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LE STRADE DELLE VACANZE

Mai visto lavorare così tanto i ragazzi come in questa vacanza. Macché estate dispersiva e vuota. Macché ragazzi annoiati davanti alla TV o perduti con i cellulari. Quasi non usano il telefonino, se non per rare chiamate a casa o piuttosto da casa. Sono più i genitori che pretendono di seguire, a volte con dannosa apprensione, il figlioletto o il giovanetto in vacanza o in 'vacanzina'.

Dopo appena un giorno che stai qui, ti sembra d'esserci da un mese. Giochi, camminate col contorno di sorprese sul sentiero interrotto per rovinosi temporali, attività fantasiose, filmati e incontri, e tutto quell'intreccio di rapporti umani che spuntano in una convivenza gomito a gomito. Gli adulti sono abili nell'invenzione e nella conduzione dei giochi e più ancora nel suscitare l'interesse su aspetti fondamentali della vita: il valore di ciascun ragazzo, unico come l'albero esattamente disegnato a colori nel pomeriggio di ‘laboratorio’; l’amicizia sperimentata come strada alla realizzazione di se stessi e alla felicità. Non discorsi proclamati, ma esperienze vissute e raccontate. Gli spunti vengono evocati con le puntate quotidiane del film' Il circo della farfalla'. L'uomo senza braccia e senza gambe, dileggiato come fenomeno da baraccone e avvilito nei riguardi di sé stesso, viene finalmente guardato come persona e comincia a volare come la farfalla che esce dal bruco. I superman dagli spezzoni di film offrono la sigla che suggerisce il nome da dare alle squadre dei giochi, combinati non per creare emulazione ma per suscitare una collaborazione che fa guadagnare punti alla propria squadra. La strada dell'amicizia si percorre nelle lunghe passeggiate, dove si ascolta e si annusa il silenzio del bosco e si misura la tenuta delle gambe, attenti che anche i più deboli e incerti possano toccare la mèta. Alla fine della giornata ci imbattiamo in Gesù che sale in barca con noi e dorme sul cuscino. Si alza e si svela come Colui che salva anche attraverso i dialoghi occasionali lungo la giornata, dove si raccontano le piccole e grandi tempeste che travolgono la vita di qualcuno tra i più grandi e anche tra i più piccoli. Fin dal mattino svegliamo con la preghiera delle Lodi il Signore che dorme: "O Dio vieni a salvarci" ed diventa il motivetto di una sinfonia che assume tutti i colori della giornata

Le vacanze non sono un riposo che snerva e avvilisce, ma un'accelerata nel percorso della vita. La libertà si muove alla ricerca del bello e del vero, e la gratitudine saltella di passo in passo nei percorsi del cuore.

La FOLLA E LE LUCI

La folla che segue Gesù viene registrata dai Vangeli, che ripetono: “Lo seguiva molta folla... Erano circa cinquemila uomini… Si radunavano tante persone da non esserci posto davanti alla porta… Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì sua una barca e insegnava loro…”.  E via di seguito. Nel tempo, la folla non diminuisce, e continua a invadere piazze e strade. Ne rimaniamo sorpresi in certe assemblee liturgiche, nel giro di alcune processioni, nelle parrocchie e nei santuari, nei pellegrinaggi di giorno e di notte dove camminano decine di migliaia di persone, senza contare i raduni in piazza San Pietro e altre piazze attorno al Papa, fino alle percentuali di chi ‘si avvale dell’ora di religione’.

Cos’è questo fenomeno che perdura come un’altalena che non cede, come un’acqua che cala per subito crescere, come una fame che rispunta pur dopo un vorace rimpinzamento? Vengono attraversati i deserti della secolarizzazione, i decadimenti e gli smarrimenti del cuore umano, i disorientamenti e le delusioni dei ministri di culto.  Ci sorprende il racconto della vita dei santi del nostro tempo, particolarmente quei giovani che la morte precoce per incidente o malattia ha messo sotto gli occhi di tutti. Dov’erano dunque? O meglio, dove eravamo noi, quando le nostre energie si esaurivano nella lamentela e nel rimpianto di un mondo perduto? In una scuola, in un gruppo di amici, in una vacanza, in una malattia, nell’accoglienza di un bambino malato, nel servizio in un luogo di missione, la vita fioriva. Spuntavano dal nulla nuovi carismi e movimenti che in un batter di pochi decenni hanno invaso il mondo.

Basta sedere in confessionale per essere raggiunti non solo dai peccati della gente, ma da sorprendenti fenomeni di grazia. Da dove vengono i due sposini arrivati freschi al matrimonio e ora in attesa del figlio, con quell’intensità di fede e la lieta testimonianza in paese e nel lavoro? E la donna tradita e offesa, eppure fedele? E i genitori pazienti nell’accoglienza e misericordia verso figli perduti? S’innalzano preghiere a Dio e alla Madonna nel silenzio di un tormento nascosto. Tanti giovani e adulti che dedicano uno spezzone dell’estate ai più piccoli, chi li ha generati? Le donne che pregano il vespero prima del lavoro nella festa patronale, quanto amano nostro Signore? Quanti ragazzi recuperati dal buio della depressione e della droga, da un nuovo carisma che percorre le strade della notte? Torrenti e rigagnoli e sorgenti e canali irrigano il mondo di un’acqua che viene dalla profondità del tempo e dall’altezza del cuore di Dio. Daremo qualche frammento di attenzione a scoprire le luci che illuminano città e campagne?

Don Angelo

 

 

 

LE BELLE NOTIZIE

Un fatto in controtendenza rispetto al calo di tiratura della maggior parte di giornali e riviste in Italia: un quotidiano è in crescita. Lo nota il presidente della Federazione della stampa nazionale al Festival della Comunicazione in corso a Chioggia. Nei flussi di lamentele, denunce e corruzioni, delitti e scandali, fake news e indagini senza fine, proteste gridate e piazze arrabbiate, in estensione come un mare di plastica, la navicella che viaggia a rovescio imbarca nuovi passeggeri.

Avvenire, il quotidiano citato, non è un fenomeno isolato. Si fanno leggere e apprezzare anche riviste e pubblicazioni che non marciano nell’orrido e nel torbido, non indugiano nella denuncia e nella protesta, ma vanno a scovare il germoglio di vita che spunta in ambiente politico, nell’impresa sanitaria, nel quartiere considerato depravato, nella chiesa indebolita. Quanto più intenso ed esteso è il buio, tanto più si nota anche un piccolo barlume. Ma non si tratta solo di fiammelle. Lo rileva il Presidente della Repubblica in un’intervista tutta da leggere di Andrea Tornielli e Andrea Monda. Il suo incarico gli offre una postazione privilegiata per osservare e incontrare. In giro per l’Italia o nella sede del Quirinale, il Presidente Mattarella si imbatte in un numero senza fine di persone, comunità e gruppi ingegnosi, industriosi, propositivi. Quando viaggia all’estero, riscontra una stima e un’ammirazione per l’Italia, ben superiore a quella che gli italiani stessi sanno manifestare.

Di fatto, basta guardarsi attorno nel piccolo cerchio della vita quotidiana. Passi all’ospedale e vedi la bancherella di beneficenza predisposta da mani e cuori volonterosi, entri in chiesa e vedi alcune persone sistemare i fiori, vai in strada e s’apre il saluto a destra e a sinistra. Ricevi facilmente un passaggio in macchina, un favore estemporaneo, un turno di pazienza; incroci nuove iniziative di lavoro e di carità che superano la crisi.

Un tempo si diceva che la notizia cattiva schiaccia quella buona e fa vendere. Forse iniziamo a stufarci e cambiamo canale, e ci accorgiamo che anche in tv, nei programmi più imprevedibili, spuntano striscioni di fatti positivi. Le buone notizie sono anche belle, come annuncia il titolo del Festival della comunicazione. In questo tempo di Pasqua, siamo richiamati a guardare gli apostoli dopo la risurrezione, a riconoscerci come creature fatte nuove nel Battesimo, a crescere con il pane dell’Eucaristia nella famiglia della Chiesa nella quale abitiamo. Uomini nuovi anche quando nessuno ci conosce o ci riconosce, quando siamo perseguitati, quando semplicemente viviamo, amiamo, incontriamo, preghiamo, mangiamo, riposiamo, lavoriamo, accogliamo. L’iniziativa di Dio ci sorprende come un agguato, e il mondo nuovo dei figli della risurrezione sfida ogni giorno il nostro limite e la miseria che ci circonda.

 

IL ROSARIO DELLA VITA

Sono appena tornati dal Messico, dove il figlio lavora. Sul sagrato della Chiesa raccontano la meraviglia dell’incontro con un popolo fiero e religioso, orgoglioso delle proprie tradizioni e profondamente pio. “Abbiamo visto cattedrali e chiese gremite, le celebrazioni della settimana santa animate e partecipate da tanta gente, compresi i numerosissimi bimbi ben seguiti dai genitori, educati e rispettosi del luogo sacro”. Nella campagna, al tramonto, tra case fatiscenti, quasi ad ogni incrocio, capannelli di gente di tutte le età pregano la Madonna davanti ad altarini pieni di fiori. Anche nei taxi e negli autobus occhieggiano immagini sacre. “Abbiamo partecipato ad una grandiosa celebrazione pasquale nella basilica di Guadalupe: era evidente la fede del popolo. Ma quello che ci ha più stupito è stato un altarino dedicato a Maria in una casa poverissima: fiori freschi - difficilissimi da trovare in un luogo così arido - un cero acceso tutto il giorno e un'immagine grandissima della Vergine. La figlia ci confidava che quella, per sua madre, era la prima occupazione della mattina: offrire alla Madonna la sua famiglia segnata dalla sofferenza.”
La coppia di amici racconta con occhi brillanti e cuore rianimato. Lo sguardo si allarga sulle strade dei nostri paesi e città, dove non s’è ancora spenta l’eco degli antichi rosari.
Altri amici raccontano della processione di Matera con le statue della Madonna e dei santi portati a braccio dalle persone, vecchie e giovani, che hanno avuto quest'anno una grazia particolare.
Il mese di maggio, che inizia a ridosso della Pasqua, ridesta ancora tra le nostre strade crocchi di persone che pregano. E’ una sorpresa che si credeva svanita, e che si riaccende puntualmente, qui sul sagrato della Chiesa, lì davanti al capitello mariano, altrove sulla scalinata del condominio. Rosario significa semplicità di preghiera, percorrendo la strada di Maria che vive gli avvenimenti del Figlio Gesù, ricevendone per sé e per noi pienezza di umanità. E’ una preghiera così semplice, che anche i bambini la sgranano con la prima corona, e gli anziani la accompagnano con pacatezza; i giovani la riscoprono dopo la distrazione dell’adolescenza, e i preti indugiano davanti al miracolo della fede che si rinnova. La teologia parla di ‘sensus fidelium’, come dire il buon senso cristiano dei fedeli. Non è per nulla il ‘quarto stato’, cioè il livello inferiore del popolo di Dio, ma piuttosto la sua punta tenace. Una fede ‘popolare’ non perché crede di meno, ma perché si estende nel popolo e riempie di consolazione e letizia le circostanze della vita, senza artifici e raffinatezze: a somiglianza del pane moltiplicato e del buon vino delle nozze di Cana.

IL ROSARIO DELLA VITA
Sono appena tornati dal Messico, dove il figlio lavora. Sul sagrato della Chiesa raccontano la meraviglia dell’incontro con un popolo fiero e religioso, orgoglioso delle proprie tradizioni e profondamente pio. “Abbiamo visto cattedrali e chiese gremite, le celebrazioni della settimana santa animate e partecipate da tanta gente, compresi i numerosissimi bimbi ben seguiti dai genitori, educati e rispettosi del luogo sacro”. Nella campagna, al tramonto, tra case fatiscenti, quasi ad ogni incrocio, capannelli di gente di tutte le età pregano la Madonna davanti ad altarini pieni di fiori. Anche nei taxi e negli autobus occhieggiano immagini sacre. “Abbiamo partecipato ad una grandiosa celebrazione pasquale nella basilica di Guadalupe: era evidente la fede del popolo. Ma quello che ci ha più stupito è stato un altarino dedicato a Maria in una casa poverissima: fiori freschi - difficilissimi da trovare in un luogo così arido - un cero acceso tutto il giorno e un'immagine grandissima della Vergine. La figlia ci confidava che quella, per sua madre, era la prima occupazione della mattina: offrire alla Madonna la sua famiglia segnata dalla sofferenza.”
La coppia di amici racconta con occhi brillanti e cuore rianimato. Lo sguardo si allarga sulle strade dei nostri paesi e città, dove non s’è ancora spenta l’eco degli antichi rosari.
Altri amici raccontano della processione di Matera con le statue della Madonna e dei santi portati a braccio dalle persone, vecchie e giovani, che hanno avuto quest'anno una grazia particolare.
Il mese di maggio, che inizia a ridosso della Pasqua, ridesta ancora tra le nostre strade crocchi di persone che pregano. E’ una sorpresa che si credeva svanita, e che si riaccende puntualmente, qui sul sagrato della Chiesa, lì davanti al capitello mariano, altrove sulla scalinata del condominio. Rosario significa semplicità di preghiera, percorrendo la strada di Maria che vive gli avvenimenti del Figlio Gesù, ricevendone per sé e per noi pienezza di umanità. E’ una preghiera così semplice, che anche i bambini la sgranano con la prima corona, e gli anziani la accompagnano con pacatezza; i giovani la riscoprono dopo la distrazione dell’adolescenza, e i preti indugiano davanti al miracolo della fede che si rinnova. La teologia parla di ‘sensus fidelium’, come dire il buon senso cristiano dei fedeli. Non è per nulla il ‘quarto stato’, cioè il livello inferiore del popolo di Dio, ma piuttosto la sua punta tenace. Una fede ‘popolare’ non perché crede di meno, ma perché si estende nel popolo e riempie di consolazione e letizia le circostanze della vita, senza artifici e raffinatezze: a somiglianza del pane moltiplicato e del buon vino delle nozze di Cana.

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DOPO GLI AUGURI di PASQUA

Quante strade percorrono gli auguri di Pasqua? La più breve conduce dall'altare a un lieto e rapido abbraccio con i fedeli giù dei gradini al termine della Veglia Pasquale. Le strade più intrigate e fantasiose percorrono tutte le fibre dei social. Solo qualche raro biglietto spunta nella mazzetta di giornali e riviste che il postino consegna qualche giorno prima di Pasqua. Occhieggiano sorridenti e malinconici alcuni messaggi che quasi si confondono con la pubblicità pasquale, luminosi di belle promesse fatte di pulcini, colombe, cioccolata, fiorellini e fantasie esotiche. La Pasqua si trasforma in una buona tazzina di caffè o nella sorpresa dell'uovo di cioccolato: tutto bello, simpatico e ...vuoto. Pare sia fuori moda e fuori contesto il riferimento a Gesù risorto e all'avvenimento della Pasqua cristiana: ben se ne guarda anche qualche fedele cristiano e non solo.

Ma la Pasqua di Gesù c’è! Dagli auguri di tutte le specie spunta bellissimo il quadro del Cristo che sorge imponente dal sepolcro in Piero della Francesca; si protendono con levità le mani della Maddalena verso Gesù nel dipinto di Giotto; si slanciano con desiderio le mani di un drappello di discepoli verso il braccio del Signore, scovate in una chiesa di Laggio di Cadore e riprodotte nel volantone degli auguri di Comunione e Liberazione. La Pasqua cristiana esce di Chiesa, percorre le strade della vita e illumina le pareti di casa. Cristo risorto è il punto da cui tutto ricomincia. Con Gesù anche i discepoli e le discepole risorgono dalla paura e dall'incertezza, e si mettono in cammino per le strade del mondo: "Andate e annunciate". Lo richiama uno scrittore francese che non si rassegnava al suo ateismo: Cristo, "almeno lui, ci è permesso ammirarlo e amarlo senza farci troppe domande sulla sua realtà. Se qualcuno ha lasciato una traccia sfolgorante nella mente e nel cuore degli uomini, è proprio Gesù Cristo" (D'Ormesson, Avvenire 21.4.2019). Gesù Cristo è venuto a toccare la nostra vita, a condividere la passione dei suoi fratelli nuovamente percossi e dilaniati dagli attentati proprio nel giorno della sua Pasqua, lanciati nella carità e commossi di misericordia ogni giorno della vita, feriti dai peccati e sanati dalla sua croce, risuscitati nella speranza e viventi per Dio e per i fratelli. Come sarebbe possibile vivere, sperare, generare figli e tirarli su con fiducia, se Cristo non ci prendesse per mano ogni mattina e non si accompagnasse con noi come con i discepoli che tonavano ad Emmaus delusi? Il suo volto brilla negli amici che credono, nei poveri che sperano, nei cristiani che patiscono persecuzione, nei fratelli e sorelle che gli donano la vita.

 

JE VOUS SALUE, MARIE – AVE MARIA

Per un’intera serata, e forse per giorni e giorni, gli occhi di tutti nel mondo guardano una Chiesa, la Chiesa: la Cattedrale di Parigi brucia, Notre Dame. Un amico mi sussurra la notizia all’ultima stazione della Via Crucis, appena giunti alla Chiesa di San Domenico a Chioggia, davanti al grande Crocifisso che ci abbraccia dopo il cammino partito dalla nostra Cattedrale con centinaia di persone. Nel dramma di Cristo che soffre e muore si inserisce il dramma dell’umanità, di ciascuno, dei popoli e delle nazioni, delle lotte e delle rivoluzioni, delle chiese e delle case, degli odi e delle riconciliazioni. Per un momento, tutto sembra crollare, la guglia cade, la chiesa brucia.
A poca distanza da Notre Dame, in piedi e in ginocchio, con lagrime silenziose, gruppi di persone pregano. Le campane suonano. Il mondo guarda.
“Che cosa regge l’urto del tempo?” Che cosa regge le circostanze avverse, la consumazione delle cose belle, la perdita delle persone amate, la delusione delle occasioni mancate?
Un amico francese, parroco a Milano, manda un messaggio con le parole del poeta Charles Péguy:
"La fede è una chiesa, è una cattedrale radicata nel suolo di Francia.
La Carità è un ospedale, un ricovero che raccoglie tutte le miserie del mondo.
Ma senza speranza, tutto questo non sarebbe che un cimitero".
La fede dei cristiani continua ad edificare le cattedrali di pietra, mentre Cristo edifica e riedifica la Chiesa delle persone.
Padre Jacques ci chiede una preghiera, un’Ave Maria per Notre Dame: Je vous salue Marie pour Notre Dame. Tutti insieme, nelle nostre case e da tutti i social, uomini e donne di ogni ceto e in ogni luogo, di ogni fede e senza fede, guardiamo la Chiesa, la Cattedrale, Notre Dame-Nostra Signora. All’inizio della Settimana Santa lo sguardo di tutti intravvede la Croce di Cristo che si innalza fino al terzo giorno, giorno della Risurrezione.
Je vous salue, Marie. Ave Maria, il Figlio che hai generato, è risorto.

Per libri, giornali e siti, si invoca il Pronto Soccorso degli esperti in scienze umane, persone sagge e navigate, chiamate a sostenere chi viene coinvolto in situazioni drammatiche, come incidenti, terremoti, attentati. Una competenza di cui ha bisogno il mondo dei ragazzi, giovani, fidanzati, famiglie, e non so chi altro. Tuttavia le pur necessarie competenze mostrano la corda di fronte al mistero dell’uomo che supera ogni misura e travolge tutte le proporzioni; il gran lago del cuore umano arriva a profondità insondabili e si estende per meandri impenetrabili alla sapienza umana, arrivando a toccare l’Infinito di cui è immagine e di cui conserva nostalgia. I fiori e i lumini sui luoghi delle stragi e degli incidenti, le sfilate e le fiaccolate per ricordare le vittime o per commemorare eventi drammatici – come il decennale del terremoto de L’Aquila, con la lenta scansione dei nomi delle persone travolte dalle macerie - diventano premessa a un’invocazione che spinge più in là. Anche se la sfilata non si conclude con una preghiera corale, c’è da scommettere che tante persone si lascino andare a una silenziosa invocazione al Signore e alla Madonna, come al tempo in cui si era bambini, e come ancora accade in qualche chiesa.

Non possiamo ridurci alla dimensione orizzontale: la salvezza invocata supera ogni umana competenza e capacità, e non trova risposta nemmeno quando case e contrade vengono ripristinate – cosa peraltro così lontana dall’essere portata a compimento.

L’intervento delle scienze umane viene invocato e praticato anche nell’affronto dei problemi di una comunità cristiana o di una fraternità religiosa. Rimanendo persone umane, con livelli psicologici e intrecci sociologici, veniamo istruiti e indirizzati sulle dinamiche che ci strutturano e ci attraversano. Purtuttavia, una sottile tentazione pelagiana può insinuarsi come serpente: ‘Ci bastano le nostre tecniche e competenze per uscire dal buco’. Il laboratorio delle invenzioni e genialità basterebbe a risolvere i problemi della famiglia, le crisi del prete, le attese dei giovani. Metodologie e tecniche si contendono la piazza nei gruppi convocati, lasciando in superficie l’annuncio della fede, mentre l’efficacia della grazia viene svilita e la preghiera appare intimistica e inutile. Quando l’attrattiva cristiana abbassa l’asticella, svanisce l’immagine di Cristo che salva e perdona, fa rinascere i cuori e fa nuove tutte le cose. Più che di esperti, abbiamo bisogno di accoglienza e perdono. Allora il cuore salta oltre la siepe, invoca la tenerezza di Dio e mèndica il suo abbraccio. Il bisogno di essere accolti e perdonati va ad affiancarsi ai testimoni del passato e del presente, percorrendo le vie misteriose delle acque della grazia, agitate dal vento dello Spirito.