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Eccolo con noi in una serata di paese, tra persone che lo ascoltano e lo guardano così attente come potevano essere quelle che per seguirlo dimenticavano di mangiare. Gesù entra nelle case: lo vediamo in uno spezzone di filmato ripreso dalla serie Chosen, che ormai viene trasmessa in tutte le televisioni del mondo. Gesù è in casa di Marta e Maria, con la sorella maggiore tutta presa a preparare una raffinata apericena per lui e i suoi dodici apostoli, e Maria, ‘la piccola’, incantata a guardare il Maestro che parla. Marta va a lamentarsi con Gesù, e questi taglia corto: “Grazie Marta per la bella cena che ci prepari. Ma se vuoi essere lieta quando lavori, smetti un momento e ascolta me”.                    Anche qui da noi alcune donne hanno cominciato ad ascoltarlo e a comunicarlo ai figli, piccoli e già fioriti. Con timore e tremore e con l’audacia della fede accettano la sfida di raccontarsi davanti a tante persone: “Cristo ti accoglie nel sacramento così ‘difficile’ della confessione, ti invita nella comunità riunita per l’Eucaristia, ti rimette in cammino in uno slancio di vita… E’ il sentore di una felicità nuova, che sgorga dal profondo”. Le parole escono come un torrente: “Mi spiazza davvero con quale semplicità i bambini si fanno coinvolgere. Mi sono chiesta: perché, se la cosa li rende felci, non fare come i bambini?”. “I sacramenti non hanno avuto un significato preciso nella mia vita al tempo in cui li ho ricevuti, ma continuano ad agire in me da allora in poi. Accade in maniera improvvisa, illuminante, accecante. Tutto appare più chiaro, mi pare di percepire il senso di tutto, come quando riesci a vedere un pezzo di intreccio dietro al tessuto. Ho sempre avuto la percezione che qualcosa di molto più grande ci fosse dietro le cose di cui io riuscivo a comprendere solo un pezzettino”. “Voglio dare ai miei figli la possibilità di accogliere - magari più e meglio di me - la grazia, il dono più grande, più forte di tutto, il senso più alto di quello che vivono. Come un seme che poi loro potranno sviluppare o no. Ma con i sacramenti che ricevono non saranno mai soli”. Vale per la vita intera: c’è chi racconta la consolazione del sacramento dell’unzione nel corso di una malattia ormai superata.                                                             In mezzo al nostro mondo vario e terribile, nelle paure che ci piovono addosso come malefici droni, ci ritroviamo come quando, circondati dalla gente in una strada sconosciuta di una grande città, scorgiamo in un lampo un volto amico e la segnalazione di una guida; finalmente gli occhi si illuminano e i polmoni respirano. Lo percepiamo nella canzone di Fabrizio Moro, proposta dal vivo mentre sullo schermo scorrono le parole e appare il volto di Gesù: “Tu che sei il sogno più grande / Tra i sogni più veri / E questa canzone / Che gira e rigira, la dedico a te / Il mio unico amore / Il senso di ogni cosa che c'è / Che sei l'infinito tra i miei desideri”.             L’infinito che colma i desideri è Gesù che viene a incontrarci, non solo come ascoltatori della sua Parola, ma testimoni della sua Presenza, nuovi protagonisti in una comunità ricca di storia, toccata dal balenare di un guizzo di trasfigurazione.

 

 

 

La Chiesa è donna: la prima figura della Chiesa è un volto e un corpo di donna; un cuore, una volontà, un’intelligenza, una decisione di donna, ragazza, fidanzata, sposa, madre: qualifiche di una donna reale. Maria di Nazaret è l’ultima fioritura dell’antico popolo d’Israele e il primo germoglio del popolo cristiano. La sua esistenza si svolge interamente per Cristo, con Cristo, in Cristo, secondo tutti i passaggi: vocazione e risposta, concezione, nascita, crescita del Figlio Gesù, accompagnamento alla vita pubblica, partecipazione alla sua passione, unita agli apostoli e ai primi cristiani nell’effusione dello Spirito a Pentecoste. Ogni donna – milioni di donne nella storia – che entra nel flusso di vita della Chiesa, ritrova Maria di Nazaret come ispirazione, modello, protezione, speranza. Ogni uomo, ogni cristiano guarda Maria come Madre del Signore e come compagna di viaggio nel cammino della vita.

In Maria riconosciamo i tratti della grazia e della bellezza, come cantano poeti e musicisti e raffigurano pittori e scultori; i tratti della fede e della fiducia, le pieghe del dramma e del dolore, i raggi della gioia e della gloria, come descrivono le statue e i dipinti e come narra la vita e l’opera di tante persone. Ogni cristiano e cristiana, ogni santo e santa riproduce nella sua fisionomia un tratto della donna di Nazaret, a partire dal silenzio e nascondimento di Nazaret, evocati da Paolo VI pellegrino in Terrasanta e rivissuti da Charles de Foucauld portinaio e giardiniere nella cittadina. L’adesione del suo sì intelligente e consapevole richiama la vocazione di donne e uomini consacrati e la reciproca accoglienza degli sposi; lo strappo dalla propria terra e la fatica dell’esilio anticipano il dramma degli emigrati e dei migranti; la fedeltà quotidiana alla casa e al lavoro, rivivono nella condizione di tutti gli uomini e le donne del mondo; la consegna della vita nella passione del Figlio e sua personale, continua nelle variegate vicende di tutti noi. Maria vive non una vita celestiale, ma reale; visita parenti, partecipa a matrimoni, si coinvolge nel tumulto delle persone che seguono Gesù di paese in paese e nei passi del calvario fino alla croce.

Il popolo cristiano non solo si immedesima nella figura umana di Maria, madre e discepola di Gesù, ma la vede come compimento del destino di ciascuno e della storia intera: Maria Assunta in cielo, Maria in Paradiso insieme con gli Angeli, nelle raffigurazioni dei pittori e nelle invocazioni dei cristiani: “Prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”, perché possiamo percorrere la tua strada fino al compimento del nostro destino nell’eternità. Non la sublimazione delle sofferenze della terra, consolate con il sole dell’avvenire; piuttosto, i dolori, le malattie e tutte le povertà terrene vengono circondate di affetto, di cura, di grazia attraverso la carità diffusa ad opera di santi e sante, buoni cristiani e cristiane. Lo splendore dell’arte avvolge i primi ospizi e ospedali costruiti per l’accoglienza di poveri, malati, pellegrini; la dedizione della cura e il calore della carità fanno germogliare quaggiù il primo pezzo del Paradiso.

Maria è prototipo, immagine, custode della vita cristiana, della vita del mondo: sorella e madre, figlia e regina di un popolo in cammino lungo tutte le strade che portano al cielo: Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza!”  

don Angelo Busetto 

Madonna della Misericordia, pala di Piero della Francesca

Dove nasce speranza

La chiamava ‘mia Regina’: Adeodato, il figlio che Agostino aveva avuto prima della conversione, amava la nonna Monica fino alla venerazione, attratto dal suo affetto e sapienza, dalla sua fede e determinazione. Monica, fedele cristiana, seguiva con passione e dolore le vicende del figlio Agostino che emergeva per intelligenza e oratoria nella cittadina di Ippona, a Cartagine, a Roma,   disperdendosi in compagnie goderecce, in filosofie insufficienti e in forme religiose equivoche.  Finalmente, a Milano città imperiale, dove la fede e l’eloquente energia di Ambrogio guidava il popolo cristiano, Agostino incontra il cristianesimo e si fa battezzare. In un romanzo che racconta la ‘vita avventurosa di Agostino’ si intravvede il rapporto discreto ma profondo di Monica con la Chiesa e in particolare con il vescovo Ambrogio. In quei tempi le donne, mentre tessevano i vestiti della liturgia cristiana liberata da Costantino, andavano costruendo la chiesa domestica nelle case. La preghiera assidua, la vicinanza discreta, l’affetto incondizionato, il consiglio silenzioso accompagnavano figli e nipoti, sostenevano le celebrazioni e le tante forme di carità della comunità.

Quasi per l’intero corso di due millenni della storia d’Occidente, le donne non hanno goduto di una posizione significativa nella società, se non per il nome di qualche principessa o regina e di qualche rara artista e studiosa. In questo contesto, nella Chiesa alcune donne emergono attraverso varie direttrici: badesse di monastero, con competenza anche verso monasteri maschili; sante martiri dei primi secoli, venerate e celebrate, e sante mistiche, analfabete o studiose: nomi noti e dimenticati, Agnese e Lucia, Ildegarda e Caterina, Maria Goretti e Gianna Beretta Molla.

Pope Francis poses for a photo as he attends a meeting with African women, judges and prosecutors, on human trafficking and organized crime, at the Vatican, Thursday, Dec. 12, 2019. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Tuttavia, la storia non procede solo per grandi nomi e imprese. Donne madri, spose, sorelle, amiche hanno amato, custodito, protetto, consigliato, soffrendo e godendo per mariti, figli, nipoti, bambini e anziani. Nel giro delle famiglie patriarcali, nel contesto del paese e del circondario, nel rapporto con monasteri e conventi, ecco donne ostetriche, donne che allattano i figli degli altri, donne consigliere, donne catechiste. Madri e sorelle ‘spirituali’ costituiscono il buon terreno per la fioritura di famiglie cristiane, per vocazioni al sacerdozio e alla consacrazione. Donne sante accanto a santi uomini, come Chiara e Francesco, Francesca de Chantal e Francesco di Sales; moglie e marito santi insieme come i genitori di Teresa di Lisieux e i coniugi Beltrame-Quattrocchi.

Oggi, quando il terreno della società sembra sfaldarsi e irrigidirsi nell’individualismo, e le comunità cristiane sembrano smarrirsi e disperdersi, le donne offrono cuore e cura, pazienza e vigilanza. Negli ultimi decenni esplode il fenomeno di donne che lavorano fuori casa e donne studiose, teologhe, responsabili di comunità. Al di là delle problematiche sui ministeri e sulle responsabilità istituzionali, oggi in modo più palese la Chiesa respira con due polmoni, ama con un intenso battito del cuore, ragiona con l’intelligenza di quanti la costituiscono, uomini e donne. La Chiesa consiste nelle persone, con le doti e i carismi di ciascuno, nell’armonia di una orchestra che naviga in una grande barca nel vasto mare. Ogni cristiano, ogni uomo o donna è pieno di gratitudine verso la donna dalla quale ha ricevuto la vita, verso tante donne che lo amano, lo accompagnano e lo custodiscono. Nella poesia e nella prosa della vita, nella bellezza e nella sofferenza, da bambini o da grandi, da sani o malati, è grazia di Dio che una donna ti sia accanto.

don Angelo Busetto

 

“Ha preso sul serio l’uomo – Ha preso sul serio Cristo”. Così il cardinal Farrell, Prefetto del Dicastero per laici, famiglia e vita, delinea la figura del servo di Dio don Luigi Giussani a vent’anni dalla morte. Il vescovo Giampaolo, nella messa celebrata in cattedrale per la ricorrenza, ripropone la stessa frase e ne ritrova le tracce in un libro famoso di Giussani, Il senso religioso; nel decimo capitolo il sacerdote milanese svela la fisionomia dell’uomo che con stupore e gratitudine si scopre come ‘dato’, donato a sé da un Altro, da Dio, fino a dire: “Io sono tu che mi fai”. Questa è la radice di quel bisogno e di quella ricerca di assoluto che trovano risposta nel Figlio di Dio fatto uomo; don Giussani, di fronte agli studenti del liceo, traccia con il gesso sulla lavagna una linea orizzontale dalla quale tante frecce salgono in alto verso una stella, impotenti tuttavia a raggiungerla; dall’alto della stella, una freccia scende dritta a intercettare l’orizzonte della domanda umana: Cristo viene a incontrare l’uomo. Un cammino che Giussani compie personalmente fin dagli anni del seminario, e che costituisce la sua passione e la sua missione. Diventato sacerdote, abbandona il suo già apprezzato insegnamento della teologia nel seminario di Venegono per buttarsi nella scuola pubblica. Per tante persone, giovani studenti o adulti, credenti o indifferenti o atei, l’incontro con don Giussani apre la possibilità di imbattersi in Cristo presente qui ed ora. Da Milano e da Rimini, dalla Liguria e dalla vicina città di Adria, la novità di questo annuncio viene a toccare le sponde della nostra laguna e sorprende la vita di sacerdoti e laici. Andiamo a incontrare don Giussani, e anche lui viene a trovarci. Non è in gioco appena qualche aspetto particolare del cristianesimo, come la preghiera, la carità o la vita sociale. Piuttosto, l’avvenimento di Cristo coinvolge il cuore della persona, ne determina la vocazione, prende dentro tutte le dimensioni del vivere: famiglia, lavoro, scuola, tempo libero, vacanze, impegno sociale. Non la proposta di una ‘spiritualità’ particolare, quanto piuttosto l’accorgersi di Cristo presente nelle cose che fai e in tutte le situazioni che incontri. Fede in Cristo ed esperienza umana non corrono separate; l’interesse per l’umano coincide con l’interesse per Cristo. L’esperienza di comunità - tanto desiderata e ricercata - non si limita allo star bene insieme, né viene concepita separata dalla Chiesa cosiddetta ‘istituzionale’: è invece parte viva del Corpo di Cristo nel mondo. Vediamo delinearsi un cristianesimo non solo ideale o morale, ma teso a esprimersi e attuarsi concretamente: ”Una rivoluzione di sé”, come titola l’ultima raccolta degli interventi di don Giussani. Colpiscono in lui la grande passione per l’amicizia e la missione, per musica, arte, letteratura, canti, fino al buon cibo e alla buona tavola; l’attenzione al povero - anche allo straniero che ti ferma al semaforo per lavarti i vetri della macchina -; la proposta di una caritativa sistematica e ordinata, la cura della bellezza e proprietà delle cose. Giussani ‘vive intensamente il reale’ nel vigore degli incontri, viaggi, iniziative, e nella debolezza della malattia degli ultimi anni. Sempre appoggiato a Maria, ‘di speranza fontana vivace’: la passione per l’uomo, vissuta come passione per Cristo.

don Angelo Busetto, Nuova Scintilla 2 marzo 2025, p 10

“Buongiorno. Avvisiamo che l’articolo da Lei prenotato è arrivato ed è a sua disposizione.” Mi giunge via mail l’avviso che la biografia di Divo Barsotti è in libreria. Qualche settimana fa, dopo una veloce giro tra gli scaffali, avvicinandomi al bancone della commessa esclamavo: “E il naufragar m’è dolce in questo mare”. Un mare di libri, dolce e amaro insieme, nel quale non trovo l’autore che cerco. Ordinatissima come un negozio di alta moda, la libreria contiene un catalogo infinito di titoli, copertine, proposte, novità, colori e parole, passato, presente e un po’ di futuro. Quante vite ci vorrebbero per leggere tutto? So di persone che macinano libri a macchinetta; altre inseguono i titoli alla moda, molte non vanno al di là della copertina. Ragionando con un amico salta fuori una proposta: ‘Facciamoci una biblioteca ideale’. Ideale per chi? Metti un cristiano, già entrato nella grande cattedrale della Bibbia, che domanda di scoprire i pilastri della fede, le navate della speranza, le cupole della carità, le colonne della teologia, gli altari delle devozioni, le statue dei santi, le immagini del Crocifisso e della Madonna. Cosa suggerirgli, quale itinerario proporgli? Da pari suo, l’amico sta facendo un audace percorso di lettura, al quale dedica buona parte delle serate; ha solcato un buon tratto di mare con qualche poderosa opera di Agostino e Tommaso d’Aquino, senza affondare, ed è entrato nelle correnti della spiritualità e della mistica. Di tanto in tanto mi manda fotocopia della copertina e di qualche pagina di scrittori e di mistici che traboccano di amore e dedizione a Gesù. Si potrà dunque costruire insieme una ‘biblioteca ideale’ del cristiano, gettando le fondamenta di un edificio che potrà crescere secondo le preferenze di ciascuno. Cominciamo con i Padri apostolici. Chi sono costoro? Formano la prima fioritura della letteratura cristiana dopo i Vangeli. Ignazio di Antiochia, nel primo decennio del secondo secolo, scrive sette lettere alle chiese incontrate nel viaggio che lo porta incatenato verso Roma, dove troverà il martirio; supplica i cristiani di Roma di lasciarlo andare “in pasto alle belve, come frumento di Cristo macinato per diventare pane puro di Cristo”. Policarpo si gloria della discendenza della sua fede direttamente dall’apostolo Giovanni. I frammenti di Papia ci sorprendono riferendo la prima elaborazione dei Vangeli con ‘i detti del Signore’ e alcuni cenni su Marco e Matteo. La lettera di Barnaba è una sorta di manuale catechistico dove si dice: ‘Passiamo nella gioia l’ottavo giorno in cui Gesù risorse dai morti’. L’immaginifico Pastore di Erma entra nel contesto di una comunità cristiana ormai cresciuta. Infine Diogneto definisce i cristiani come anima del mondo.

Potrà un cristiano del nostro tempo e di tutti i tempi dirsi certo e lieto della sua fede senza paragonarsi almeno con qualche spunto ripreso da queste prime esperienze di vita cristiana? Nelle librerie delle nostre città si trovano libri di esoterismo, islamismo, religioni orientali; non mancano la Bibbia e l’ultima biografia di Papa Francesco. Ma come risalire alle sorgenti del fiume che attraversa il territorio della storia cristiana per giungere ad abbeverarci al rubinetto di casa? La gentile commessa prenderà nota della richiesta, e a suo tempo ci manderà l’avviso che “l’articolo da voi prenotato è arrivato ed è a vostra disposizione”.

don Angelo Busetto

Cronaca di una serata d’inverno

 …Dicono che vivere sia simile ad un viaggio

Che ogni cosa fugge ed è tutto di passaggio…

E nella logica del tempo

Qualsiasi cosa passerà.
Anche se non ne cogli il senso
Un giorno il senso arriverà…

In questo tempo senza tempo
Che noi chiamiamo eternità…

In un’umida serata invernale ci mettiamo insieme ad ascoltare ‘La logica del tempo’: la canzone di Renato Zero ci introduce ad accogliere la Parola che ci accompagna nello scorrere delle giornate. Chi ci salva dalla banalità del tempo, dalle ore vuote, dalle giornate perse, dalla vita sprecata? Potremo lasciarci catturare da tutti i calendari del mondo, quello calcistico o quello tennistico, dalle scadenze del Black Friday o da chissà altro. Mentre ci balocchiamo nel gioco di mille occupazioni e distrazioni inseguendo cose che ci sfuggono, restiamo protesi verso l’eternità. Sullo schermo appare la silhouette di una corsa in spiaggia, con bambini che saltellano e infanti che sorridono in faccia alla mamma: tempo, giorni, minuti sono donati nell’abbraccio di una presenza calda di amore. Il tempo che viviamo è segnato da un avvenimento che ne cambia il ritmo. Non siamo appena ‘dopo Cristo’. Venuto una sola volta, Cristo cammina con noi. In un istante prezioso percepiamo la sua vita che scorre nella nostra e il nostro cuore che vibra con il suo come un bimbo nel grembo della madre.                                                                                Il calendario liturgico di Avvento, Quaresima, Pasqua, Tempo ordinario disegna il percorso della nostra esistenza; le nostre stagioni di gioia e dolore, lavoro e amore, lambite dal fiume della sua presenza, riflettono gli accadimenti della sua vita. Perfino il ritmo settenario dei giorni, legato all’umana esigenza della festa e del riposo, spunta dai sette giorni della creazione e ricomincia con l’ottavo giorno di risurrezione. Lo raccontano una mamma e un papà che, assieme ai quattro figli, partecipano da sempre alla messa festiva, con la carrozzina o con le piccole scorribande in chiesa, sulla stessa panca o disseminati lungo la navata, sistemando l’orario della liturgia nel turbinio delle partite di calcio o pallavolo. “Un dono sempre nuovo”, commenta la donna. Il Signore Gesù entra nell’intreccio dei sentimenti e delle decisioni, e apre il sentiero della speranza. Il video dell’unico matrimonio celebrato nelle quattro parrocchie nel corso dell’anno, evoca la promessa dichiarata davanti a Dio, al sacerdote, ai testimoni e alla gente: un amore accolto e promesso continua nella grazia del sacramento; più che nel filmato la memoria dell’evento rimarrà impressa nel cuore dei giovani sposi.                                                                                                       Memoria del Dio che è entrato nel tempo: non è questo il Giubileo? Occorre ‘solo’ accorgersene, non per uno sforzo della mente, ma con i gesti che lo risvegliano, come è stato per il drappello di ragazzi del paese che, insieme con altri settemila della compagnia del Graal, hanno vissuto il Giubileo con il Papa. Nella grande sala delle udienze Papa Francesco ha fatto ripetere il verbo ‘ricominciare’. “Siete la nostra avanguardia”, qualcuno dichiara. Ricominciamo insieme, ogni giorno del tempo che ci viene donato. Con la musica dell’amico don Anas che ha già ricominciato in cielo, ci mettiamo a cantare: “La festa sta per cominciare…”

Tornano nelle scuole la storia e il latino. E intanto il cinema riprende a raccontare l'Odissea e l’avventura di Ulisse, mentre tutt’intorno nella Chiesa la ricorrenza del Giubileo ci dona un passato ricco di misericordia e un futuro pieno di grazia. Il tempo della vita si apre a tre dimensioni, presente, passato, futuro e ci strappa dal chiodo della solitudine. Quello che siamo sorge dalle radici del passato, si allarga alle dimensioni del mondo e si protende alla promessa del futuro.

L'uomo a una dimensione che vive l’attimo fuggente ci attraversa l'anima e ancora cammina per le strade della città. Gli interessano soldi, saldi, sesso, un istante da succhiare fino all’esaurimento. Farsi da sé, non dover niente a nessuno, camminare in bilico sulla punta dell’istante. Fin da piccoli veniamo educati a cavarcela da soli, figli unici che si godono la vita. Anche tanti suggerimenti di ‘spiritualità’ che i social riversano generosamente nel computer e sul cellulare, ti inducono a guardare te stesso, per scoprire le tue nascoste energie, così da non aver bisogno di niente e di nessuno. Colleghi di lavoro o compagni di vita, nell’ideale della modernità veniamo indirizzati a vivere separati gli uni dagli altri come pali piantati in barena, senza possibilità di stringerci insieme per edificare una stabile dimora comune.

Invece, siamo generati dal passato e veniamo rinnovati dal presente. Non solo nella struttura fisica, ma nei desideri dell’anima e nelle propensioni del cuore. Siamo donati a noi stessi da un amore più grande, concepiti da un disegno di grazia che apre al rapporto con la realtà: il sole che sorge e la pioggia che batte, la donna che ci genera e il padre che ci ama. Protesi a conoscere, bisognosi di amare e di essere amati. Lì dove viviamo, in qualunque luogo della terra, siamo circondati da un villaggio di persone, in un infinito racconto di storie che ci precedono, in un ventaglio di promesse che ci sopravanzano. Di generazione in generazione. Come la nonna che entra in farmacia con la nipotina, vede la cesta per la raccolta dei medicinali per i bisognosi e dice alla piccola: “Anche tu dona una medicina per i poveri, come io faccio sempre”. Fioriscono i collegamenti, gli incontri, le comunità. Non bastano i circoli culturali o le associazioni ricreative, nemmeno le società sportive o le combinazioni dei viaggi in compagnia. Un bisogno più profondo ci apre alla condivisione dell’anima, un’amicizia per la vita ci rigenera come fiori che sbocciano al sole. Cresciamo collegati in reciproca dipendenza nel vasto campo del mondo.

E tuttavia, nemmeno la reciprocità ci appaga, nemmeno tutti insieme ci bastiamo, e ogni compagnia umana naviga fragile nel mare della vita.  Presente, passato, futuro si intrecciano a rivelare un’origine che ci precede e ci supera. La vera scoperta è quando percepiamo nel battito del nostro cuore un’esigenza di infinito, un anelito di pienezza che supera tempo e spazio; quando nell’altro che incontriamo vediamo specchiarsi il volto di Colui che ci ha creati e ci dona gli uni agli altri. Questo è l’incontro che recupera tutti i bisogni e salva tutte le dimensioni della vita.

9.2-2005

 

'I cristiani sono l'anima del mondo'. La prima volta che udii questa espressione fu un lampo di luce. Insieme con altri giovani amici, sacerdoti e laici, eravamo presi dalla responsabilità per la missione della Chiesa nel mondo. Non ci corrispondeva l'immagine allora imperante di una Chiesa proiettata alla conquista e al dominio del mondo. Sul versante opposto, ci affascinava la proposta di immergerci nel mondo come lievito nella pasta; tuttavia vedevamo alcuni amici, che si erano lanciati in questo tentativo, spegnersi nell’insignificanza o catturati dall’ideologia.  Ci attraeva la possibilità di entrare nel mondo con la libertà della fede, con un volto e un cuore dominati dalla passione di Cristo. Un principio vitale, attivo ma non aggressivo, vivace ma non prepotente, attraente ma non propagandistico ci veniva presentato da un vivace sacerdote che, in un convegno missionario, proponeva la nuova immagine della missione non in termini di conquista o di colonizzazione, ma come presenza discreta ed efficace sulle orme di Cristo. Il nucleo ardente del suo discorso traeva origine da un manoscritto scoperto nel 1436 a Costantinopoli in una pescheria, usato come carta da imballaggio insieme con altri scritti già noti, denominato ‘A Diogneto’. L’autore ignoto di questo testo, il cui contenuto aveva cominciato a diffondersi dalla seconda metà dell’Ottocento, racconta la vita dei primi cristiani a un certo Diogneto, al quale ‘interessa molto conoscere la religione dei cristiani’; lo invita a ‘purificarsi da tutti i pregiudizi che gli invadono la mente’, a sbarazzarsi dalle ingannevoli consuetudini e a diventare un uomo nuovo, discepolo di una ‘dottrina nuova’. Così scrive:                                                                    A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo…           

E prosegue:            I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini…. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini, e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera.  Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.                                     Queste parole precise e intense continuano a segnare una direzione e diventano realtà nella vita di tanti cristiani. Nel mondo di tutti, i cristiani – singolarmente presi o in famiglie e gruppi, fraternità e comunità – vivono una novità che cambia il rapporto con le persone, le cose, gli avvenimenti, nella consapevolezza di essere scelti e amati per testimoniare il Signore nel mondo. E’ una strada aperta anche oggi per tutti i seguaci di Gesù, ciascuno nella fedeltà alla propria vocazione, qualunque essa sia e dovunque conduca, consapevoli di un bene che viene ricevuto per essere donato. Una prospettiva di vita attraente come il sole a mezzogiorno e vivace come le onde che vengono a lambire la spiaggia: così i cristiani sulla spiaggia del mondo.

Come andare in aiuto a questo mondo che – si afferma da molte parti – gira a rovescio? C’è una depressione non solo economica e politica, ma del desiderio. Non si desidera e non si trova niente di buono al di fuori della minuteria quotidiana, come una buona merenda, una rapida soddisfazione, il breve sollievo per un intrigo finalmente risolto… Per il resto, il mondo vada come vada. D’altronde, che cosa posso fare io di fronte alle guerre che dilaniano popoli e uccidono bambini, di fronte a politici che litigano, a potentati che sfruttano??? Che posso fare con le stagioni scombinate, gli incendi rovinosi, i terremoti micidiali, i ghiacciai evanescenti?… Paura e indifferenza spengono nelle giovani famiglie la voglia di futuro e l’attrattiva di mettere al mondo un bel bambino.                                              E la religione? E la Chiesa? C’è chi la giudica più decaduta oggi che non all’epoca dei papi e antipapi, o dell’alleanza col potere imperiale o della corruzione del clero e via dicendo… In questo oscuro panorama, il tempo in cui viviamo, pur ricco di beni come non mai, viene considerato come il peggiore mai capitato. Peggio del diluvio universale, peggio delle invasioni barbariche e dei tempi della peste quando si moriva quattro su dieci ogni giorno.

C’è speranza? Invochiamo speranza in questo Giubileo, e pare un grido disperato come quello dell’uomo sbigottito sulla spalliera del ponte nel quadro di Munch. Da quale parte uscirne? Non ci è data la facoltà di scendere da questo mondo, né possiamo cambiare direzione alla carrozza per infilarci nella strada del cielo.            Di fronte a uno scenario che sa di apocalisse disperata, mi insorge in cuore, con la potenza di una sorgente finalmente libera, la considerazione che il poeta Charles Péguy faceva agli inizi del ‘900:

C’era la cattiveria dei tempi anche sotto i Romani. Ma Gesù venne. Egli non perse i suoi anni a gemere ed interpellare la cattiveria dei tempi. Egli taglia corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non si mise a incriminare, ad accusare qualcuno. Egli salvò. Non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo».

Dunque, di fronte alla cattiveria dei suoi tempi, Gesù fa il cristianesimo!! Offre se stesso, il suo modo di parlare e incontrare, di vivere e pregare, di guardare e perdonare. Cristo dona se stesso! E noi, che possiamo fare? Noi non siamo lui; anche donassimo noi stessi, sarebbe un niente nel mare del mondo.  Noi possiamo dare quel Gesù che ci viene donato. Possiamo metterci in fila dietro a Lui per ‘fare il cristianesimo’. Possiamo parlare di Lui, raccontare di chi l’ha incontrato, seguito, amato. Charles de Foucauld, quando intercetta il Dio vivo in Cristo, afferma: “Se Dio esiste ed è così, io non posso che vivere per lui”. Per imitare Gesù povero va a Nazaret e poi nel deserto. Possiamo dunque fare un pezzettino di cristianesimo, una pietruzza del mosaico. Possiamo vivere avendo in mente e in cuore Gesù, possiamo testimo niare una vita di amicizia con Lui, portando insieme con lui il sudore della giornata, la gioia e il dolore. Come quella donna malata di tumore, che avrebbe dovuto morire sei mesi fa: trovandosi ancora in vita, ringrazia commossa il Signore che le dona ogni giorno un giorno in più. Anche questo è fare il cristianesimo…

 

 

Quante volte sentiamo o leggiamo e magari commentiamo la stessa notizia, insistentemente annunciata, ripetuta, commentata da tv, giornali e miriadi di social? Intuiamo in anticipo la scaletta del telegiornale, lo stillicidio dei commenti dei politici di opposta tendenza, l’altalena di spese e pranzi e regali fatti o da fare. La grancassa del mondo diventa monotona, schiacciata dal mucchio delle solite cose. E’ tutto qui il mondo da conoscere, è questo che ci interessa, sono questi gli avvenimenti che meritano di essere raccontati?

Viene l’occasione di tirarsi fuori dalle cose solite: alcuni giorni di ritiro spirituale o di vacanza con amici; oppure un avvenimento forte, lieto o doloroso, che interrompe il ritmo consueto. La scena cambia, per la lontananza dai luoghi abituali; le giornate ti vengono incontro con il volto delle persone. Riscopri un giro di parenti e amici, e il cuore vibra con una danza leggera; si svelano luoghi, panorami, case, chiese, monti, sentieri, ambienti che allargano l’orizzonte. Si ridesta la sensibilità per quello che incontri, una percezione acuta del senso della vita, un’esperienza diversa dell’esserci e dell’abitare. Ti domandi: dov’era tutto questo mentre me ne stavo a casa tra le solite cose? Cominci a desiderare che anche la vita che scorre immobile nelle giornate mantenga lo stesso tipo di attenzione alle cose, lo stesso sguardo sulle persone, la stessa partecipazione agli avvenimenti. L’orizzonte si allarga e il dialogo si apre su altre finestre. Il tempo diventa disponibile per altre iniziative. Cerchi – e a volte trovi – un numero più ampio di persone da visitare; vai a rovistare nella marea dei libri e scovi gli autori che sempre ti hanno attratto e che restavano relegati in seconda o terza fila; ti schiudi alla novità del silenzio e ti fai prendere dallo stupore della liturgia ben cantata. Spuntano gli autori classici e assapori il gusto del linguaggio chiaro e diretto di un Padre della Chiesa, ti lasci avvolgere dalla musica dei concerti che girano il mondo non solo a Natale e Capodanno, mentre intanto scorri i giornali o riordini gli oggetti dispersi in un cassetto. Accogli l’invito di un vecchio amico di scuola, intravvedi una possibilità di contatto con una persona malata e con la famiglia con bambini piccoli, così difficile da intercettare.                                             Hai sempre bisogno di venire risvegliato a una visione più vera di ciò che accade nel mondo. E dunque, meno tv e telegiornali, e più attenzione alle pagine del quotidiano che ti introducono al senso delle cose, più tempo a quei due o tre settimanali, a quei tre o quatto mensili che hai tra mano, per superare la banalità della cronaca e svincolarti dallo standard dei giudizi scontati. Pian piano la vita torna a respirare. Non restiamo schiavi di chi guida il treno, pur senza bisogno di scendere dalla carrozza. Il panorama ci scorre davanti pieno di sorprese. E chiudendo gli occhi su quel che  succede là fuori, vedi scorrere vite autentiche, capaci di affrontare il male e di costruire il bene. Esiste dunque una vita ‘altra’, più vera. Esistono notizie ‘altre’, che appassionano. Non più rassegnati a sprofondare nel vuoto del nulla che una società annoiata continua a raccontare.

  1. Mentre il pensiero gira su queste cose, arriva un messaggio: “Mio figlio ventenne dice essere stufo delle notizie dei soliti tg. Ha scoperto tv 2000, e trova che le notizie dal mondo hanno un altro sapore”.

Don Angelo Busetto     3386539107