Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».
PREGARE COME GESU’
Quante volte i discepoli hanno visto Gesù pregare? Quanto si sono sorpresi dell’intensità della sua preghiera? Chiedendo a Gesù di insegnare loro a pregare, forse immaginano una nuova formula o una nuova modalità. Insegnando a pregare chiamando Dio Padre, Gesù trasferisce agli amici la sua coscienza di figlio; invitando a pregare per l’avvento del Regno, insegna lo scopo della vita. La richiesta del pane, del perdono da ricevere e donare, la vittoria sulle tentazioni, definiscono la nostra fisionomia di figli e fratelli.
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
MARTA E MARIA
Marta e Maria inaugurano la sequenza di donne che hanno seguito e servito il Signore. Sono le prime e le più ‘esemplari’. Quante donne conosciamo che donano corpo e anima per il servizio della Chiesa e nella dedizione ai fratelli? Quante donne donano al Signore sette ore di preghiera al giorno e forse altrettante di lavoro? Avranno limiti e pretese come tutti gli esseri umani, ma sono uno spettacolo di grazia e una testimonianza di vita interamente vissuta per il Signore.
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
GLI ESTREMI DELLA CARITA’
Gesù contrappone gli estremi. Da una parte il sacerdote e il levita del tempio; dall’altra il samaritano, cioè lo straniero malvisto: i primi due frettolosi e indifferenti, l’altro pieno di premure e disposto a rimetterci del suo per soccorrere lo sconosciuto derubato e ferito. Portando all’estremo il paragone, Gesù va dritto a chiarire che noi stessi siamo chiamati a farci prossimo della persona bisognosa e ferita che incrocia la nostra vita. Gesù dice, Gesù fa. Guardiamo e imitiamolo.
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
DOVE IL MONDO RICOMINCIA
Le parole di Gesù vengono prima delle nostre discussioni sul matrimonio e della varietà delle scelte di uomini e donne, prima delle legislazioni civili e dei documenti dei papi. Le parole di Gesù vengono prima del Vangelo stesso, perché sgorgano dall’inizio della sorgente della creazione, quando Dio ‘li fece maschio e femmina’ perché potessero diventare ‘una carne sola’. Scendendo attraverso tutti i rivoli della storia, le parole della creazione hanno sbattuto sui sassi dei cuori induriti e sono rimbalzate sulla corteccia dei cuori corrotti; sono state deviate, nascoste, dissolte. Oggi nuovamente queste parole del Creatore, riprese da Gesù e rilanciate dalla Chiesa, arrivano a bagnare le sponde dell’anima e del corpo di uomini e donne assetati di verità e di felicità, di amore intero e di bellezza, con una forza di purificazione e di rigenerazione. In questo contesto, suscita autentica commozione il fatto che Gesù ripeta: “Lasciate che i bambini vengano a me, e non glielo impedite…”. I vostri figli, i figli ancora generati, accolti, amati, accompagnati a crescere e a vivere la vita.
In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
LA VERA GIOIA
La gioia della missione ben compiuta fa esultare i discepoli che tornano da Gesù. Mentre li accoglie, Gesù raddrizza il loro sguardo: non dovranno gloriarsi della potenza che viene loro concessa, quanto piuttosto del fatto che i loro nomi sono scritti nel cuore di Dio. A loro – come a noi – conviene rimanere piccoli, e quindi ben disposti ad accogliere il dono di Dio, che è il suo stesso Figlio, Gesù davanti a noi: lo vediamo e lo ascoltiamo.
In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
GRATITUDINE
Guardando la nostra vita, ci accade di rimanere impressionati nel constatare quanto è stata ampia e intensa la visita di Gesù in casa nostra. Senza perdere tempo a rammaricarci per il fatto che non ce ne siamo accorti subito, dobbiamo invece lasciare libero corso alla gratitudine a Dio e alla condivisione con i fratelli. La visita del Signore Gesù e i doni che ci ha fatto sono per tutti, e possiamo comunicarli già con la gioia che si disegna sul nostro volto.
In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
COME SEGUIRE
Lo slancio di chi decide di seguire Gesù è cosa bellissima, ma deve rapportarsi alla misura della sua persona. Gesù è sempre accogliente verso chi lo guarda e lo riconosce, ma lancia il suo interlocutore sempre oltre, abolendo ogni parzialità e ogni condizionamento. Egli sa bene che non solo una catena ma anche un sottile filo di nylon può impedire all’uccello di spiccare il volo. Alla vigilia della festa di San Francesco ricordiamo il suo spogliamento totale, per seguire Gesù.
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
LA CUSTODIA DEGLI ANGELI
Il Signore Dio accompagna i suoi figli con la solidarietà degli Angeli. Gli Angeli guardano la faccia del Padre che è nei cieli, e il volto e il cuore di ogni uomo che desidera essere felice e percorre le strade del mondo per giungere a vedere Dio. La solidarietà fra gli esseri creati ci sospinge ad affidarci al nostro Angelo Custode e ad affidare ogni fratello al suo Angelo. A nostra volta, siamo sollecitati a proseguire l’opera dell’Angelo guardando e custodendo i nostri fratelli.
Oggi alla Messa della Comunità ho lasciato la Parrocchia della Cattedrale e ho partecipato all'ingresso del nuovo Parroco.
Ecco il testo e il parlato dell'Omelia e qualche foto.
Domenica 26.a - 30 settembre 2018 – Omelia in occasione del congedo dalla Comunità della Cattedrale+ È straordinario e commovente il modo in cui il Signore ci accompagna mentre viviamo. Oggi egli ci raduna nella compagnia dei discepoli che lo seguono in questa comunità parrocchiale. E vedono spuntare all'orizzonte un altro annunciatore e forse vorrebbero rivendicare solo a se stessi il compito e la missione. Gesù allarga il nostro cuore. La missione è più grande, si allarga a nuove dimensioni, cammina nel tempo e oggi nella comunità della Cattedrale di Chioggia acquista il volto del nuovo parroco. Un nuovo dono nella trafila dei pastori di questa Chiesa.
+ Ma lo sguardo è più ampio. Lo spirito concesso a Mosè non è una sua esclusiva ma viene effuso sui 70. Nella Pentecoste accade di più: lo Spirito scende sui 120 e viene annunciato che i nostri figli e le nostre figlie diventeranno profeti. Stiamo partecipando all'azione di Dio che rinnova la vita ed edifica la sua presenza nel mondo. Il popolo di Dio e i suoi profeti, il popolo di Dio e la sua guida. Siamo qui amati, scelti, pronti a proseguire e a ricominciare.
Ma che cosa fa di noi il suo popolo, che cosa fa di noi la Chiesa di Dio nel mondo? Che cosa ci costituisce discepoli del Signore?
+ Forse la fedeltà a una tradizione che ci viene tramandata, ricca di valore e di valori, illuminata da presenze significative di preti, suore, laici? Questa tradizione ha ancora la forza di muoverci, di farci vivere? La fedeltà a quello che abbiamo ricevuto da altri e che magari noi stessi abbiamo vissuto in passato, regge di fronte al logoramento del mondo e all’urto delle circostanze della vita?
+ Forse basta una decisione di bontà, di buona volontà, basta un insieme di valori, di buoni pensieri e buoni propositi, ideali, prospettive di rinnovamento, un nuovo progetto e nuovi programmi pastorali, iniziative originali e coinvolgenti, atti di bontà e carità, tutto questo potrà giungere a muovere il cuore, a convincerci ad essere cristiani e a compiere la missione cristiana? Basta tutto questo a provocarci a convincerci, a cambiare una vita? Quello che accade con il cristianesimo è un fenomeno assolutamente nuovo, è un fatto imprevedibile che appartiene a una nuova e radicale iniziativa di Dio.
+ Era buona, docile, fedele alle regole del suo popolo la ragazza di Nazaret di nome Maria. Ma l'annuncio dell'Angelo fa accadere in lei e per lei una cosa imprevista, impossibile all'uomo. Offre una vicinanza, una presenza inaudita di Dio, che prende le sue viscere di giovane donna, la sua carne e il suo sangue. Esalta la vita fino alla glorificazione della persona nell’Assunzione al Paradiso.
+ Cosa accade nei due che pendono dalle labbra di Giovanni Battista e si muovono seguendo il suo annuncio "Ecco l'Agnello"? Giovanni e Andrea seguono l’uomo nuovo Gesù e gli chiedono dove abita e stanno con lui tutto quel giorno e tutti i giorni della loro vita.
Quello che accade alla Samaritana al pozzo, a Zaccheo sull'albero, alla donna che arriva ai suoi piedi a spargere il profumo. Una scossa, un turbamento, un cambiamento, una rivoluzione nella vita, un amore, un attaccamento, uno slancio che prende tutta la persona, corpo e anima, cuore e ragione, tempo ed eternità.
Così è accaduto a noi. Una cosa imprevedibile, un avvenimento non preventivato, un fatto che ci ha presi dentro un rapporto, dentro un amore, dentro una compagnia di amici che lo seguono, arrabattandosi con i propri limiti, ma da lui conquistati. Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna, tu solo sei il contenuto, lo scopo, l'origine, l'amore della vita.
Per questo – per te, con te o Signore Gesù - possiamo perdere una mano o un piede, un occhio o un mucchio di denaro, possiamo perdere il tempo della vita, gli onori e il successo, per guadagnare te. Guadagnando te ritroviamo la nostra anima, conquistiamo la nostra felicità, acquistiamo la vita.
È quello che ci è accaduto, che mi è accaduto e continua ad accadere, in questi 78 anni di vita, in questi 54 anni di vita sacerdotale, 51 di vita in parrocchia. Questi ultimi 8 anni hanno costituito una ricchezza, come l'oro purificato nel fuoco e ricondotto al suo pieno valore. Attraverso la corrispondenza e la non corrispondenza, attraverso le occasioni grandiose e quelle quotidiane che questa immensa e splendida cattedrale ha offerto, attraverso la compagnia e la solitudine, la parola e il silenzio, le case e le calli e il Corso, i parrocchiani e i cittadini, i collaboratori e i turisti, i vicini e i lontani, gli amici e gli estranei, i bambini ricchi di semplicità e di affetto, gli anziani fedeli, gli adulti e le famiglie, attraverso la compagnia e il servizio di persone esperte e semplici, attraverso la solidarietà di altri sacerdoti e il sostegno del Vescovo, attraverso le Suore che hanno manifestato l'amore a Cristo accogliendo i semplici e i poveri e servendo la liturgia della Chiesa, attraverso le occasioni clamorose e quelle semplici, Cristo si è imposto nella mia vita, mi ha attratto come il discepolo che Egli amava, mi ha stretto al suo petto.
A me, a noi, è accaduto, sta accadendo come allo staretz Giovanni nel racconto dell'Anticristo del grande scrittore e filosofo russo Soloviev. Un giovane uomo di trentatré anni diventa il grande benefattore dell'umanità, il suo pacificatore, sostituendo finalmente il maestro crocifisso di Nazaret. Ora egli vuole riunire intorno a sè tutte le religioni e vuole unificare i cristiani divisi. In un grande concilio a Gerusalemme promette ai cattolici che restituirà loro il potere temporale e tutti i privilegi, ai protestanti promette l'università della parola e del libro della Bibbia, agli ortodossi un grande museo che raccolga tutte le loro tradizioni. Molti acclamano e si concedono al nuovo potere universale, al nuovo ordine mondiale. Allora simile a un cero candido si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità".
Gesù e tutto quello che deriva da lui, la vita e la chiesa: questo è l’amore e il compito del cristiano, di me, di don Danilo, di noi, di tutti.
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