LE RAGIONI DEL CUORE CHE CONTINUA A BATTERE
Nel tempo in cui le barche andavano a remi in laguna e i bragozzi solcavano il mare a vela, l’arrivo del primo Venerdì del mese era un avvenimento per tutta l’isola. Anche noi ragazzi venivamo coinvolti nella pratica della Comunione eucaristica dei ‘primi venerdì’ di nove mesi consecutivi per garantirci la salvezza eterna, secondo la promessa di Gesù a Maria Margherita Alacoque. In seguito, il disincanto provocato dalla fiducia nella scienza e l’incantesimo suscitato dalla immersione nella natura, insieme con un turbinio di ‘distrazioni’, hanno eliminato o almeno oscurato l’orizzonte del soprannaturale. Ci siamo trovati a trattare la vita come una complessa macchina che deve sempre funzionare, appena imbellettata da una spruzzata di sentimentalismo. Ora, a sorpresa, il Papa che ha prodotto due encicliche – Fratelli tutti e Laudato si’ - su pace e armonia tra i popoli, natura e ambiente, facendo leva sul buon uso della ragione, viene a bucare l’orizzonte con una poderosa enciclica dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Entrano in scena due dimensioni che sembravano smarrite. La prima ascende in alto verso il divino, la seconda discende nel profondo del cuore, al di là del sentimento. Amore e cuore non fanno più rima come nelle canzonette di una volta; piuttosto, il cuore allarga i confini oltre il ritmo dei suoi battiti. Il cuore ‘pensa’, dice Pascal: ‘Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce’. Quando sentivo parlare don Giussani, mi sorprendeva il suo rimando al cuore come ’esperienza elementare e originaria’ delle esigenze e delle evidenze di verità, di felicità, di giustizia. Un cuore pieno di ‘ragioni’, com’è quello di una madre verso il figlio, dell’innamorata verso l’innamorato e infine di ogni uomo e donna che vive sulla terra. Nell’enciclica straricca di citazioni da Bibbia, santi, papi, teologi, papa Francesco compie alcuni passaggi audaci; dice che Gesù ci ha amati - Dilexit nos - con un Cuore umano che manifesta l’amore divino; Gesù trasfonde il suo Cuore nel nostro cuore, donandoci il suo modo di amare. L’umanità ha bisogno di questo Cuore per imparare ad amare e a tessere legami di pace. Citando Newman, il papa afferma che l’incontro più profondo con noi stessi e con il Signore non avviene con la lettura e la riflessione, ma con il dialogo orante da cuore a Cuore con Cristo vivo e presente. In questo e altri passaggi dell’enciclica ritrovo gli accenti dell’esperienza sacramentale che ci veniva raccontata e raccomandata negli anni del Seminario. Nel corso dell’esperienza pastorale, questa apertura del cuore riaffiora come da sorgente sotterranea in occasione dell’adorazione nelle Quarantore, come pure nel silenzio di certe serate appesantite da difficoltà e preoccupazioni: a poco a poco il Cuore di Cristo viene a farti compagnia come dentro la delusione dei due discepoli di Emmaus. Accade di imbattersi in una madre che, travolta dal dolore per la morte della figlia, ritrova consolazione e vigore; vedi accendersi lo sguardo e il cuore in una compagnia di amici che affronta con audacia l’impresa della vita; ti sorprendi per quell’uomo ancor giovane e per quella persona anziana che, lasciando questa vita, si abbandonano nelle braccia di un amore più grande. Tante vicende nelle quali intravedi che, pur nella nostra incerta e parziale risposta, l’abbraccio che salva è quello dell’amore di Gesù. Colui che ci ha chiamato amici, continua a donarci tutto quello che il Padre ha detto e ha dato a Lui. Nel tempo delle macchine a guida automatica e di fronte alle promesse dell’Intelligenza artificiale, si può vivere per qualcosa di più grande?
Don Angelo Busetto