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I PASSI DI GERUSALEMME

Nella Gerusalemme antica i passi risuonano su strade di pietra bianca, su e giù per gradinate quasi di città medioevale, nel cuore del quartiere che vive attorno al Santo Sepolcro. Appena arrivati, in un piccolo ‘ristorante’ ci procuriamo un ‘pranzo’ con una sorta di panino-piadina arrotolato, rimpinzato di carne e verdure.

Subito alla Basilica del Santo Sepolcro, gli amici entrano di filato, come Pietro e Giovanni al sepolcro, mentre io indugio nella piazzetta antistante. Appena dopo la soglia, ecco il lastrone di marmo sul quale è stato deposto il corpo morto del Signore; una prostrazione come tutti i pellegrini, e il capo posato sul marmo. Gli antichi pellegrini arrivavano portando la Croce fino al calvario: per questo venivano detti ‘crociati’; incidevano piccole croci sui muri di pietra marmorea, ben visibili nella cappella degli Armeni.

La processione dei frati, con i salmi e i canti gregoriani, percorre il cerchio interno della Basilica e supera gli alti gradini della scala che conduce al Calvario. Quanto è profondo il buco della Croce? Arriva a raggiungere il cranio di Adamo, congiungendo colpa e redenzione, il Primo Uomo e il Nuovo Adamo. Il percorso della inesauribile folla di pellegrini e le soste per arrivare al Sepolcro ricordano la camminata silenziosa delle donne il mattino di Pasqua e la corsa di Giovanni e Pietro. Anche noi troviamo il sepolcro vuoto, e ricordiamo il lenzuolo che avvolse Gesù morto e la veletta che ne copriva il volto, ben posizionati nella dimensione del corpo assente, e che ormai riscontriamo nella Sindone di Torino e nel velo di Manoppello.

Dalla tomba della risurrezione fino alla cappella dell’Eucaristia, gli occhi si concentrano sull’Ostia consacrata, a contemplare Cristo che vive. A lato dell’altare, un bassorilievo raffigura Gesù che si presenta alla Madre: ‘Virginis oculi pleni facti sunt Filii visu et ipsa vultum eius intuita est divinum. Gli occhi della Vergine si sono riempiti della visione del Figlio, ed ella ha scorto il suo volto divino.’

Ettore, l’amico accompagnatore, da ventun anni familiare di Gesù in Terrasanta a servizio dei cristiani e di tutti, ci conduce a guardare e a scoprire gli avvenimenti che si svolgono sotto gli occhi della nostra piccola compagnia, e ce ne rende partecipi come i primi discepoli. Arriviamo al Getsemani. Prima di tutto, la grotta dove Gesù si intratteneva con gli amici, un luogo di ritiro, nascosto, a un tiro di sasso dall'orto degli Ulivi, dove la chiesa semibuia custodisce il sasso della prostrazione e della preghiera di Gesù.

Nella visita alle chiese spesso grandissime e fortificate nei luoghi identificati dalla tradizione, quelle rimaste o quelle distrutte dal tempo o dagli oppositori, ci rendiamo conto dell’immenso lavoro dei crociati, che ha realmente salvaguardato in qualche misura gli spazi percorsi da Gesù e i luoghi degli avvenimenti accaduti. Pezzo dopo pezzo, come lettere di un alfabeto di pietra, i muri, le pietre, le strade definiscono i contorni del racconto evangelico. Il Vangelo, prima di essere raccontato e scritto, è un fatto che accade. In questo sito o cento metri discosto, in questa casa o in una simile, tutto è avvenuto. Come i primi, anche noi attratti da quell’Uomo che ci chiama amici e familiari e apre la scena del mondo.

Visitiamo a Gerusalemme il museo che conserva gli oggetti della vita quotidiana del tempo di Gesù, accompagnati da Padre Alliata, il più illustre francescano archeologo; verifichiamo la piscina dai cinque portici indicata nel Vangelo di Giovanni, i luoghi della condanna, la casa di Caifa. Scopriamo il decumano, la via che attraversava la città; i ruderi di alcune colonne si proiettano su un dipinto che riproduce la lunga strada con una folla vivace; a metà del secondo secolo, sicuramente qualcuno dei personaggi raffigurati è cristiano, prima ondata della fede in Cristo, giunta a lambire le nostre sponde.

In una puntata a Nazaret, ci fissiamo sul luogo del sì di Maria, e percorriamo l’abitazione che ha visto il dramma di Giuseppe, piegato alla missione consegnatagli da Dio. A Cafarnao misuriamo i contorni di una casa simile a quella del paralitico trasportato sul tetto dai quattro amici attraverso la scala esterna, e fatto calare dal foro praticato sulla sottile tettoia che difendeva dal sole il cortile interno; Gesù lo libera dapprima dal male di vivere e poi lo fa camminare. Sulla riva del lago di Tiberiade il dialogo di Cristo con Pietro dopo la risurrezione provoca un sobbalzo al cuore. Riviviamo nella nostra storia personale gli avvenimenti accaduti davanti agli occhi dei primi testimoni, contraddistinti da chiese immense o sprofondate, e ripercorsi nei cammini millenari dei pellegrini. Cristo raduna ancora oggi la compagnia dei discepoli che lo riconoscono, e crea uno spazio di Terrasanta nel piccolo luogo della nostra vita e ovunque nel mondo.

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Fraternità di Terrasanta

Insieme con la compagnia di Ettore, l’amico italiano presente in Terrasanta da oltre vent’anni che ci rende partecipi dei fatti del Vangelo al modo dei primi discepoli, la novità di questo pellegrinaggio è l’incontro e la scoperta delle persone. Al nostro gruppetto sono aggregati due giovani di Chioggia e alcuni uomini di San Benedetto del Tronto e della Calabria. Visitano con noi i luoghi santi ma – secondo una sequenza che da un certo tempo coinvolge alcuni gruppi di amici italiani - spendono le mattinate lavorando alla ristrutturazione di case che diventeranno luoghi di accoglienza dei pellegrini. Lo sperimentiamo noi stessi come ospiti in una casa di cristiani che nel tempo si è svuotata per l’emigrazione; la famiglia rimasta riceve speranza e sussistenza dall’accoglienza dei pellegrini nelle stanze riadattate, a due passi dalla Basilica di Betlemme. Nell’ospedale pediatrico della città gli amici ci conducono a incontrare Suor Lucia, originaria di Vicenza, che racconta e mostra le vicende dei bambini accompagnati nella malattia insieme con mamme e papà, alcuni fino all'affronto della morte. Vi lavora una donna di Betlemme, mamma di tre figli, che recentemente è venuta a Chioggia invitata dal Comune, a presentare insieme con altre persone della Palestina un progetto di collaborazione che coinvolge alcuni Comuni d’Italia. Ci porta a pranzo nella sua casa, con il marito che incontriamo al lavoro presso il Ministero del turismo e dell’archeologia. Saremo ospiti anche da una sua amica che collabora con il marito medico in un ospedale specializzato. Il cerchio si allarga fino all’Associazione Pro Terra Santa che apre all’Italia e al mondo; il Patriarcato di Gerusalemme ne ha affidato la promozione pubblicitaria a due giovani italiane che ci rendono partecipi del loro lavoro. Vincenzo, un siciliano sposato con una donna di Betlemme, tiene le fila del laborioso intreccio delle attività che sostengono la presenza dei cristiani a Betlemme, ridotti dal 90 per cento che erano all’inizio del novecento, a meno del dieci per cento ai nostri giorni. Chi rimane, contribuisce a mantenere il tratto cristiano dei luoghi santi, dove sovrabbondano – a seconda dei luoghi – musulmani o israeliani. La presenza dei cristiani è un aiuto e un conforto per i pellegrini e per i Francescani che da secoli abitano e custodiscono i luoghi santi della Palestina. Si collabora a sostituire sui tetti delle case le cisterne d’acqua ormai arrugginite, con altre di plastica; si organizzano corsi di ristorazione e di sartoria. Le pietre, le case, i muri, le chiese, riprendono vita nel volto e nel cuore delle persone che tornano a incontrarsi, a pregare, a riscoprire la fede come esperienza che rinnova la vita, pur dentro le restrizioni e i limiti imposti da una situazione storica e politica estremamente complessa.

Nel nuovo volto del pellegrinaggio in Terrasanta, Gesù non è un sepolcro vuoto, una parete diroccata, un bel monumento, una chiesa suggestiva o un panorama famoso. Diventiamo amici con uomini e donne trascinati - ciascuno con la sua vicenda personale - dal desiderio di seguire Gesù come è accaduto ai primi. Nel gruppo di pellegrini che percorrono rumorosi e attenti le vie di Gerusalemme, di Betlemme, di Nazareth, o la riva del lago di Tiberiade, il legame con la Terrasanta non si ferma al ricordo vivissimo e nostalgico dei luoghi visitati, ma continua nella quotidianità dei giorni toccati dalla grazia di Cristo con l’eco delle parole udite e vissute: “La nostra libertà è l’amicizia”.

 

 

Nella crisi di oggi, i gesti di carità pongono un giudizio culturale e politico. E ci rimettono davanti a una questione decisiva: proporre un ideale concreto, che risponda ai bisogni e intacchi il cuore. Da "Tracce" di gennaio

Davide Prosperi

Da qualche anno, ormai, si sente ripetere sempre più spesso, e più noiosamente, lo stesso ritornello: c’è una crisi della politica, in Italia e non solo. Anche le ultime elezioni, che avrebbero dovuto sancire un cambio di rotta atteso e conclamato (almeno stando al plebiscito di voti che l’attuale maggioranza ha raccolto), in realtà hanno contribuito solo a rafforzare la malinconica persuasione che la politica ha perso una volta per tutte il suo ruolo di rappresentanza; se non ancora in termini istituzionali, per lo meno come rappresentanza delle istanze del popolo.

Questo sentimento è alimentato dai social network e cavalcato da tanti mass media, che fanno il gioco di quei soggetti politici e culturali che si identificano con l’antipolitica e la destrutturazione della società. Poi cosa importa che a fronte di questo non vi sia alcuna proposta concreta di costruire qualcosa? È una questione che ai più appare irrilevante; ora è il momento di demolire, perché tutto è marcio e non merita di stare in piedi...

Ora, che la politica sia in crisi è sotto gli occhi di tutti. Ma per come la vedo io, tale crisi rovinosa non deriva dall’assenza di una classe dirigente, e nemmeno dal venire meno di una rete associativa, dei famosi “corpi intermedi” – associazioni, sindacati e via dicendo –, che pure sono fattori sempre più evidenti. Il carattere profondo di questa crisi è un altro: la rinuncia a pensare che la politica sia innanzitutto un tentativo di espressione di un ideale. ...continua a leggere "CARITA’: Testimonianza e giudizio"

Il mondo naviga in tutte le direzioni, e un senso di smarrimento pervade equipaggio e passeggeri. Nella grande crociera della vita non bastano i supermercati delle distrazioni, né i brevi attracchi in porti famosi che introducono alle città d’arte e alle postazioni del gioco. E’ il soggetto stesso, uomo e donna, a trovarsi disperso, un ‘io’ staccato dalla sua origine e trascinato verso una mèta che rimane ignota. Come Diogene nella piazza del mercato, girovaghiamo con la lampada accesa domandando chi è l’uomo, da dove viene e dove va, chi lo ama e chi gli fa compagnia. “Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male»”. Scriveva così Papa Francesco nella sua prima enciclica Lumen fidei.
Eppure constatiamo che migliaia di giovani si muovono verso una mèta, come accade in questi giorni a Panama nella Giornata Mondiale della Gioventù. Papa Francesco diventa Maestro e testimone e indica il punto verso cui muoversi. C’è dunque ancora un ideale, una speranza da inseguire, una ragione per cui vivere e dare la vita. Lo vediamo emergere dai percorsi della storia nel volto dei santi: uomini e donne che si sono lasciati vincere da un punto di attrattiva, gli sono andati dietro e hanno allargato lo spazio dell’umano. Il calendario di fine gennaio presenta San Paolo convertito, San Francesco di Sales con una proposta che coinvolge il vivere quotidiano, San Giovanni Bosco che le inventa tutte con un cuore di padre verso ragazzini dispersi. La cronaca quotidiana racconta di preti e suore, famiglie e giovani che pregano, accolgono e ospitano e servono. Riemergono dal recente passato i santi della politica, come don Luigi Sturzo con il vangelo in mano e Alcide De Gasperi ricostruttore dell’Italia perduta: hanno aperto sentieri in un sottobosco di piante sane e robuste facendo rivivere l’umano dopo le tragedie della distruzione totale. Una ripresa che ci permette di camminare come nani sulle spalle di giganti. Con la vita dei santi la storia riprende ogni volta un giro virtuoso. Occorre dunque ‘contemplare ogni giorno il volto dei santi’. Fino ad accorgerci della santità usuale che ci circonda, di padri e madri e nonni e giovani che vivono con gusto, con pienezza e dedizione, con fede e carità; si ricostruisce un’umanità vera, un equilibrio che stabilisce avvenimenti e cose nella loro giusta proporzione, nella tensione a un bene più grande e più vero. Un istante di grazia ci viene donato ogni giorno, impregnato di misericordia e di umanità. Canta il poeta Eliot: ‘In luoghi abbandonati / Noi costruiremo con mattoni nuovi / Dove le travi son marcite / Costruiremo con nuovo legname / Dove parole non son pronunciate / Costruiremo con nuovo linguaggio / C’è un lavoro comune / Una Chiesa per tutti / E un impiego per ciascuno / Ognuno al suo lavoro’.

Domenica 3 febbraio 2019 - IV del Tempo Ordinario, Ciclo C

GIORNATA PER LA VITA

Introduzione del celebrante
Rivolgiamo la nostra preghiera al Signore Gesù con l’umiltà dei discepoli e il desiderio dei figli.

1. Signore Gesù, tu sei in mezzo a noi con la Parola e il Pane di vita. Donaci la grazia di accoglierti e seguirti con cuore libero e desideroso,
Noi ti preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

2. Signore Gesù, ti affidiamo le persone consacrate a te nella verginità, nella carità e nella missione. La loro vita diventi segno della tua presenza e della tua salvezza. Donaci vocazioni sacerdotali e religiose,
Noi ti preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

3. Signore Gesù, ti affidiamo quanti detengono un potere, politico, economico, sociale. La tua grazia li sospinga a operare con vigilanza e onestà per il bene dei popoli e delle singole persone,
Noi ti preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

4. Signore Gesù, donaci la tua carità nell’accoglienza dei figli, nel rispetto dei piccoli, nella cura degli anziani e di ogni persona bisognosa. Insegnaci ad amare e a servire,
Noi ti preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

Conclusione del celebrante
Guarda o Signore la preghiera e la fiducia del popolo cristiano che si rivolge a te.

Spunto per l’omelia
Gesù non è solo un grande uomo. Egli è Dio tra noi, il Figlio di Dio Padre. Condivide i nostri bisogni ma non si piega ai nostri capricci. A volte lo sentiamo ‘diverso’, come lo hanno sentito diverso gli abitanti di Nazaret, e come sentiamo diversa la Chiesa che ci parla in suo nome. Eppure Gesù è la nostra vera salvezza. Mettiamo a sua disposizione la vita, imparando la sua carità, come dice la seconda lettura, seguendo l’esempio dei santi.

Domenica 27 gennaio 2019 - III del Tempo Ordinario, Ciclo C

Oggi a Panama termina il raduno della GMG

Introduzione del celebrante
Il Signore Gesù è in mezzo a noi come nella sinagoga di Nazaret e annuncia la sua missione di salvezza per il mondo. Ci affidiamo a Lui.

1. Signore Gesù, tu ci raduni in questa assemblea eucaristica; ti ringraziamo per coloro che annunciano e testimoniano il tuo Vangelo; donaci sacerdoti santi,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, mentre si conclude a Pànama la Giornata Mondiale della Gioventù, ti affidiamo i giovani: la loro vita risplenda di vigore e di fiducia, confortati dalla parola e dalla testimonianza di Papa Francesco e di tanti fratelli,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, donaci di ritrovare e vivere l’unità del tuo Corpo con tutti i cristiani del mondo, nella Chiesa cattolica e nella nostra comunità,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

4. Signore Gesù ti affidiamo le persone colpite dalla malattia e dai drammi della vita; sostieni chi opera a favore dei lebbrosi,
Noi ti preghiamo: SALVACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
O Signore, poniamo davanti al tuo cuore e alla tua volontà le nostre preghiere, confidando nella tua misericordia. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Spunto per la festa
Formidabile l’inizio del Vangelo di Luca e poi del ministero di Gesù a Nazaret. Gesù è presente e ci parla ogni domenica nella nostra comunità: ci parla nel Vangelo e si comunica a noi. In tutte le nostre giornate, questo è il punto a cui guardare e al quale affidarci, con il cuore degli ebrei che esultano per aver ritrovato il libro della Parola dopo l’esilio. Il Maestro, il Salvatore, la Parola viva ci accompagna e ammaestra.

IL COMPITO DELLA VITA

Il mondo naviga in tutte le direzioni, e un senso di smarrimento pervade equipaggio e passeggeri. Nella grande crociera della vita non bastano i supermercati delle distrazioni, né i brevi attracchi in porti famosi che introducono alle città d’arte e alle postazioni del gioco. E’ il soggetto stesso, uomo e donna, a trovarsi disperso, un ‘io’ staccato dalla sua origine e trascinato verso una mèta che rimane ignota. Come Diogene nella piazza del mercato, girovaghiamo con la lampada accesa domandando chi è l’uomo, da dove viene e dove va, chi lo ama e chi gli fa compagnia. “Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male»”. Scriveva così Papa Francesco nella sua prima enciclica Lumen fidei.
Eppure constatiamo che migliaia di giovani si muovono verso una mèta, come accade in questi giorni a Panama nella Giornata Mondiale della Gioventù. Papa Francesco diventa Maestro e testimone e indica il punto verso cui muoversi. C’è dunque ancora un ideale, una speranza da inseguire, una ragione per cui vivere e dare la vita. Lo vediamo emergere dai percorsi della storia nel volto dei santi: uomini e donne che si sono lasciati vincere da un punto di attrattiva, gli sono andati dietro e hanno allargato lo spazio dell’umano. Il calendario di fine gennaio presenta San Paolo convertito, San Francesco di Sales con una proposta che coinvolge il vivere quotidiano, San Tommaso d'Aquino con la sua sterminata sapienza, San Giovanni Bosco che le inventa tutte con un cuore di padre verso ragazzini dispersi. La cronaca quotidiana racconta di preti e suore, famiglie e giovani che pregano, accolgono e ospitano e servono. Riemergono dal recente passato i santi della politica, come don Luigi Sturzo con il vangelo in mano e Alcide De Gasperi ricostruttore dell’Italia perduta: hanno aperto sentieri in un sottobosco di piante sane e robuste facendo rivivere l’umano dopo le tragedie della distruzione totale. Una ripresa che ci permette di camminare come nani sulle spalle di giganti. Con la vita dei santi la storia riprende ogni volta un giro virtuoso. Occorre dunque ‘contemplare ogni giorno il volto dei santi’. Fino ad accorgerci della santità usuale che ci circonda, di padri e madri e nonni e giovani che vivono con gusto, con pienezza e dedizione, con fede e carità. Un istante di grazia ci viene donato ogni giorno, impregnato di misericordia e di umanità. Canta il poeta Eliot: ‘In luoghi abbandonati / Noi costruiremo con mattoni nuovi / Dove le travi son marcite / Costruiremo con nuovo legname / Dove parole non son pronunciate / Costruiremo con nuovo linguaggio / C’è un lavoro comune / Una Chiesa per tutti / E un impiego per ciascuno / Ognuno al suo lavoro’.

DENTRO QUESTO MONDO

“Ci sono voluti diciannove giorni perché si aiutassero 49 persone lasciate in alto mare. Che sta succedendo, in Europa, se è dovuto intervenire Francesco all’Angelus per scuotere i leader?”
Questa domanda taglia in due il calendario. Dopo i giorni del Natale, con l’accoglienza del Bambino Gesù e l’esperienza del calore in famiglia, con amici, in comunità, ci ritroviamo sballottati dalle onde con le 49 persone tenute lontane dalla costa per lunghi giorni; un numero piccolissimo, in proporzione alle correnti di barche, navi, transatlantici che solcano i mari, segnati dalla legge del mutuo soccorso, dell’aiuto inevitabile da prestare a chi naviga. Che cosa sta succedendo, se impegniamo energie nel respingere i profughi senza prestar loro soccorso; se teniamo al freddo l’ospite piuttosto che provvedergli accoglienza? Che cosa succede se una donna che attende un bambino non previsto, la prima cosa che le spunta in cuore non è la tenerezza di mamma ma la sensazione dell’irrisione altrui? Che cosa succede se la fatica di un amore che si raffredda tra coniugi scivola subito nella fuga da casa? Diventa strano persino scambiarsi un saluto scendendo le scale del condominio di prima mattina, o entrando alla posta o in banca o all’ambulatorio. Tutte persone sconosciute? Tutti solitari? Tutti autosufficienti?
Che cosa manca alla nostra umanità se perdiamo quella fiducia che brilla nel volto di un bambino quando lo avviciniamo lieti e sorridenti? Persino le nostre assemblee liturgiche rimangono pervase da una seriosità compassata, una inespressività di volti e gesti; facce uguali dall’inizio alla fine, immobili di fronte all’annuncio, non più sorprese dal Padre che sta nei cieli e che non schiaccia con onnipotenza, ma accarezza con benignità. La sacralità ci ammutolisce, la partecipazione al dolore di un amico che ha perso il padre o la madre ci impaccia, la freddezza del cuore ci inibisce.
Eppure Lui è venuto. Cristo si è seduto alla nostra tavola e ancora si autoinvita come con Zaccheo e amici santi e peccatori. In qualche parte del mondo ancora si respira la sua presenza, si diventa amici e fratelli nel suo nome, si soccorre il prossimo senza contraccambio, si creano luoghi di vita, accoglienza, sanità, letizia dove non occorrono droghe leggere o pesanti per provocare la festa. Ancora uomini e donne stanno davanti a Lui con dedizione totale, adorandolo nel corpo eucaristico e servendolo nelle membra dei poveri. L’aria del Vangelo soffia anche sulle vele di chi non si professa cristiano ma ne avverte il profumo. Che cosa possiamo dunque desiderare per avere una vita buona? Che cosa soccorre le famiglie, la società, il mondo? Come ai primi tempi, la presenza di Gesù ridesta il senso della vita, dona sapore ai rapporti, slancio alla dedizione, ardore al dono di sé. Nel mondo d’oggi, come all’inizio.

PRIMI PASSI

Un bimbo piccolissimo muove i primi passi. E’ uno spettacolo guardarlo. La mamma gli è accanto, seduta sul tappeto del pavimento. Il bimbo, aggrappato con le manine alla sedia, se ne distacca di un passo, barcolla e finisce nelle braccia della mamma scoppiando in un riso di conquista. La scena subito si ripete. La mamma si allontana appena, e i passi del bimbo diventano due, poi ancora, tre passi e un clamore di risata e il battito delle mani di chi sta a guardare. Sono i primi passi della vita. Si comincia sempre così, desiderando e barcollando, attratti da un volto che ci guarda e da braccia che accolgono. Comincia la vita, la strada, l’avventura. Un passo, due passi, tanti passi.
Il cristianesimo comincia con i passi di Maria verso la casa di Elisabetta, con i passi di Giuseppe verso la casa di Maria, e poi con i passi di Gesù che esce di casa, arriva al fiume, cammina sull’argine. Il cristianesimo comincia con i primi passi di Giovanni e Andrea dietro a Gesù, ai margini del fiume Giordano. I passi dei due discepoli portano a una casa di cui non sappiamo l’indirizzo, perché ‘il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo’, sbucano nella piazzetta del paese dove abita Pietro e dove si incontra Filippo, indugiano accanto all’albero sotto il quale riposa Natanaele.
E’ accaduto anche nella nostra vita. I primi passi da bambini verso la chiesa, la compagnia degli amici, lo sguardo sulle persone. Ogni anno che spunta ricomincia con i primi passi per incontrare gli amici, arrivare parrocchia, entrare nelle case. Ogni giorno. Col passare degli anni i passi ingagliardiscono e in seguito tremano e declinano. Tuttavia la sicurezza e lo slancio del cammino non sgorgano dalla robustezza fisica, bensì dall’attrattiva della meta, come per i Magi, i missionari, gli esploratori; ricominciano dal fascino della Presenza che conquista e accoglie, come il bambino verso la mamma.
A volte i passi si perdono e disperdono. Crisi, dimenticanze, distrazioni, depressioni, lavoro, carriera, altri amori. Scivolano fuori pista. Per questo, ogni anno lancia un nuovo inizio. Ogni stagione una ripresa. Pensa al matrimonio, con le sue stagioni fredde e le sue primavere; alla vita sacerdotale, con le sue secche e le sue rinascite; a un giovane avvilito che riprende il cammino o a un uomo che invecchia senza sfiorire. Il Signore è buono, sostiene con legami di bontà, come fa una madre con il bambino. Rispunta la stella del cammino, rinasce la compagnia cristiana, per giungere all’incontro desiderato che salva la vita

 

Domenica 6 gennaio 2019 – Epifania del Signore (solennità)

GIORNATA DELL’INFANZIA MISSIONARIA

Introduzione del celebrante:

In questa festa dell’Epifania preghiamo per tutti gli uomini e in particolare per  i bambini.

  1. Signore Gesù, sei stato cercato e adorato dai Magi. Ti preghiamo per coloro che ti cercano anche senza conoscerti, perché ti ritrovino come risposta all’attesa del cuore e al bisogno della vita,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, molti di noi abbiamo avuto la grazia di incontrarti da bambini; ti affidiamo chi ci ha introdotto alla fede cristiana, genitori ed educatori; dona la stessa grazia anche alle nuove generazioni,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, ti affidiamo tutti i bambini del mondo: possano vivere e crescere in una famiglia vera, in una comunità di fede, in un paese di pace, in un mondo accogliente,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. 4.    Signore Gesù, ti affidiamo “i giovani perché, seguendo l’esempio di Maria e Giuseppe e dei Magi, rispondano alla tua chiamata per comunicare al mondo la gioia del Vangelo” *

Noi  ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante:

Signore Gesù, accogli la nostra preghiera. Apri il nostro cuore a incontrarti insieme con Maria e Giuseppe. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

*Apostolato della preghiera

Spunto per la festa

Ogni uomo desidera e ricerca, seguendo i segni che gli vengono donati. Abbiamo riconosciuto Gesù attraverso persone e fatti, che ci hanno condotto a incontrarlo nella Chiesa. Prendiamo sul serio il nostro desiderio profondo, e apriamoci alla risposta che ci viene consegnata. E’ una grande grazia, da non perdere e anzi da comunicare. E’ una responsabilità, lieta e viva, di fronte a tutti, in particolare i bambini, a partire dai nostri figli.