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Introduzione del celebrante

Dio Padre ci accoglie nuovamente nella sua casa, e ci abbraccia come figli. A Lui ci rivolgiamo con fiducia.

  1. Ti ringraziamo, Signore Dio nostro Padre, per il tuo amore e la tua benevolenza verso noi tuoi figli. Apri il nostro cuore e le nostre braccia per sperimentare la letizia dell’accoglienza nella misericordia tra fratelli e sorelle

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, ti ringraziamo per la testimonianza di papa Francesco anche nella malattia; accompagnalo come pastore vigile della tua Chiesa, insieme con i nostri vescovi, con il sostegno di tutti fedeli della Chiesa e di tante persone nel mondo,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Spirito Santo, porta a compimento i propositi e le azioni di pace, dall’Ucraina alla Palestina, dai paesi dell’Africa e dell’Asia. Dona all’Italia e a tutti i popoli dell’Europa di rinascere dalle loro radici cristiane,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Santissima Trinità, donaci di vivere nella comunione del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, nelle famiglie, nei luoghi del lavoro e della vita sociale, per vivere insieme in fraternità e pace

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante

O Signore Dio nostro, ogni domenica torniamo a te come figli, poveri e fiduciosi, peccatori che si affidano alla tua misericordia. Per C

ACCOGLIENZA DI LETIZIA PER UNA VITA NUOVA

La liturgia quaresimale oggi è soffusa di letizia: il popolo giunge alla terra promessa (1 lettura) la nuova creatura nasce dalla riconciliazione in Cristo (2 lettura); l’accoglienza del Padre e la festa per il ritorno del figlio. Venendo a Messa oggi torniamo alla terra promessa, alla casa del Padre, alla vita che si rinnova. Siamo accolti e abbracciati, come singole persone, come famiglie e comunità. Domandiamo la grazia di accorgercene e di tenere aperta questa strada nella nostra settimana e in tutta la nostra vita.

Vangelo secondo Luca 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

DOVE INIZIA IL CRISTIANESIMO

In un paesino arriva un angelo, in una casa un angelo saluta una ragazza da marito e le annuncia la nascita di un bambino ‘figlio dell’Altissimo’. Non accadrà in modo automatico, ma con la consapevolezza e il consenso della donna ancora senza marito. Dio non viene mandando dal cielo un libro scritto; non solo consegna le tavole della legge. Dio viene con la persona del Figlio, nato come bambino e accolto come figlio amato. Maria lo dona al mondo, Giuseppe lo accompagna a vivere.

Vangelo secondo Luca, 4,24-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga di Nazaret: “In verità io vi dico: nessuno profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di essere fu mandato Elia se non a una vedova di Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naaman, il Siro”.All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del mone, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

LA SORPRESA DI GESU’

Nella sinagoga del suo paese, Nazaret, Gesù ha letto pubblicamente la pagina del profeta Isaia che esprime la missione del profeta, e l’ha riferita a se stesso. Gli ascoltatori esprimono ammirazione e perplessità: “Non è il figlio di Giuseppe?”. Gesù prende le distanze dalla loro diffidenza e si paragona ad Elia che salva una vedova ed ad Eliseo che guarisce uno straniero.  Come loro, anche Gesù non va dietro a potenti e concittadini, ma è venuto per soccorrere chi è povero e straniero. C’è da meditare.

Vangelo secondo Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

UNA CONVERSIONE DI PACE

Gesù presenta uno spaccato drammatico della cronaca del tempo, così come ancora oggi giornali, tv e social riferiscono. Avremo noi una sorte migliore? Forse che la nostra nazione, l’Europa e il mondo non hanno vissuto e non vivono tempi tragici, con profonde ferite? Che cosa possiamo fare per questo mondo pieno di guerre, violenze, ingiustizie? “Se non vi convertite…”, dice Gesù. Volgiamo mente, cuore, vita, verso Gesù e domandiamogli la grazia di vivere nei nostri ambienti come uomini e donne di pace e di fraternità.

Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

LA GIUSTIZIA DELLA MISERICORDIA

C’è una ‘sana ingiustizia’ nell’atteggiamento del padre che accoglie il figlio al ritorno della sua illusoria avventura. E’ posizione della misericordia, che permette al giovane perduto di ridiventare figlio, e al padre di ritrovare la verità del suo essere. Non ci scandalizziamo della reazione del figlio maggiore, che lui dovrà fare un doppio cammino di conversione: aprirsi alla misericordia verso il fratello, e superare la sua ‘giustizia’ formale nei riguardi del padre.

Vangelo secondo Matteo 21,33-43.45

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

UN’EREDITA’ DA VIVERE

Che cosa ne facciamo della fede che ci è stata consegnata, della storia da cui è nata la nostra persona, la vita, gli ideali? Non siamo figli di nessuno, non siamo senza passato. Possediamo una grande eredità: non un cassettone di pietre preziose, ma un tesoro di fede, speranza, carità. C’è un unico modo per apprezzarlo: provare a viverlo, farne esperienza. Proviamo a vivere realmente la compagnia della Chiesa, la fede in Gesù Figlio di Dio fatto uomo, la speranza nella vita eterna…

Vangelo secondo Luca 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

IL RICCO E IL POVERO

Gesù apre la vita sulla prospettiva dell’eternità. Non è la legge del contrappasso, per cui le persone che godono di qua soffrono nell’aldilà e viceversa. E’ invece il valore eterno del bene o del male compiuto nella vita terrena. Il valore del bene si misura sull’accoglienza, la condivisione, la carità. Il ricco nemmeno si accorge del povero alla sua porta: peggio dei cani che vanno leccare le sue piaghe. Una domanda per tutti: quanto tempo e quanto denaro sono disposto a condividere?

Vangelo secondo Matteo 1,16.18-21.24

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

IL PADRE

Giuseppe padre umano di Gesù, gli ha fatto da padre, ed è stato per Lui, Figlio di Dio fatto uomo, l’immagine del Padre celeste. Per tutta la sua infanzia e la giovinezza Gesù ha guardato Giuseppe ed è stato guardato da lui, che l’ha ‘educato’ e introdotto alla vita. In Giuseppe, Gesù riconosce che Dio è l’eterno ‘lavoratore’, e comincia a fare quello che vede fare da lui. L’esperienza umana di Nazaret riflette e traduce il mistero del rapporto eterno tra Padre e Figlio.

Domenica 23 marzo 2025 - III di Quaresima, Anno C

Introduzione del celebrante
Affidiamo la nostra preghiera a Dio Padre che vuole vita e salvezza per tutto il suo popolo e per il mondo intero

  1. Ci affidiamo a te, Signore Dio nostro Padre: tu non vuoi che il peccatore perisca, ma che si converta e viva. Dona a noi e a tutti il tempo utile per convertirsi a te,

Preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, S

  1. Ci affidiamo a te, Signore Gesù, nell’unità della Chiesa, insieme con papa Francesco, il nostro vescovo e tutti i cristiani che vivono nel mondo: sostieni coloro che sono perseguitati a causa della loro fede; donaci di imparare dalla loro fedeltà,

Preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

  1. Ti affidiamo, Spirito Santo di Dio, le popolazioni sconvolte dalla guerra in Ucraina, Palestina e in tante nazioni dell’Africa: fa che possano respirare giorni di pace,

Preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

  1. O Dio, rivelato a Mosè come Dio di vita, libertà e pace, donaci di accogliere la tua misericordia attraverso la confessione, la preghiera, la carità,

Preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Dio nostro, ci accostiamo all’Eucaristia come al roveto ardente, per accogliere il tuo grande amore per noi; liberaci dal male e sostieni il cammino della nostra conversione.

CAMMINO DI CONVERSIONE E PACE

Nel Vangelo Gesù propone uno spaccato drammatico della cronaca del suo tempo, come giornali, tv e social continuamente riferiscono. La nostra sorte sarà migliore? Forse che la nostra nazione, l’Europa e il mondo non hanno vissuto tempi tragici, dei quali portiamo le ferite? E noi, che cosa possiamo fare per questo mondo pieno di guerre, violenze, ingiustizie? “Se non vi convertite…”, dice Gesù. Volgiamo mente, cuore, vita, verso Gesù e domandiamogli la grazia di vivere nei nostri ambienti come uomini e donne di pace e di fraternità reale.