Vai al contenuto

Rivista Credere Oggi

IL GRANDE CANTIERE DELLA ‘FORMAZIONE’ ECCLESIALE'

Nel contesto di un mondo che cambia e nell’ambito di una Chiesa che si rinnova, il problema della ‘formazione’ delle persone va ricercando una nuova fisionomia e impostazione. Non si tratta appena di ‘aggiornare’ una modalità a sua tempo utile e valorosa, ma di avviare un nuovo percorso. Questa esigenza viene ulteriormente sollecitata dal sommovimento ecclesiale provocato dalla modalità sinodale che mette in gioco tutta la Chiesa. Cosa si intende per formazione? Quali nuovi processi si stanno avviando o si possono avviare?

Ne offre opportuna documentazione il numero 263 - settembre-ottobre 2024 - della rivista bimestrale di divulgazione teologica CREDERE OGGI . Le nuove linee di sviluppo sembrano svilupparsi secondo due dimensioni. La prima riguarda il contenuto della formazione, che attiene non solo all’aspetto dottrinale e spirituale, ma coinvolge   l’intera persona in un cammino esperienziale, comprensivo di tutti gli aspetti dell’essere umano-cristiano, inteso non in senso individualistico ma nella sua interazione e partecipazione comunitaria. La seconda linea riguarda la estensione e la complementarietà dei soggetti in gioco, che non sono solo gli ‘istruttori’, ma includono tutti gli ‘attori’ dei diversi ambiti ecclesiali. Il primo articolo richiama i ‘dinamismi della coscienza personale’ e l’attenzione alla ‘costruzione di un’identità in dialogo’. Il secondo articolo sviluppa un forte richiamo a una formazione teologica che non si disperda nella frammentazione delle discipline, ma miri alla loro compenetrazione, aperta al confronto con ‘tutti i saperi’ e proposta a tutti i credenti. I ministeri acquistano un particolare rilievo, in quanto estendono a tutto l’ambito ecclesiale quelle funzionalità e quei compiti che dal Concilio di Trento in poi erano attribuiti ai soli sacerdoti o parroci. Ne segue che anche la formazione dei futuri presbiteri cambia modalità, secondo una laboriosa verifica e una varia sperimentazione già avviata, come ricorda l’articolo a firma del vescovo Castellucci. I vari interventi che approfondiscono l’impostazione del problema della formazione, trovano riscontro nel racconto di alcune esperienze. Prima di tutto l’esemplarità di alcuni personaggi biblici che Dio stesso ha ‘formato’ nel percorso della loro vita, Abramo, Giacobbe, Pietro.  Quindi l’esposizione di tre esperienze di formazione: quella della diocesi di Torino che ripercorre l’intera diocesi, quella internazionale che dal Brasile coinvolge online tutto il continente sudamericano, quella dell’Amazzonia che coinvolge tutto il popolo di Dio. Un cantiere che rimane aperto per i cristiani di ogni età e vocazione.

 

Traendo spunto dalla discussione in corso nella mia diocesi e in tante altre sulla iniziazione cristiana, presento due considerazioni e proposte che sottopongo al giudizio delle due riviste e dei rispettivi lettori.

CONSIDERAZIONI E PROPOSTE SULLA INIZIAZIONE CRISTIANA

  1. LE FAMIGLIE NEL CAMMINO DELLA COMUNITA’

L’iniziazione cristiana dei ragazzi non è un percorso autonomo rispetto alla vita della comunità cristiana. Ogni comunità cristiana vive l’annuncio ricevuto e comunicato, l’esperienza sacramentale, la carità e la missione. Il coinvolgimento delle famiglie con figli avviene dunque non per iniziative separate ed esclusivamente ad esse dedicate, ma nel contesto del cammino e delle iniziative proprie dell’intera comunità.

Il calendario liturgico con le sue feste e ricorrenze, vissuto nella comunità, potrà diventare il cammino proprio delle famiglie dell’iniziazione, coinvolte in modo diretto a vario titolo per la preparazione e lo svolgimento nelle varie circostanze.

La catechesi proposta a tutta la comunità, sistematica o in alcuni periodi dell’anno, costituita da incontri di annuncio, incontri del Vangelo, testimonianze può costituire il cammino delle famiglie dei ragazzi dell’iniziazione, si trattasse anche solo di un incontro al mese. L’esperienza dice che si possono promuovere e favorire anche incontri in singole famiglie e in gruppetti di famiglie, in particolare riprendendo il vangelo della domenica precedente o seguente, con una periodicità più o meno mensile.

La vita di carità, con il clima di servizio reciproco e le iniziative particolari, come la visita a persone anziane e malate in famiglia o in casa di riposo, le raccolte di cibo a raggio parrocchiale o nazionale, ecc… diventa ambito di attenzione e di partecipazione delle famiglie dei ragazzi e dei ragazzi stessi. Le esemplificazioni potrebbero continuare in riferimento a tutti gli ambiti della vita delle persone e al cammino della comunità cristiana…  Con questa modalità di azione diminuisce nei protagonisti della pastorale lo stress per le tante iniziative particolari che si sovrappongono a quelle generali; nello stesso tempo crescono l’attenzione e la cura all’intera comunità e alle singole persone. E soprattutto si realizza un ‘cammino di Chiesa’.

 

  1. IL TEMPO DELL’EUCARISTIA

Il sacramento dell’Eucaristia è il cuore che sempre batte nella comunità cristiana. I ‘piccoli’ partecipano all’Eucaristia ‘necessariamente’ con i genitori, e vengono introdotti progressivamente nella celebrazione insieme con loro e con la comunità. La comunione eucaristica non verrà rimandata alla fine del percorso, ma potrà attuarsi per singoli bambini o a piccoli gruppetti in varie celebrazioni ‘normali’ della celebrazione eucaristica festiva, a seconda della intensità e fedeltà di partecipazione dei bambini con le loro famiglie, nell’ambito del periodo che corrisponde alla scuola primaria: “Lasciate che i bambini vengano a me”.                  In seguito, magari nel tempo che corrisponde alla Scuola secondaria, avverrà la celebrazione comunitaria della Cresima. L’iniziazione cristiana troverà compimento in quella che si usa chiamate ‘Messa di maturità’. Questa scansione del cammino dell’iniziazione appare più cadenzata rispetto ai tempi di maturazione e più attenta alla libertà delle persone, al loro cammino e alla loro domanda

IL MONDO A QUATTRO DIMENSIONI

Per tutto il giorno il vento ha spazzato le strade e ripulito l'aria. La sorpresa arriva in serata. Un magnifico cielo stellato, ampio e profondo, si spalanca sopra di noi e si lascia guardare da uno spicchio di zona buia dietro il campanile. E’ lo stesso cielo impregnato di stelle a punta, che Giotto vide e dipinse più di settecentocinquant’anni fa e nel quale veniamo introdotti con la mostra che riproduce la forma della cappella degli Scrovegni. L'uomo medioevale guardava il cielo vivendo sulla terra. Non riduceva a una dimensione la realtà, come l'uomo modellato dal '68. Le date si incrociano e si scontrano. I 50 anni dal ’68, inizio conclamato dell’uomo appiattito sulla soglia del piacere individualista, vengono a coincidere con i 750 anni del pittore che guardava il mondo a quattro dimensioni. Giotto legge il Vangelo, ne guarda gli episodi, li descrive così come sono accaduti e come ancora accadono sotto i suoi occhi. Evoca la profondità delle profezie antiche disegnate nel volto dei profeti, rivive le scene con cuore cristiano rimodellato da san Francesco: storia e mito, racconto e significato, raffigurazione realistica e simbolo, occhi e cuore, intelligenza e sentimento.

 

 

 

Il Vangelo racconta la storia di Gesù, concentrata negli avvenimenti dell'infanzia, nei tre anni della vita pubblica, nel dramma della Passione Morte Risurrezione. I fatti accaduti sono rivissuti nella dimensione del presente, passato, futuro, con uno sfondamento verso l'eterno, in una la storia che si protende fino al compimento celeste. La pittura di Giotto descrive con realismo volti e fatti e sentimenti, e si allarga ad esprimere una simbologia che raccoglie l'umano e il divino. Lo dice anche con il rincorrersi dei numeri, tre, quattro, otto, nove, dodici. Il tre viene richiamato nel volto di Pietro ripetuto in Zaccaria e Giuseppe, e nel tempietto del Cenacolo riprodotto variamente tre volte. Gli episodi della vita di Maria vengono disposti  in corrispondenza con quelli dell'infanzia di Gesù e del mistero pasquale. Il tre si sviluppa nel sei e nel dodici, nella controfaccia delle virtù e dei vizi, e via guardando. Tutti i riquadri vengono proiettati nella luce del tondo che risplende nel volto di Cristo e nello specchio del giudizio finale, spalancato sul paradiso e inabissato nell'inferno. L'uomo medioevale guarda con i sensi, intende con la ragione, dilata l'anima. Non elimina i fatti riducendoli a simboli, non ha paura dei simboli che rimandano altre se stessi.

La Cappella di Giotto viene ripercorsa dai passi di centinaia di giovani che la scrutano e la commentano, e da schiere di persone che guardano l’avvenimento di Cristo mentre riaccade sotto i loro occhi.