
Si avvia dunque un percorso, un passaggio che permette alla penitenza di diventare vita, alla mortificazione di produrre gioia, alla morte di aprire un varco alla risurrezione. Ogni frammento di vita è deposto nel cuore di Dio. Ogni minuto della giornata, ogni fiato che inumidisce l'aria del mattino, ogni goccia di sudore che bagna la terra apre a un nuovo cammino, introduce una nuova speranza. Come è accaduto nella vita di Gesù, che si muove deciso fino al compimento del giorno di Pasqua, le nostre mani si protendono al Cristo risorto insieme con la Maddalena nel giardino fiorito.
Guardando l’urna delle ceneri o ricevendole sul capo, percepiamo con un brivido di essere stati concepiti come un puntino invisibile custodito e cresciuto nel grembo materno e intravvediamo l’orizzonte infinito dove la polvere in cui ritorneremo - onorata di fede e preghiera - verrà esaltata nell’abbraccio della tenerezza del Dio Creatore e Signore del principio e del compimento della vita.

I BAMBINI GUARDANO GIOTTO

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Due fratellini vanno in vacanza con il nonno il 26 luglio, festa di San Gioacchino e Anna, nonni di Gesù. Questo semplice inizio offre il pretesto per raccontare in un dialogo allegro e vivace ‘la storia più bella del mondo’ come la dipinge Giotto nella Cappella degli Scrovegni cominciando da Gioacchino e Anna. Il dialogo tra nonno e nipoti si svolge con notazioni che suscitano la curiosità dei bambini: l’angelo che passa giusto giusto per la finestra che se fosse stata più stretta ci avrebbe perso qualche penna, il bacio di Gioacchino e Anna che forma giusto un cuore, la levatrice che stringe il nasino di Maria appena nata per modellarlo ben bene, e via di seguito con il violino panciuto, le rughe del volto di Anna ed Elisabetta, le croci disegnate nascostamente nella scena della Natività e soprattutto i cammelli che fanno ooh vicino ai re magi. Di scena in scena un agile e raffinato album a colori percorre la vita di Maria e l’infanzia di Gesù per arrivare al Battesimo nel fiume Giordano. I bambini si accorgono che la preghiera del vecchio Simeone quando Gesù viene portato al tempio a quaranta giorni, è la stessa che i genitori recitano prima di andare a letto, e ritrovano nelle scene gli spunti delle preghiere che cominciano a conoscere, come l’Ave Maria, o il Gloria, o addirittura l’Angelus. La bellezza del Vangelo di Giotto diventa via alla fede anche per i piccoli.
Roberto Filippetti, Anche i cammelli fanno ooh! Itaca Castelbolognese 2016, pp 48 € 10
a.b.

COME DIPINGE GIOTTO

Il personaggio Giotto, la sua storia e i suoi giri da Firenze a Roma a Rimini a Padova a Napoli a Bologna a Milano, il suo ritratto e le sue opere percorrono le lucide pagine di questa interessantissima ‘Guida’ alla Cappella degli Scrovegni, redatta dallo stesso curatore della Mostra che sta facendo il giro del Veneto e si trova attualmente installata nel tempietto di San Martino a Chioggia. Anche nel corso delle accurate visite nelle quali si viene accompagnati da giovani studenti e da esperti, non si può vedere tutto e dire tutto. E’ interessante quindi scoprire la figura di Giotto: il suo aspetto fisico - ‘un corpo al limite del deforme’ - un ingegno eccellente e un’altrettanto vivace intraprendenza che potremmo definire ‘imprenditoriale’, una cristiana umiltà che gli permette di accogliere le indicazioni di tipo biblico, teologico, spirituale, fornitegli dai suoi dotti suggeritori, domenicani e francescani. Giotto inaugura una svolta nella pittura occidentale, che fino ad allora si richiamava alla nobile staticità delle icone orientali. Egli racconta storie vive, dipinge personaggi reali in situazioni vissute. Il genio si rivela nel preciso ed eloquente tratto del pennello, e in modo speciale nello straordinario rilievo dato alla simbologia cristiana facendo trasparire il segno della croce in varie combinazioni, richiamando la Trinità, raffrontando l’Antico e il Nuovo Testamento, richiamando l’attualità del mistero cristiano sia quando è raffigurato nella vita di Cristo, sia quando viene riflesso nella vita di San Francesco. Giotto è pittore, architetto, poeta. Sullo sfondo della sua pittura impariamo a innalzare lo sguardo al campanile di Santa Maria in fiore a Firenze e alle cattedrali gotiche; scopriamo Dante e l’audacia del realismo e della simbologia della Commedia. Questa Guida introduce a capire il cuore e la tecnica di Giotto, la sua fedeltà al dato biblico e alla tradizione dei Vangeli apocrifi, la sua immersione nella profondità teologica del mistero cristiano che svolge la storia di Dio per incontrare e salvare gli uomini. Il contrappunto delle virtù e dei vizi, la volta celeste trapuntata di stelle e illuminata dal sole di Cristo e dalla luna di Maria, lo sfondo della controfacciata della Cappella, che apre su paradiso e inferno, immergono il visitatore in uno spazio senza confine, carico di passato e aperto alla promessa del futuro. Veniamo avviati in un percorso di bellezza estetica, umana e cristiana, che avvolge l’uomo e il suo destino, come solo un genio toccato dalla grazia può esprimere.

Angelo Busetto

A CATECHISMO DA GIOTTO

A due passi dalla Cattedrale e a tre passi dalle aule di catechismo del Centro Parrocchiale, splendono i colori del Vangelo e di tutto il mistero cristiano. Nel tempietto di San Martino a Chioggia, che gli antichi abitanti di Sottomarina s’erano costruiti dopo la distruzione del loro paese nella guerra con Genova, viene ospitata l’installazione del Vangelo che Giotto racconta per immagini nella Cappella degli Scrovegni, dipinta a Padova un secolo prima del nostro stesso tempietto. Per giorni e giorni entra gente di ogni età e condizione. Bambini, ragazzi, giovani di tutti i livelli scolastici e catechistici; uomini e donne, sono presi dal fascino dei disegni colorati del Vangelo. Se non apparisse dissacrante si potrebbe dire ‘Vangelo a fumetti’; e si può veramente dire, ora che i fumetti sono assurti al livello dell'arte. Forme, figure, colori che bimbi e adulti si incantano a guardare, mentre vengono accompagnati a osservare e capire. Ogni particolare parla e racconta: l'armonia numerica delle immagini, quasi anticipo di cantiche e terzine della Commedia di Dante; la scansione blu e rossa dei vestiti che svelano l'umano e il divino in Gesù e Maria; il rosso della carità, il bianco della fede, il verde della speranza, le aureole d'oro che sorprendi non solo su Cristo e gli apostoli ma anche sul centurione che riconosce il Figlio di Dio spirato sulla croce.
A due passi dalla chiesa e a tre dalle aule del catechismo folle di persone leggono il Vangelo scena per scena, episodio per episodio, come li ha vissuti Gesù, come li raccontano gli evangelisti e come li credono e vivono i cristiani. Dal genio di un antico pittore e dall’intuizione e dedizione di cristiani contemporanei, l'arte diventa annuncio. Giotto raccorda gli episodi e li mette in paragone: le tre sequenze - vita di Maria, infanzia di Gesù, vita pubblica e morte e risurrezione - si svolgono in tre filari paralleli; alla Madonna reclinata sul Bambino nella Natività corrisponde l'anziana Madre nel compianto del Cristo morto. I volti piangono e ridono con tratti limpidi o rugosi, le scene risaltano su sfondi di palazzi e nel contorno di personaggi conosciuti; il pennello fa sorridere cavalli e pesci, ironizza sul pancione del cuoco assaggiatore del buon vino di Cana, disegna l'orecchio a penzoloni che Pietro taglia al soldato, fa quasi uscire dal quadro Cristo risorto, proteso verso un'altra vita. Veniamo posti di fronte al Vangelo più che non attraverso prediche e catechismi, più che attraverso esortazioni morali e avvisi. Un uomo di sessant’anni entra alla mostra 4 volte e dice: “A militare a Roma non sono mai entrato in una chiesa. Dopo questa mostra ho voglia di ritornare a Roma a visitare San Pietro e le chiese”. Il Vangelo vive nella voce e nell'espressione di insegnanti e giovani delle scuole superiori, nuovi discepoli di Gesù Maestro, che spiegano e raccontano, divenuti a loro volta maestri di fede e di vita.

La Vicaria di Chioggia tra acqua, vita, speranza

L’acqua della laguna bagna tre località della vicaria urbana - Pellestrina, Chioggia, Borgo San Giovanni - mentre l'acqua dei fiumi Brenta e Bacchiglione e del Canal Bianco si riversa nel mare che alimenta la laguna. Tutti gli abitanti convergono in buona misura sul centro di Chioggia come riferimento umano e per piccole provvigioni. Pur nella pluralità delle condizioni, si possono individuare delle caratteristiche umane specifiche a seconda delle varie zone: saldezza e stabilità di temperamento degli abitanti nella zona agricola di Ca’ Bianca; vivacità e laboriosità del temperamento lagunare di Pellestrina; estrosità e leggerezza del temperamento chioggiotto, in buona parte determinato dalla variabilità della pesca; pacatezza laboriosa nella gente di Borgo San Giovanni. Una sostanziale stabilità caratterizza i vari insediamenti abitativi, con tendenza al ridimensionamento del numero di abitanti e con spunti di nuovi arrivi a Ca’ Bianca, Pellestrina, Borgo san Giovanni. ...continua a leggere "Inizia la VISITA PASTORALE a Chioggia"

IL NATALE CHE NON PASSA

Il Natale non passa mai. Si spengono le luminarie e si torna dalle vacanze sulla neve o dai giri nelle città d’arte. Si disfano i presepi e si piegano gli alberi luccicanti, si ripongono i cuscini stellati e i verdi festoni in grandi scatole che verranno buone per i prossimi anni. Il Natale non si disfa. Rimane attaccato alla pelle e al cuore come un avvenimento che accade. Non è vero che l’atmosfera del Natale o il consumismo che lo invade distruggono il Natale. Non è vero che la frequentazione ai supermercati svilisce le liturgie delle chiese. Il Natale pervade la cultura, attraversa la dissipazione, imbeve le nostre dissacrazioni e le nostre imprecazioni. Neppure l’ignoranza religiosa, dilatata come i continenti di plastica che galleggiano nell’oceano e sprofondano negli abissi, annienta il Natale. Neppure la sostituzione del nome di Gesù con Perù – come inventa qualche insipida insegnante -  riesce a far morire il Natale.

Non solo perché il calendario continua a segnalare come vacanza il tempo natalizio. Il Natale permane anche quando l’annuncio evangelico che risuona nelle liturgie viene snobbato da schiere di ex-cristiani, e la soglia delle chiese viene varcata solo per una frettolosa visita turistica. Permane nel senso della vita, quando aspettiamo un bambino e quando lo vediamo nascere. Permane quando partecipiamo ai funerali di un parente o di un amico, e gli auguriamo che non sia tutto finito. Permane nella coscienza dei nostri peccati, nel disagio che ferisce il cuore quando, sentendoci disprezzati e forse odiati, cediamo alla tentazione di rispondere con la stessa moneta. Con il Natale succede una cosa strana: ci ritroviamo come persone amate pur non meritandolo. Il Natale cambia la nostra idea di Dio, che torniamo a guardare come Bambino. Il Natale sfida la nostra libertà; cambia la nostra idea della vita e della morte, della salute e della malattia, del bene e del male. Se i Natali che abbiamo vissuto non ci hanno fatto diventare più buoni, ce ne hanno almeno attizzato il desiderio. La nostra infanzia e la nostra giovinezza rimangono piene di memorie natalizie: presepi e musica e giri per strade e chiese. Il Natale non passa mai perché rinasce negli occhi dei bambini, negli auguri degli amici, nelle feste con i parenti. Il Natale sboccia nel desiderio di vita, nella ricerca della felicità, nella speranza di un mondo nuovo. Il Natale permane nel tabernacolo delle Chiese, nella celebrazione delle Messe, nei sacramenti della vita, nella comunità che ci invita, nel Salvatore che continuiamo ad aspettare e che ‘forse si può incontrare davvero’, come dice la canzone di un amico prete. Abbiamo una "stella"  da seguire, un cammino da fare. Non possiamo più vivere senza Natale.

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Basilica Vaticana

L’anno si apre nel nome della Madre di Dio. Madre di Dio è il titolo più importante della Madonna. Ma una domanda potrebbe sorgere: perché diciamo Madre di Dio e non Madre di Gesù? Alcuni, in passato, chiesero di limitarsi a questo, ma la Chiesa ha affermato: Maria è Madre di Dio. Dobbiamo essere grati perché in queste parole è racchiusa una verità splendida su Dio e su di noi. E cioè che, da quando il Signore si è incarnato in Maria, da allora e per sempre, porta la nostra umanità attaccata addosso. Non c’è più Dio senza uomo: la carne che Gesù ha preso dalla Madre è sua anche ora e lo sarà per sempre. Dire Madre di Dio ci ricorda questo: Dio è vicino all’umanità come un bimbo alla madre che lo porta in grembo. ...continua a leggere "OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO, Lunedì, 1° gennaio 2018"

QUANDO NASCE UN BAMBINO

Tutto comincia con un bambino. Appena nato o quasi, un bambino subito ti guarda con quegli occhi sbigottiti che scovano il mondo, decisi a scoprirlo in una avventura senza fine. Che cosa nasce quando nasce un bambino? Con un bambino rinasce il mondo, rinasce la donna che, da ragazzina scontrosa e vivace, diventa finalmente mamma attenta a un destino e a un compito; rinasce il giovane sbarazzino, consapevole della responsabilità paterna che lo costruisce. Si rinnova il piccolo mondo tutt'intorno, fatto di zie e cugini e soprattutto di nonne e nonni. L'umanità rinasce dalle radici e si protende verso il cielo. Anche di fronte alle tante miserie e cattiverie del mondo, non è possibile sbarazzarsi della grazia che viene a piovere sul terreno arido dell'umanità attraverso un bambino.
E c'è di più. Nei giorni del Natale percepiamo e sperimentiamo che tutto è cominciato e ancora comincia dal Bambino di Betlemme. Accade all'interno della grande cattedrale avvolta dall'ondata della musica di orchestra e coro, con voci e strumenti addestrati da secoli. Lo vedi e lo senti poi tra le navate percorse dalla fede dell'assemblea liturgica, con la parola annunciata e il canto che sale dalla tradizione e costruisce l'unità di presente e passato, di giovani e vecchi. Un bambino per noi è nato, un figlio ci è stato donato. Dalla nuova semente germoglia ancora l'umanità.
Diventa possibile che un malato ringrazi della malattia che gli fa percepire l'intensità della salvezza venuta dal Natale. Si rinnova l'unità della famiglia e degli amici, in un vincolo sottratto al ricatto dell’altalena dei sentimenti e saldato sull'esperienza della fede condivisa. Riprende la voglia di vivere, che non resta inceppata negli ingranaggi di una economia stentata, e non si ferma delusa nei ghirigori della burocrazia; sorprende tutti la voglia di studiare del bambino, che preferisce i giorni di scuola, quando impara e sta con gli amici, piuttosto che il vuoto dei giorni di vacanza. Tutto nasce da un bambino, da quel Bambino. Ci incamminiamo incontro a lui come le statuine del presepio che vanno verso la capanna, andiamo dietro alla stella della speranza che non procede a caso, ma si ferma sopra una casa con una madre e un bambino. Veniamo ripresi dal nostro vagare sperduti, ciascuno con i propri pensieri e le proprie tentazioni solitarie. Camminiamo con amici e testimoni, con familiari e maestri, gente a cui guardare e con cui sostenere l'anima e le braccia. Ogni bambino che nasce – quel ‘Bambino’! – ci rimette in piedi e ci sospinge a camminare fino alla svolta del prossimo Natale.

 

PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE  Mercoledì, 13 dicembre 2017

La Santa Messa - 4. Perché andare a Messa la domenica?

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Riprendendo il cammino di catechesi sulla Messa, oggi ci chiediamo: perché andare a Messa la domenica?               La celebrazione domenicale dell'Eucaristia è al centro della vita della Chiesa (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2177). Noi cristiani andiamo a Messa la domenica per incontrare il Signore risorto, o meglio per lasciarci incontrare da Lui, ascoltare la sua parola, nutrirci alla sua mensa, e così diventare Chiesa, ossia suo mistico Corpo vivente nel mondo.

Lo hanno compreso, fin dalla prima ora, i discepoli di Gesù, i quali hanno celebrato l’incontro eucaristico con il Signore nel giorno della settimana che gli ebrei chiamavano “il primo della settimana” e i romani “giorno del sole”, perché in quel giorno Gesù era risorto dai morti ed era apparso ai discepoli, parlando con loro, mangiando con loro, donando loro lo Spirito Santo (cfr Mt 28,1; Mc16,9.14; Lc 24,1.13; Gv 20,1.19), come abbiamo sentito nella Lettura biblica. Anche la grande effusione dello Spirito a Pentecoste avvenne di domenica, il cinquantesimo giorno dopo la risurrezione di Gesù. Per queste ragioni, la domenica è un giorno santo per noi, santificato dalla celebrazione eucaristica, presenza viva del Signore tra noi e per noi. E’ la Messa, dunque, che fa la domenica cristiana! La domenica cristiana gira intorno alla Messa. Che domenica è, per un cristiano, quella in cui manca l’incontro con il Signore? ...continua a leggere "A MESSA, PERCHE’ ? Ce lo spiega Papa Francesco"